sabato 15 giugno 2013

IL CONFRONTO RUSSO-OCCIDENTALE SULLA SIRIA S’INTENSIFICA MENTRE I “RIBELLI” SUBISCONO UN SCONFITTA DECISIVA

Sull'orlo del collasso: La falsa propaganda spinge all'interventismo Americano in Siria. Siamo arrivati al capolinea ?

 Bill Clinton, burattino di Sion, vorrebbe costringere Obama ad attaccare la Siria per compiacere i suoi padrini di Tel Aviv!


Probabilmente non si può trovare un Presidente che abbia più nuociuto alla credibilità, al prestigio, all'immagine della carica di POTUS (President of the U.S.) di Bill Clinton. Questa sottospecie di 'Rutelli dell'Arkansas', sospinto fino allo Studio Ovale nel corso di una campagna elettorale che non dovrebbe avere avuto storia dagli sforzi frenetici della 'Lobby a Sei Punte' ansiosa di mettere CHIUNQUE alla Casa Bianca pur di 'punire' Bush Sr. che aveva "osato" spingere Tel Aviv al tavolo di Madrid con la minaccia di ridurre o annullare gli annuali trasferimenti di miliardi di dollari Usa che, sottratti alle tasche dei contribuenti americani, tengono in piedi il malandato carrozzone sionista in Palestina (senza quel denaro il regime ebraico di occupazione semplicemente non potrebbe esistere).


Ora, con la moglie messa fuori gioco da gravi motivi di salute, la Lobby sionista americana rimette in campo questo vetusto arnese, maldestro speculatore immobiliare, maldestro adoperatore di sigari sessuali contro stagiste, mentitore di fronte a commissioni d'inchiesta, per fargli dire che, nonostante il parere contrario della maggioranza assoluta degli americani, "Obama dovrebbe prendere l'iniziativa di attaccare la Siria".

Chi si trovasse a prendere consigli di politica estera da Clinton, che bombardava 'a casaccio' Irak e Sudan nel disperato tentativo di distrarre l'opinione pubblica dall'ultima delle sue 'marachelle' che aveva appena raggiunto i mezzi di comunicazione, avrebbe veramente gravi problemi di cervello come la foto che abbiamo selezionato per accompagnare questo articolo sembra, sarcasticamente, sottintendere.

E' proprio di questi giorni un sondaggio NBC/WSJ secondo il quale il 24 per cento degli Americani ritiene che la Casa Bianca dovrebbe ignorare completamente quel che sta accadendo in Siria, il 42 per cento vorrebbe che gli Usa versassero contributi solo e soltanto per alleviare le condizioni dei profughi, e soltanto il 26 per cento raccomanderebbe un qualche genere di intervento armato o di natura militare.

Il confronto russo-occidentale sulla Siria s’intensifica mentre i “ribelli” subiscono un sconfitta decisiva




Mentre gli insorti filo-occidentali subiscono una sconfitta decisiva, il braccio di ferro tra l’occidente e la Russia s’intensifica. Il Regno Unito e la Francia nuovamente sostengono che il governo siriano abbia utilizzato armi chimiche, rivendicazioni che contraddicono sia il rapporto delle Nazioni Unite che tutte le prove indiziarie disponibili. La Russia ribadisce che qualsiasi intervento militare diretto sarà inutile, definendo il continuo sostegno agli insorti un “vicolo cieco”, e propone di sostituire il battaglione austriaco nel Golan siriano occupato dagli israeliani con truppe russe. L’intermediazione di una soluzione pacifica, in occasione della seconda conferenza internazionale sulla Siria a Ginevra, o anche tenere la conferenza come previsto, a giugno, diventa sempre più improbabile, mentre il rafforzamento militare e la retorica bellicosa continuano a crescere in Medio Oriente verso una situazione tipo Sarajevo, dove una scintilla può scatenare una reazione a catena inarrestabile.
