Sull'orlo del collasso: La falsa propaganda spinge all'interventismo Americano in Siria. Siamo arrivati al capolinea ?
Bill Clinton, burattino di Sion, vorrebbe costringere Obama ad attaccare la Siria per compiacere i suoi padrini di Tel Aviv!
Probabilmente non si può trovare un Presidente che abbia più nuociuto
alla credibilità, al prestigio, all'immagine della carica di POTUS
(President of the U.S.) di Bill Clinton. Questa sottospecie di 'Rutelli
dell'Arkansas', sospinto fino allo Studio Ovale nel corso di una
campagna elettorale che non dovrebbe avere avuto storia dagli sforzi
frenetici della 'Lobby a Sei Punte' ansiosa di mettere CHIUNQUE alla
Casa Bianca pur di 'punire' Bush Sr. che aveva "osato" spingere Tel Aviv
al tavolo di Madrid con la minaccia di ridurre o annullare gli annuali
trasferimenti di miliardi di dollari Usa che, sottratti alle tasche dei
contribuenti americani, tengono in piedi il malandato carrozzone
sionista in Palestina (senza quel denaro il regime ebraico di
occupazione semplicemente non potrebbe esistere).
Ora, con la moglie messa fuori gioco da gravi motivi di salute, la Lobby
sionista americana rimette in campo questo vetusto arnese, maldestro
speculatore immobiliare, maldestro adoperatore di sigari sessuali contro
stagiste, mentitore di fronte a commissioni d'inchiesta, per fargli
dire che, nonostante il parere contrario della maggioranza assoluta
degli americani, "Obama dovrebbe prendere l'iniziativa di attaccare la Siria".
Chi si trovasse a prendere consigli di politica estera da Clinton, che
bombardava 'a casaccio' Irak e Sudan nel disperato tentativo di
distrarre l'opinione pubblica dall'ultima delle sue 'marachelle' che
aveva appena raggiunto i mezzi di comunicazione, avrebbe veramente gravi
problemi di cervello come la foto che abbiamo selezionato per
accompagnare questo articolo sembra, sarcasticamente, sottintendere.
E' proprio di questi giorni un sondaggio NBC/WSJ secondo il quale il
24 per cento degli Americani ritiene che la Casa Bianca dovrebbe
ignorare completamente quel che sta accadendo in Siria, il 42 per
cento vorrebbe che gli Usa versassero contributi solo e soltanto per
alleviare le condizioni dei profughi, e soltanto il 26 per cento
raccomanderebbe un qualche genere di intervento armato o di natura
militare.
Il confronto russo-occidentale sulla Siria s’intensifica mentre i “ribelli” subiscono un sconfitta decisiva
Mentre gli insorti filo-occidentali subiscono una sconfitta decisiva, il
braccio di ferro tra l’occidente e la Russia s’intensifica. Il Regno
Unito e la Francia nuovamente sostengono che il governo siriano abbia
utilizzato armi chimiche, rivendicazioni che contraddicono sia il
rapporto delle Nazioni Unite che tutte le prove indiziarie disponibili.
La Russia ribadisce che qualsiasi intervento militare diretto sarà
inutile, definendo il continuo sostegno agli insorti un “vicolo cieco”, e
propone di sostituire il battaglione austriaco nel Golan siriano
occupato dagli israeliani con truppe russe. L’intermediazione di una
soluzione pacifica, in occasione della seconda conferenza internazionale
sulla Siria a Ginevra, o anche tenere la conferenza come previsto, a
giugno, diventa sempre più improbabile, mentre il rafforzamento militare
e la retorica bellicosa continuano a crescere in Medio Oriente verso
una situazione tipo Sarajevo, dove una scintilla può scatenare una
reazione a catena inarrestabile.
I ribelli subiscono sconfitte decisive. Durante la seconda metà del 2012
l’esercito arabo siriano ha iniziato con successo l’attuazione di una
strategia di contro-insurrezione, basata in parte sull’esperienza russa
nella lotta ai ribelli in Cecenia. Gli analisti concordano sul fatto che
il maggiore impiego nel teatro di armi chimiche da parte degli insorti
sia un segno di disperazione e un tentativo di creare un percorso
politico per l’intervento militare occidentale. Dopo che Hezbollah ha
iniziato ad assicurare il confine libanese con la Siria, dopo che il
Primo ministro iracheno Nuri al-Maliqi in Iraq ha aumentato la sicurezza
lungo il confine iracheno-siriano così come lungo quello
iracheno-saudita, il sostegno logistico alla rivolta s’è notevolmente
ridotto e limitato a Giordania, Israele, Iraq curdo e Turchia.
