Di Maria Ferdinanda Piva
E’ la prima volta – per quel che so – che un ministro usa Facebook per suggerire implicitamente ai consumatori di organizzare una campagna di boicottaggio.
Sta evolvendosi la questione dei mega incendi nell’isola indonesiana di Sumatra: le foreste dove abitano le ultime tigri egli ultimi oranghi bruciano per far spazio alle piantagioni di palma da olio; il fumo rende l’aria opaca e irrespirabile anche a Singapore (foto) e in Malesia, a centinaia di chilometri di distanza; si raccomanda a bambini ed anziani di non uscire.
Immaginate che inferno devono essere le foreste dell’Indonesia. Ebbene, ieri il ministro dell’Ambiente della Repubblica di Singapore, Vivian Balakrishnan, ha usato Facebook per dire che ha chiesto all’Indonesia di rendere pubblica la mappa delle concessioni dei lotti di foresta: basta sovrapporla alle immagini satellitari degli incendi, “sono sicuro che i consumatori sapranno cosa fare”, ha scritto.
Dopo il “continua” c’è lo screenshot tratto dalla pagina Facebook del ministro. Resta il problema – non facile – di individuare i prodotti contenenti olio di palma in generale, ed eventualmente quello prodotto a partire dalla distruzione delle foreste indonesiane in particolare.
La pagina Facebook del ministro è qui. Oltre ad essere usato come biocarburante, l’olio di palma è contenuto in moltissimi prodotti di uso comune, dai dolci industriali ai cosmetici e ai detergenti: sull’etichetta basta la dicitura generica “oli vegetali” o “grassi vegetali”; in mancanza di ulteriori specificazioni, l’olio di palma può essere un ingrediente. Ma può anche non esserlo. Greenpeace qualche anno fa ha indagato; non mi risultano aggiornamenti successivi.
E’ tuttavia interessante la risposta indonesiana: in sintesi, pecunia non olet e soprattutto la pecunia non ha confini.
Giacarta dice che gli incendi delle foreste sono un problema legato alle cattive abitudini dei piccoli contadini più che agli interessi alle grandi società e che, sì, effettivamente sono sfuggiti di mano ma è impossibile che il fumo abbia raggiunto Singapore.
E poi, ha aggiunto un funzionario governativo indonesiano, è pur vero che la pratica di incendiare le foreste è in uso anche presso società che investono in olio di palma: ma fra queste società alcune sono proprio della Malesia e di Singapore. Appartengono cioè a coloro che ora si lamentano del fumo.
http://www.blogeko.it/
E’ la prima volta – per quel che so – che un ministro usa Facebook per suggerire implicitamente ai consumatori di organizzare una campagna di boicottaggio.
Sta evolvendosi la questione dei mega incendi nell’isola indonesiana di Sumatra: le foreste dove abitano le ultime tigri egli ultimi oranghi bruciano per far spazio alle piantagioni di palma da olio; il fumo rende l’aria opaca e irrespirabile anche a Singapore (foto) e in Malesia, a centinaia di chilometri di distanza; si raccomanda a bambini ed anziani di non uscire.
Immaginate che inferno devono essere le foreste dell’Indonesia. Ebbene, ieri il ministro dell’Ambiente della Repubblica di Singapore, Vivian Balakrishnan, ha usato Facebook per dire che ha chiesto all’Indonesia di rendere pubblica la mappa delle concessioni dei lotti di foresta: basta sovrapporla alle immagini satellitari degli incendi, “sono sicuro che i consumatori sapranno cosa fare”, ha scritto.
Dopo il “continua” c’è lo screenshot tratto dalla pagina Facebook del ministro. Resta il problema – non facile – di individuare i prodotti contenenti olio di palma in generale, ed eventualmente quello prodotto a partire dalla distruzione delle foreste indonesiane in particolare.
La pagina Facebook del ministro è qui. Oltre ad essere usato come biocarburante, l’olio di palma è contenuto in moltissimi prodotti di uso comune, dai dolci industriali ai cosmetici e ai detergenti: sull’etichetta basta la dicitura generica “oli vegetali” o “grassi vegetali”; in mancanza di ulteriori specificazioni, l’olio di palma può essere un ingrediente. Ma può anche non esserlo. Greenpeace qualche anno fa ha indagato; non mi risultano aggiornamenti successivi.
E’ tuttavia interessante la risposta indonesiana: in sintesi, pecunia non olet e soprattutto la pecunia non ha confini.
Giacarta dice che gli incendi delle foreste sono un problema legato alle cattive abitudini dei piccoli contadini più che agli interessi alle grandi società e che, sì, effettivamente sono sfuggiti di mano ma è impossibile che il fumo abbia raggiunto Singapore.
E poi, ha aggiunto un funzionario governativo indonesiano, è pur vero che la pratica di incendiare le foreste è in uso anche presso società che investono in olio di palma: ma fra queste società alcune sono proprio della Malesia e di Singapore. Appartengono cioè a coloro che ora si lamentano del fumo.
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