I ribelli subiscono sconfitte decisive. Durante la seconda metà del 2012 l’esercito arabo siriano ha iniziato con successo l’attuazione di una strategia di contro-insurrezione, basata in parte sull’esperienza russa nella lotta ai ribelli in Cecenia. Gli analisti concordano sul fatto che il maggiore impiego nel teatro di armi chimiche da parte degli insorti sia un segno di disperazione e un tentativo di creare un percorso politico per l’intervento militare occidentale. Dopo che Hezbollah ha iniziato ad assicurare il confine libanese con la Siria, dopo che il Primo ministro iracheno Nuri al-Maliqi in Iraq ha aumentato la sicurezza lungo il confine iracheno-siriano così come lungo quello iracheno-saudita, il sostegno logistico alla rivolta s’è notevolmente ridotto e limitato a Giordania, Israele, Iraq curdo e Turchia. L’indebolimento dell’amministrazione Erdogan-Gül ad opera delle proteste di massa in Turchia, già si traduce in maggiore sicurezza lungo i 900 km del confine siriano con la Turchia. Il 7 giugno, Nsnbc International ha ricevuto i primi rapporti su diverse sparatorie tra forze di polizia turche e “ribelli” siriani. L’arresto di 12 membri di Jabhat al-Nusrah in possesso di cilindri di metallo contenenti 2 kg di gas nervino Sarin, solo pochi giorni prima delle prime proteste di massa in Turchia la sera del 31 maggio, indica che l’amministrazione Erdogan perde la sua presa su almeno alcune fazioni della forze dell’ordine e di sicurezza della Turchia, e che l’amministrazione Erdogan-Gül deve far fronte a una maggiore opposizione all’aggressione della Turchia contro il suo vicino arabo.
L’ultima grande forza di combattimento intatta degli insorti è attualmente chiusa in una sacca, nella città di Qusayr. Secondo il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, la maggior parte di quei combattenti provengono da Paesi europei e regionali. Con le linee di rifornimento tagliate e l’esercito arabo siriano che lentamente e sistematicamente avanza attraverso le montagna e la periferia, la situazione degli insorti è sempre più disperata, chiedendo l’invio di osservatori, soccorsi di emergenza per i “civili” feriti e altri appelli. Secondo le dichiarazioni dell’esercito arabo siriano, usa tutte le precauzioni possibili per evitare vittime collaterali. Un alto ufficiale in pensione turco, che mantiene l’anonimato per timore di repressioni, ha dichiarato a Nsnbc International che la città poteva essere presa molto tempo prima, non per il fatto che l’esercito siriano avanzava con ogni precauzione possibile riguardo al diritto internazionale, ma sapendo che l’occidente sorvegliava con attenzione l’avanzata per trarne vantaggi politici ed accusarlo di crimini di guerra.
La retorica occidentale sulla armi chimiche contraddice il rapporto delle Nazioni Unite. Dopo aver esaminato l’uso di armi chimiche ad Aleppo, la relatrice speciale delle Nazioni Unite Carla del Ponte ha dichiarato che, con sua grande sorpresa, non sono riusciti a trovare alcuna prova che indicasse che l’esercito arabo o il governo siriani avessero usato armi chimiche e che, d’altra parte, avevano trovato forti prove circostanziali che indicavano che i “ribelli” avevano ripetutamente usato armi chimiche. Inoltre, del Ponte ha dichiarato che era probabile che il gas Sarin usato contro i civili di Aleppo era giunto in Siria dalla Turchia. Oltre al rapporto della del Ponte, ci sono forti prove circostanziali che sostengono che gli insorti usano armi chimiche, mentre è altrettanto forte l’evidenza che suggerisce che il governo o i militari siriani non usano armi chimiche. Prove indiziarie contro l’uso di armi chimiche da parte della Siria sono indicate dal fatto che tutte le scorte di armi chimiche in Siria sono sotto stretto controllo e tutte le armi e le sostanze chimiche sono registrate con numeri di serie. Nessun arma del genere potrebbe cadere nelle mani di “agenti instabili”. Tutti gli attacchi con armi chimiche finora sono stati diretti contro civili o truppe siriane. E’ altamente improbabile che l’esercito siriano usi le armi contro se stesso. Per quanto riguarda l’uso di armi chimiche contro la popolazione siriana, farlo mentre il dialogo nazionale in Siria progredisce in modo costante e continuo, equivarrebbe a un suicidio politico. Considerando il rischio di un’indagine internazionale sui crimini di guerra ed eventuali accuse contro membri del governo o militari siriani, è improbabile che qualcuno si prenda il rischio di usare armi chimiche. Inoltre, l’esercito arabo siriano ottiene vittorie decisive senza l’uso di armi chimiche. Non c’è né alcun vantaggio strategico o tattico percepito che giustificherebbe anche l’ipotesi dell’uso di queste armi. Prove indiziarie a sostegno dell’uso di armi chimiche da parte degli insorti sono indicate dal fatto che, nel febbraio 2013, la polizia malese ha arrestato l’ex ufficiale malese Yazzid Sufaat e la sua partner Halimah Hussein. Entrambi accusati di favoreggiamento di organizzazioni terroristiche arruolando giovani malesi per il servizio mercenario per conto dei terroristi associati ad al-Qaida in Siria. Nel 2001, dopo il ritorno dall’Afghanistan, Yazzid Sufaat è stato accusato di sostenere al-Qaida, sviluppandone le capacità in armi biologiche e chimiche.