L’indebolimento dell’amministrazione Erdogan-Gül ad opera delle proteste
di massa in Turchia, già si traduce in maggiore sicurezza lungo i 900
km del confine siriano con la Turchia. Il 7 giugno, Nsnbc International
ha ricevuto i primi rapporti su diverse sparatorie tra forze di polizia
turche e “ribelli” siriani. L’arresto di 12 membri di Jabhat al-Nusrah
in possesso di cilindri di metallo contenenti 2 kg di gas nervino Sarin,
solo pochi giorni prima delle prime proteste di massa in Turchia la
sera del 31 maggio, indica che l’amministrazione Erdogan perde la sua
presa su almeno alcune fazioni della forze dell’ordine e di sicurezza
della Turchia, e che l’amministrazione Erdogan-Gül deve far fronte a una
maggiore opposizione all’aggressione della Turchia contro il suo vicino
arabo.
L’ultima grande forza di combattimento intatta degli insorti è
attualmente chiusa in una sacca, nella città di Qusayr. Secondo il
ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, la maggior parte di quei
combattenti provengono da Paesi europei e regionali. Con le linee di
rifornimento tagliate e l’esercito arabo siriano che lentamente e
sistematicamente avanza attraverso le montagna e la periferia, la
situazione degli insorti è sempre più disperata, chiedendo l’invio di
osservatori, soccorsi di emergenza per i “civili” feriti e altri
appelli. Secondo le dichiarazioni dell’esercito arabo siriano, usa tutte
le precauzioni possibili per evitare vittime collaterali. Un alto
ufficiale in pensione turco, che mantiene l’anonimato per timore di
repressioni, ha dichiarato a Nsnbc International che la città poteva
essere presa molto tempo prima, non per il fatto che l’esercito siriano
avanzava con ogni precauzione possibile riguardo al diritto
internazionale, ma sapendo che l’occidente sorvegliava con attenzione
l’avanzata per trarne vantaggi politici ed accusarlo di crimini di
guerra.
La retorica occidentale sulla armi chimiche contraddice il rapporto
delle Nazioni Unite. Dopo aver esaminato l’uso di armi chimiche ad
Aleppo, la relatrice speciale delle Nazioni Unite Carla del Ponte
ha dichiarato che, con sua grande sorpresa, non sono riusciti a trovare
alcuna prova che indicasse che l’esercito arabo o il governo siriani
avessero usato armi chimiche e che, d’altra parte, avevano trovato forti
prove circostanziali che indicavano che i “ribelli” avevano
ripetutamente usato armi chimiche. Inoltre, del Ponte ha dichiarato
che era probabile che il gas Sarin usato contro i civili di Aleppo era
giunto in Siria dalla Turchia. Oltre al rapporto della del Ponte, ci
sono forti prove circostanziali che sostengono che gli insorti usano
armi chimiche, mentre è altrettanto forte l’evidenza che suggerisce che
il governo o i militari siriani non usano armi chimiche. Prove
indiziarie contro l’uso di armi chimiche da parte della Siria sono
indicate dal fatto che tutte le scorte di armi chimiche in Siria sono
sotto stretto controllo e tutte le armi e le sostanze chimiche sono
registrate con numeri di serie. Nessun arma del genere potrebbe cadere
nelle mani di “agenti instabili”. Tutti gli attacchi con armi chimiche
finora sono stati diretti contro civili o truppe siriane. E’ altamente improbabile che l’esercito siriano usi le armi contro se stesso.
Per quanto riguarda l’uso di armi chimiche contro la popolazione
siriana, farlo mentre il dialogo nazionale in Siria progredisce in modo
costante e continuo, equivarrebbe a un suicidio politico. Considerando
il rischio di un’indagine internazionale sui crimini di guerra ed
eventuali accuse contro membri del governo o militari siriani, è
improbabile che qualcuno si prenda il rischio di usare armi chimiche. Inoltre, l’esercito arabo siriano ottiene vittorie decisive senza l’uso di armi chimiche. Non c’è né alcun vantaggio strategico o tattico percepito che giustificherebbe anche l’ipotesi dell’uso di queste armi. Prove
indiziarie a sostegno dell’uso di armi chimiche da parte degli insorti
sono indicate dal fatto che, nel febbraio 2013, la polizia malese ha
arrestato l’ex ufficiale malese Yazzid Sufaat e la sua partner Halimah
Hussein. Entrambi accusati di favoreggiamento di organizzazioni
terroristiche arruolando giovani malesi per il servizio mercenario per
conto dei terroristi associati ad al-Qaida in Siria. Nel 2001, dopo il
ritorno dall’Afghanistan, Yazzid Sufaat è stato accusato di sostenere
al-Qaida, sviluppandone le capacità in armi biologiche e chimiche.