I ribelli hanno più volte brandito le loro armi chimiche rilasciando dichiarazioni pubbliche, nonché attraverso la diffusione di video. In uno dei video, gli insorti mostrano dei contenitori con sostanze chimiche della società chimica turca Tekkim. Gli insorti uccidevano conigli con i prodotti chimici e minacciavano i siriani che non supportano l’insurrezione. Il video è sorprendentemente somigliante ai video girati nei laboratori di armi chimiche statunitensi. In diverse dichiarazioni pubbliche rilasciate dai comandanti degli insorti, le dichiarazioni indicavano che l’Arabia Saudita avrebbe fornito agli insorti piccoli laboratori portatili per armi chimiche. Tali relazioni cominciarono ad emergere dopo la sconfitta decisiva inflitta all’esercito libero siriano ad Aleppo in due importanti battaglie, nel giugno e luglio 2012. I laboratori sarebbero simili o identici a quelli sviluppati per al-Qaida durante gli anni ’90. Mentre il Primo ministro iracheno Nuri al-Maliqi ha sottolineato che l’Arabia Saudita ha riattivato le vecchie vie di contrabbando dalla regione di Anbar. I percorsi, ora utilizzati per il supporto logistico dei ribelli in Siria e per la destabilizzazione dell’Iraq, erano già stati utilizzati durante l’occupazione statunitense dell’Iraq. Laboratori di armi portatili potrebbero facilmente esser stati riforniti attraverso le vie del contrabbando. Nell’aprile 2013 i ribelli appartenenti a Jabhat al-Nusrah vennero segnalati combattere insieme a truppe e piloti turchi, nel tentativo di occupare la strategicamente importante base aerea di Minigh, preso Aleppo. Oltre al fatto che le truppe della Turchia, membro della NATO, vennero coinvolte in operazioni di combattimento contro l’esercito arabo siriano sul territorio siriano, un crimine di guerra che collega la Turchia all’uso di armi chimiche in Siria. Secondo quanto riferiscono l’esercito e il governo siriano, il razzo con testata chimica che aveva ucciso dei civili di Aleppo, era stato sparato da una zona tenuta dagli insorti e dalle truppe turche. E’ assai probabile che la relatrice speciale dell’ONU, Carla del Ponte, abbia mostrato prove dettagliate a sostegno dei fatti e che, tra l’altro, questa sia la prova da lei presentata alla conferenza, che con sua grande sorpresa, vedeva una prova accusare i ribelli di aver usato armi chimiche ad Aleppo, e che l’arma chimica potesse provenire dalla Turchia. Alla fine di maggio, la polizia turca ha arrestato 12 membri di Jabhat al-Nusrah in possesso di 2 kg di gas Sarin. Solo pochi giorni dopo, l’esercito arabo siriano sequestrava 2 contenitori con 2 kg di gas Sarin ai ribelli in Siria. C’è una straordinaria quantità di prove che accusano gli insorti di usare armi chimiche, mentre le prove contro i militari siriani sono praticamente inesistenti, se non in forma di argomenti retorici e prove discutibili o falsificate, che difficilmente possono essere utilizzate per giustificare il sostegno continuo ai terroristi o un intervento militare diretto con forze regolari.