I ribelli hanno più volte brandito le loro armi chimiche
rilasciando dichiarazioni pubbliche, nonché attraverso la diffusione di
video. In uno dei video, gli insorti mostrano dei contenitori con
sostanze chimiche della società chimica turca Tekkim. Gli insorti
uccidevano conigli con i prodotti chimici e minacciavano i siriani che
non supportano l’insurrezione. Il video è sorprendentemente somigliante
ai video girati nei laboratori di armi chimiche statunitensi. In
diverse dichiarazioni pubbliche rilasciate dai comandanti degli
insorti, le dichiarazioni indicavano che l’Arabia Saudita avrebbe
fornito agli insorti piccoli laboratori portatili per armi chimiche.
Tali relazioni cominciarono ad emergere dopo la sconfitta decisiva
inflitta all’esercito libero siriano ad Aleppo in due importanti
battaglie, nel giugno e luglio 2012. I laboratori sarebbero simili o
identici a quelli sviluppati per al-Qaida durante gli anni ’90. Mentre
il Primo ministro iracheno Nuri al-Maliqi ha sottolineato che l’Arabia
Saudita ha riattivato le vecchie vie di contrabbando dalla regione di
Anbar. I percorsi, ora utilizzati per il supporto logistico dei ribelli
in Siria e per la destabilizzazione dell’Iraq, erano già stati
utilizzati durante l’occupazione statunitense dell’Iraq. Laboratori di
armi portatili potrebbero facilmente esser stati riforniti attraverso le
vie del contrabbando. Nell’aprile 2013 i ribelli appartenenti a Jabhat
al-Nusrah vennero segnalati combattere insieme a truppe e piloti turchi,
nel tentativo di occupare la strategicamente importante base aerea di
Minigh, preso Aleppo. Oltre al fatto che le truppe della Turchia, membro
della NATO, vennero coinvolte in operazioni di combattimento contro
l’esercito arabo siriano sul territorio siriano, un crimine di guerra
che collega la Turchia all’uso di armi chimiche in Siria. Secondo quanto
riferiscono l’esercito e il governo siriano, il razzo con testata
chimica che aveva ucciso dei civili di Aleppo, era stato sparato da una
zona tenuta dagli insorti e dalle truppe turche. E’ assai probabile che
la relatrice speciale dell’ONU, Carla del Ponte, abbia mostrato prove
dettagliate a sostegno dei fatti e che, tra l’altro, questa sia la prova
da lei presentata alla conferenza, che con sua grande sorpresa, vedeva
una prova accusare i ribelli di aver usato armi chimiche ad Aleppo, e
che l’arma chimica potesse provenire dalla Turchia. Alla fine di maggio,
la polizia turca ha arrestato 12 membri di Jabhat al-Nusrah in possesso
di 2 kg di gas Sarin. Solo pochi giorni dopo, l’esercito arabo siriano
sequestrava 2 contenitori con 2 kg di gas Sarin ai ribelli in Siria. C’è
una straordinaria quantità di prove che accusano gli insorti di usare
armi chimiche, mentre le prove contro i militari siriani sono
praticamente inesistenti, se non in forma di argomenti retorici e prove
discutibili o falsificate, che difficilmente possono essere utilizzate
per giustificare il sostegno continuo ai terroristi o un intervento
militare diretto con forze regolari.
La retorica francese, inglese e statunitense sulle armi chimiche e
l’intervento umanitario aumenta proporzionalmente con la sconfitta degli
insorti. Apparentemente non influenzata dai fatti sulle armi chimiche,
la retorica occidentale su armi chimiche e diritti umani a sostegno del
terrorismo e di una guerra aperta alla Siria, aumenta proporzionalmente
alla disperazione degli insorti e alla loro schiacciante sconfitta. Il
ministro degli Esteri francese Laurent Fabius ha dichiarato di aver
passato un’analisi per identificare tossine militari al capo di una
inchiesta delle Nazioni Unite sull’uso delle armi chimiche in Siria,
dicendo: “Queste analisi dimostrano la presenza di gas Sarin… Alla luce
di queste prove, la Francia è ormai certa che il gas Sarin sia stato
utilizzato in Siria più volte ed in maniera localizzata“. Fabius
però, aveva dimenticato di dire che il governo siriano è d’accordo sul
fatto che il gas Sarin sia stato utilizzato e che la Siria, insieme alla
Russia, chiede un’indagine completa su ogni singolo episodio da parte
di una commissione indipendente di esperti. Le indagini di tale
natura sarebbero probabilmente travolgenti, come risulterebbe dalla
documentazione sull’uso del Sarin da parte degli insorti e dal
coinvolgimento di Turchia e NATO. Il ministro degli Esteri Fabius ha
fatto una tale impressione sul giornalista irlandese Finian Cunningham,
che questi suggerisce a Fabius di scrivere romanzi quando sarà in
pensione, magari con lo pseudonimo di Fabulous. In seguito, il
presidente francese Francois Hollande ha fatto eco al ministro Fabius e
ha dichiarato: “Abbiamo elementi di prova e chiediamo alla comunità
internazionale di agire.” Sia Hollande che Fabius sottolineano che non
avrebbero agito unilateralmente e avrebbero partecipato ai colloqui con
Washington. Fabius ha anche dichiarato che: “Una linea è stata
indiscutibilmente violata… la Francia e i suoi alleati devono decidere
se reagire, anche in maniera armata… ma, allo stesso tempo, non dobbiamo
bloccare un’eventuale conferenza di pace“. Il riferimento a “elementi
di prova” non solo indica il fatto che Fabius e Hollande camuffano la
prova affermando correttamente che il Sarin è stato utilizzato, ma
omettono le prove schiaccianti che indicano nei ribelli coloro che
l’hanno utilizzato.
Ci sono anche buone ragioni per suggerire che la Francia in effetti
potrebbe essere coinvolta nella falsificazione, ovvero nella creazione
di prove. Alcuni dei campioni di sangue utilizzati dalla Francia
sono stati “contrabbandati dalla Siria da giornalisti di Le Monde” che
sostengono che i campioni gli sono stati forniti da medici locali. Si
tratta di una “catena di prove” molto discutibile, probabilmente non
reggerebbero in un qualsiasi tribunale meglio del sale, ma è ottimo per
la propaganda e la retorica per giustificare una guerra illegale,
utilizzando un’arma di persuasione di massa, come fa Le Monde. Le
affermazioni di Fabius, che “non ha alcun dubbio che il Sarin sia stato
utilizzato da Assad e dai suoi complici” saranno riprese dai media
francesi. Dopo tutto, le foto che suggeriscono l’impiccagione del
malvagio signore della guerra Assad sono state già diffuse nei media
danesi nel 2012, per cui la Francia ha un po’ di ritardo da recuperare
sul fronte della propaganda. Il Foreign Office del Regno Unito ha
rilasciato dichiarazioni, secondo cui i fluidi raccolti dalle vittime
di uno o più attacchi in Siria, sono stati trovati dagli scienziati
dell’impianto inglese di Porton Down, contenere prove dell’uso del gas
Sarin. Tuttavia, è stato anche dichiarato che non ci potrebbe essere
alcuna certezza al 100% che il regime di Assad abbia usato armi
chimiche. Il Foreign Office britannico non avrebbe nemmeno confermato dove o quando i campioni siano stati raccolti.