La retorica francese, inglese e statunitense sulle armi chimiche e l’intervento umanitario aumenta proporzionalmente con la sconfitta degli insorti. Apparentemente non influenzata dai fatti sulle armi chimiche, la retorica occidentale su armi chimiche e diritti umani a sostegno del terrorismo e di una guerra aperta alla Siria, aumenta proporzionalmente alla disperazione degli insorti e alla loro schiacciante sconfitta. Il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius ha dichiarato di aver passato un’analisi per identificare tossine militari al capo di una inchiesta delle Nazioni Unite sull’uso delle armi chimiche in Siria, dicendo: “Queste analisi dimostrano la presenza di gas Sarin… Alla luce di queste prove, la Francia è ormai certa che il gas Sarin sia stato utilizzato in Siria più volte ed in maniera localizzata“. Fabius però, aveva dimenticato di dire che il governo siriano è d’accordo sul fatto che il gas Sarin sia stato utilizzato e che la Siria, insieme alla Russia, chiede un’indagine completa su ogni singolo episodio da parte di una commissione indipendente di esperti. Le indagini di tale natura sarebbero probabilmente travolgenti, come risulterebbe dalla documentazione sull’uso del Sarin da parte degli insorti e dal coinvolgimento di Turchia e NATO. Il ministro degli Esteri Fabius ha fatto una tale impressione sul giornalista irlandese Finian Cunningham, che questi suggerisce a Fabius di scrivere romanzi quando sarà in pensione, magari con lo pseudonimo di Fabulous. In seguito, il presidente francese Francois Hollande ha fatto eco al ministro Fabius e ha dichiarato: “Abbiamo elementi di prova e chiediamo alla comunità internazionale di agire.” Sia Hollande che Fabius sottolineano che non avrebbero agito unilateralmente e avrebbero partecipato ai colloqui con Washington. Fabius ha anche dichiarato che: “Una linea è stata indiscutibilmente violata… la Francia e i suoi alleati devono decidere se reagire, anche in maniera armata… ma, allo stesso tempo, non dobbiamo bloccare un’eventuale conferenza di pace“. Il riferimento a “elementi di prova” non solo indica il fatto che Fabius e Hollande camuffano la prova affermando correttamente che il Sarin è stato utilizzato, ma omettono le prove schiaccianti che indicano nei ribelli coloro che l’hanno utilizzato.
Ci sono anche buone ragioni per suggerire che la Francia in effetti potrebbe essere coinvolta nella falsificazione, ovvero nella creazione di prove. Alcuni dei campioni di sangue utilizzati dalla Francia sono stati “contrabbandati dalla Siria da giornalisti di Le Monde” che sostengono che i campioni gli sono stati forniti da medici locali. Si tratta di una “catena di prove” molto discutibile, probabilmente non reggerebbero in un qualsiasi tribunale meglio del sale, ma è ottimo per la propaganda e la retorica per giustificare una guerra illegale, utilizzando un’arma di persuasione di massa, come fa Le Monde. Le affermazioni di Fabius, che “non ha alcun dubbio che il Sarin sia stato utilizzato da Assad e dai suoi complici” saranno riprese dai media francesi. Dopo tutto, le foto che suggeriscono l’impiccagione del malvagio signore della guerra Assad sono state già diffuse nei media danesi nel 2012, per cui la Francia ha un po’ di ritardo da recuperare sul fronte della propaganda. Il Foreign Office del Regno Unito ha rilasciato dichiarazioni, secondo cui i fluidi raccolti dalle vittime di uno o più attacchi in Siria, sono stati trovati dagli scienziati dell’impianto inglese di Porton Down, contenere prove dell’uso del gas Sarin. Tuttavia, è stato anche dichiarato che non ci potrebbe essere alcuna certezza al 100% che il regime di Assad abbia usato armi chimiche. Il Foreign Office britannico non avrebbe nemmeno confermato dove o quando i campioni siano stati raccolti. Lyall Grant, ambasciatore inglese alle Nazioni Unite potrebbe semplicemente confermare che “i campioni hanno rivelato prove che suggeriscono l’uso di agenti chimici diversi, a volte Sarin, a volte no.” Il capo delle indagini ONU, Ake Sellstrom, ha rilasciato una dichiarazione in cui ha avvertito che: “La validità delle informazioni non è garantita in assenza di prove convincenti sulla catena di custodia dei dati raccolti.” Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha risposto alle dichiarazioni inglesi e francesi ribadendo che l’utilizzo delle armi chimiche è una linea rossa, ma che ci sono divisioni su come e quanto velocemente procedere contro la Siria. Dopo aver discusso delle pretese francesi e britannici in una riunione dei ministri della difesa della NATO, a Bruxelles, il segretario della Difesa Chuck Hagel ha dichiarato alla stampa che non aveva visto prove e che il ruolo della NATO continua ad essere quello di aiutare la Turchia a tutelare i suoi confini. “Al di là di questo, così Hagel, non abbiamo discusso di piani di guerra aggiuntivi”. Il sostegno pubblico per una possibile guerra aperta alla Siria, negli Stati Uniti, è scarso e la retorica francese-britannica sulle armi chimiche potrebbe alla fine portare a un maggiore sostegno popolare. Ricordandosi i fatti emersi sulle amministrazioni Bush, riguardo alle armi di distruzione di massa in Iraq, però, la retorica sulle armi chimiche potrebbe anche ritorcerglisi politicamente.