Lyall Grant, ambasciatore inglese alle Nazioni Unite potrebbe
semplicemente confermare che “i campioni hanno rivelato prove che
suggeriscono l’uso di agenti chimici diversi, a volte Sarin, a volte
no.” Il capo delle indagini ONU, Ake Sellstrom, ha rilasciato una
dichiarazione in cui ha avvertito che: “La validità delle informazioni
non è garantita in assenza di prove convincenti sulla catena di custodia
dei dati raccolti.” Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha
risposto alle dichiarazioni inglesi e francesi ribadendo che l’utilizzo
delle armi chimiche è una linea rossa, ma che ci sono divisioni su come e
quanto velocemente procedere contro la Siria. Dopo aver discusso delle
pretese francesi e britannici in una riunione dei ministri della difesa
della NATO, a Bruxelles, il segretario della Difesa Chuck Hagel ha
dichiarato alla stampa che non aveva visto prove e che il ruolo della
NATO continua ad essere quello di aiutare la Turchia a tutelare i suoi
confini. “Al di là di questo, così Hagel, non abbiamo discusso di piani
di guerra aggiuntivi”. Il sostegno pubblico per una possibile guerra
aperta alla Siria, negli Stati Uniti, è scarso e la retorica
francese-britannica sulle armi chimiche potrebbe alla fine portare a un
maggiore sostegno popolare. Ricordandosi i fatti emersi sulle
amministrazioni Bush, riguardo alle armi di distruzione di massa in
Iraq, però, la retorica sulle armi chimiche potrebbe anche ritorcerglisi
politicamente.
La guerra regionale è più un punto di svolta nell’opinione pubblica USA
che non le armi chimiche. La diplomazia statunitense in poche parole
potrebbe spiegare che: “Gli Stati Uniti vogliono eliminare Assad quale
alleato dell’Iran, senza indebitamente provocare la Russia, cercando di
creare un regime sostitutivo che sia accettabile a Mosca”. Dato ciò, è
comunque previsto che una Siria destabilizzata continuerà a creare
tensioni tra l’UE e la Russia sulla sicurezza energetica. Se una
destabilizzazione della Siria comportasse il sabotaggio dell’ulteriore
integrazione del settore energetico russo-iraniano-europeo e delle
economie nazionali, una guerra regionale ne sarebbe il logico passo
successivo. L’allargamento del conflitto nei vicini Libano, Turchia,
Iraq e Golan, e la retorica sul coinvolgimento di Hezbollah potrebbero
essere usati per dirigere l’opinione pubblica degli Stati Uniti verso un
riluttante sì all’intervento militare, se la Russia non reagisce al
ricatto occidentale. Il senatore repubblicano e presidente del Comitato
forze armate del Senato degli Stati Uniti John McCain e Condoleeza Rice
starebbero incitando l’amministrazione Obama a un intervento militare
degli Stati Uniti, usando sia le armi chimiche che la minaccia di una
guerra regionale quali argomenti principali. Cioè, gli argomenti per il
pubblico. Finora, nessuna delle parti coinvolte ha apertamente
affrontato la sicurezza energetica, le cause geo-politiche ed economiche
reali della guerra alla Siria.
La Russia alza la posta, offrendo truppe per sostituire il battaglione
austriaco nel Golan siriano occupato dagli israeliani. Dopo che la
Russia ha avvertito che qualsiasi intervento militare diretto contro la
Siria sarebbe inutile, e onorato il contratto russo-siriano per la
fornitura di sistemi SAM S-300, introducendo un fattore di stabilità
nella regione, il presidente russo Vladimir Putin ha inviato altri
segnali inequivocabili all’alleanza anti-Siria. Secondo il sito web
della TV semi-statale russa RT, Vladimir Putin ha detto che Mosca
invierà forze russe per sostituire il battaglione austriaco che opera
nell’ambito della Forza di osservatori delle Nazioni Unite (UNDOF) nel
Golan siriano occupato, se l’ONU lo chiede alla Russia. RT avrebbe
citato Putin: “A causa della complicata situazione nel Golan, possiamo
sostituire le unità austriache che si ritireranno dalla zona con unità
russe nel caso tutti i Paesi della regione concordino e il Segretario
generale delle Nazioni Unite lo richieda“. RT riporta anche che Putin ha
detto che il segretario generale dell’ONU Ban Kyi-moon ha chiesto alla
Russia, durante la sua ultima visita nel Paese, di aumentare il volume
delle sue forze nelle missioni di mantenimento della pace organizzate
dalle Nazioni Unite. Martin Nesirky, il portavoce del segretario
generale Ban Kyi-moon, tuttavia, ha espresso la sua gratitudine per
l’offerta della Russia, ma ha sottolineato che l’accordo di disimpegno
nel Golan non permette di accettare la proposta russa, in quanto
l’accordo prevede che nessuno dei cinque membri permanenti del Consiglio
di Sicurezza delle Nazioni Unite possa schierare forze di pace nel
Golan. Considerando che è estremamente probabile che i funzionari russi
ne fossero ben consapevoli, la dichiarazione di Putin viene vista da
molti analisti, compreso l’autore, come un avvertimento implicito da
parte di uno scaltro statista che ha voluto ribadire che qualsiasi
aggressione militare diretta contro la Siria sarebbe inutile e che la
Russia, così come l’Iran, risponderanno con forza, e che la
continuazione del sostegno dei ribelli attraverso il Golan, deve essere
fermato.
Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha discusso del Golan con
il Segretario generale delle Nazioni Unite nei preparativi per Ginevra
2. In un comunicato, il ministero degli Esteri russo ha detto che le due
parti hanno discusso la situazione politica e militare in Siria,
riguardo la situazione di crescente tensione nella zona di disimpegno
nel Golan. La Russia ribadisce la necessità di una soluzione politica
della Crisi in Siria mentre traccia una chiara linea. Mentre i vertici
diplomatici russi sempre più affermano che il continuo sostegno agli
insorti o l’intervento militare sono inaccettabili, e mentre l’alleanza
anti-siriana sembra fare di tutto per minare la prevista conferenza di
Ginevra 2, i diplomatici russi continuano ad impegnarsi a trovare una
soluzione politica. Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha
sottolineato la necessità che tutti gli attori internazionali si
sforzino ad avviare il processo politico in Siria. Nel corso di una
conferenza stampa presso l’Organizzazione per la cooperazione islamica,
Lavrov ha dichiarato: “Oggi abbiamo sottolineato ancora una volta che
tutti gli attori internazionali devono lavorare per la soluzione
pacifica della crisi e creare condizioni favorevoli per avviare il
dialogo tra il governo siriano e l’opposizione“. Rispondendo alle
domande dei giornalisti sulle dichiarazioni dei funzionari degli Stati
Uniti circa la situazione ad al-Qusayr, Lavrov ha risposto: “Ci sono
diversi punti, cosa più importante è che abbiamo avvertito dei gravi
pericoli nell’internazionalizzare la crisi in Siria“. Lavrov ha
sottolineato che: “Centinaia, forse migliaia di uomini armati che
combattono l’esercito siriano sono di nazionalità di Paesi europei e
regionali, motivo per cui vi è maggiore importanza nel porre fine alla
crisi e creare le condizioni favorevoli per tenere la conferenza
internazionale sulla Siria“. Lavrov ha aggiunto che ci sono informazioni
su esperti e consiglieri stranieri che aiutano questi uomini armati,
anche a Qusayr. Alla domanda circa la condanna occidentale e da altri
Paesi delle operazioni dei militari siriani contro gli insorti a Qusayr,
Lavrov ha dichiarato che tali dichiarazioni sono ipocrite e ha ribadito
che: “Ogni ipocrisia riguardo il diritto internazionale umanitario per
distorcere l’immagine reale di al-Qusayr è impossibile… In linea di
principio, dobbiamo capire e decidere se vogliamo sostenere il processo
politico, nel qual caso tutti devono lavorare per lanciare il dialogo… o
vogliamo cambiare il regime“. Lavrov ha concluso le sue dichiarazioni
ribadendo che “ogni continuazione del sostegno militare dell’opposizione
non porterà a nulla ed è un vicolo cieco“. Anche l’inviato speciale del
presidente russo per il Medio Oriente, il viceministro degli Esteri
Mikhail Bogdanov, ha indicato l’aumentata assertività russa. Bogdanov ha
dichiarato che non ci dovrebbe essere spazio per forze radicali che
combattono sul territorio siriano in qualsiasi accordo futuro sulla
Siria. Bogdanov ha dichiarato ai media russi, anche a RT, che la Russia e
gli Stati Uniti continuano gli incontri a tutti i livelli per la
preparazione della conferenza di Ginevra 2, forse il 25 giugno, e che le
armi chimiche erano parte delle discussioni in corso.
Il confronto russo-occidentale sulla Siria s’intensifica mentre i
“ribelli” subiscono un sconfitta decisiva, e la Francia e il Regno Unito
utilizzano una propaganda sempre più disperata per giustificare
l’intervento militare o la continua sponsorizzazione del terrorismo. Un
nuovo, instabile equilibrio strategico in Medio Oriente emerge. Finché
non sarà assicurato, piccole scintille potrebbero innescare un disastro
regionale di proporzioni storiche.http://aurorasito.wordpress.com/?s=sarin+armi+chimiche
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