La guerra regionale è più un punto di svolta nell’opinione pubblica USA che non le armi chimiche. La diplomazia statunitense in poche parole potrebbe spiegare che: “Gli Stati Uniti vogliono eliminare Assad quale alleato dell’Iran, senza indebitamente provocare la Russia, cercando di creare un regime sostitutivo che sia accettabile a Mosca”. Dato ciò, è comunque previsto che una Siria destabilizzata continuerà a creare tensioni tra l’UE e la Russia sulla sicurezza energetica. Se una destabilizzazione della Siria comportasse il sabotaggio dell’ulteriore integrazione del settore energetico russo-iraniano-europeo e delle economie nazionali, una guerra regionale ne sarebbe il logico passo successivo. L’allargamento del conflitto nei vicini Libano, Turchia, Iraq e Golan, e la retorica sul coinvolgimento di Hezbollah potrebbero essere usati per dirigere l’opinione pubblica degli Stati Uniti verso un riluttante sì all’intervento militare, se la Russia non reagisce al ricatto occidentale. Il senatore repubblicano e presidente del Comitato forze armate del Senato degli Stati Uniti John McCain e Condoleeza Rice starebbero incitando l’amministrazione Obama a un intervento militare degli Stati Uniti, usando sia le armi chimiche che la minaccia di una guerra regionale quali argomenti principali. Cioè, gli argomenti per il pubblico. Finora, nessuna delle parti coinvolte ha apertamente affrontato la sicurezza energetica, le cause geo-politiche ed economiche reali della guerra alla Siria.
La Russia alza la posta, offrendo truppe per sostituire il battaglione austriaco nel Golan siriano occupato dagli israeliani. Dopo che la Russia ha avvertito che qualsiasi intervento militare diretto contro la Siria sarebbe inutile, e onorato il contratto russo-siriano per la fornitura di sistemi SAM S-300, introducendo un fattore di stabilità nella regione, il presidente russo Vladimir Putin ha inviato altri segnali inequivocabili all’alleanza anti-Siria. Secondo il sito web della TV semi-statale russa RT, Vladimir Putin ha detto che Mosca invierà forze russe per sostituire il battaglione austriaco che opera nell’ambito della Forza di osservatori delle Nazioni Unite (UNDOF) nel Golan siriano occupato, se l’ONU lo chiede alla Russia. RT avrebbe citato Putin: “A causa della complicata situazione nel Golan, possiamo sostituire le unità austriache che si ritireranno dalla zona con unità russe nel caso tutti i Paesi della regione concordino e il Segretario generale delle Nazioni Unite lo richieda“. RT riporta anche che Putin ha detto che il segretario generale dell’ONU Ban Kyi-moon ha chiesto alla Russia, durante la sua ultima visita nel Paese, di aumentare il volume delle sue forze nelle missioni di mantenimento della pace organizzate dalle Nazioni Unite. Martin Nesirky, il portavoce del segretario generale Ban Kyi-moon, tuttavia, ha espresso la sua gratitudine per l’offerta della Russia, ma ha sottolineato che l’accordo di disimpegno nel Golan non permette di accettare la proposta russa, in quanto l’accordo prevede che nessuno dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite possa schierare forze di pace nel Golan. Considerando che è estremamente probabile che i funzionari russi ne fossero ben consapevoli, la dichiarazione di Putin viene vista da molti analisti, compreso l’autore, come un avvertimento implicito da parte di uno scaltro statista che ha voluto ribadire che qualsiasi aggressione militare diretta contro la Siria sarebbe inutile e che la Russia, così come l’Iran, risponderanno con forza, e che la continuazione del sostegno dei ribelli attraverso il Golan, deve essere fermato.
Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha discusso del Golan con il Segretario generale delle Nazioni Unite nei preparativi per Ginevra 2. In un comunicato, il ministero degli Esteri russo ha detto che le due parti hanno discusso la situazione politica e militare in Siria, riguardo la situazione di crescente tensione nella zona di disimpegno nel Golan. La Russia ribadisce la necessità di una soluzione politica della Crisi in Siria mentre traccia una chiara linea. Mentre i vertici diplomatici russi sempre più affermano che il continuo sostegno agli insorti o l’intervento militare sono inaccettabili, e mentre l’alleanza anti-siriana sembra fare di tutto per minare la prevista conferenza di Ginevra 2, i diplomatici russi continuano ad impegnarsi a trovare una soluzione politica. Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha sottolineato la necessità che tutti gli attori internazionali si sforzino ad avviare il processo politico in Siria. Nel corso di una conferenza stampa presso l’Organizzazione per la cooperazione islamica, Lavrov ha dichiarato: “Oggi abbiamo sottolineato ancora una volta che tutti gli attori internazionali devono lavorare per la soluzione pacifica della crisi e creare condizioni favorevoli per avviare il dialogo tra il governo siriano e l’opposizione“. Rispondendo alle domande dei giornalisti sulle dichiarazioni dei funzionari degli Stati Uniti circa la situazione ad al-Qusayr, Lavrov ha risposto: “Ci sono diversi punti, cosa più importante è che abbiamo avvertito dei gravi pericoli nell’internazionalizzare la crisi in Siria“. Lavrov ha sottolineato che: “Centinaia, forse migliaia di uomini armati che combattono l’esercito siriano sono di nazionalità di Paesi europei e regionali, motivo per cui vi è maggiore importanza nel porre fine alla crisi e creare le condizioni favorevoli per tenere la conferenza internazionale sulla Siria“. Lavrov ha aggiunto che ci sono informazioni su esperti e consiglieri stranieri che aiutano questi uomini armati, anche a Qusayr. Alla domanda circa la condanna occidentale e da altri Paesi delle operazioni dei militari siriani contro gli insorti a Qusayr, Lavrov ha dichiarato che tali dichiarazioni sono ipocrite e ha ribadito che: “Ogni ipocrisia riguardo il diritto internazionale umanitario per distorcere l’immagine reale di al-Qusayr è impossibile… In linea di principio, dobbiamo capire e decidere se vogliamo sostenere il processo politico, nel qual caso tutti devono lavorare per lanciare il dialogo… o vogliamo cambiare il regime“. Lavrov ha concluso le sue dichiarazioni ribadendo che “ogni continuazione del sostegno militare dell’opposizione non porterà a nulla ed è un vicolo cieco“. Anche l’inviato speciale del presidente russo per il Medio Oriente, il viceministro degli Esteri Mikhail Bogdanov, ha indicato l’aumentata assertività russa. Bogdanov ha dichiarato che non ci dovrebbe essere spazio per forze radicali che combattono sul territorio siriano in qualsiasi accordo futuro sulla Siria. Bogdanov ha dichiarato ai media russi, anche a RT, che la Russia e gli Stati Uniti continuano gli incontri a tutti i livelli per la preparazione della conferenza di Ginevra 2, forse il 25 giugno, e che le armi chimiche erano parte delle discussioni in corso.
Il confronto russo-occidentale sulla Siria s’intensifica mentre i “ribelli” subiscono un sconfitta decisiva, e la Francia e il Regno Unito utilizzano una propaganda sempre più disperata per giustificare l’intervento militare o la continua sponsorizzazione del terrorismo. Un nuovo, instabile equilibrio strategico in Medio Oriente emerge. Finché non sarà assicurato, piccole scintille potrebbero innescare un disastro regionale di proporzioni storiche.

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