DI LUCIANO FUSCHINI
ilribelle.com
Nulla accade per caso, né nel micro delle nostre vite individuali né nel macro della grande politica. L’attacco fortissimo che Obama deve subire, proprio alla vigilia e durante il suo incontro col capo della Repubblica popolare cinese, ha senza dubbio una regìa e una finalità.
Se c’è una cosa di cui qualunque persona che abbia la percezione corretta della realtà in cui vive deve essere consapevole da tempo, è che le nuove tecnologie permettono ai poteri di intercettare e spiare miliardi di persone sul pianeta Terra. Lo sappiamo bene. Sappiamo da anni che Echelon era (o è?) un sistema che permette di intercettare le telefonate da tutto il mondo. Sappiamo da anni che nella Rete restano tracce che consentono di individuare tutti gli utenti. Sappiamo da anni che i social network hanno anche lo scopo di schedare chi ne fa uso.
Sospettavamo da anni che le stesse carte di credito possono essere fonte di informazione per chi usa gli strumenti di controllo in modo sofisticatissimo. Sappiamo da anni che leggi regolarmente approvate dal Congresso degli Stati Uniti autorizzano a violare la corrispondenza dei cittadini, americani e non, col pretesto della lotta al terrorismo.
Come mai tanto scalpore proprio adesso? E perché prendersela con Obama, quando un’altra cosa che dovrebbe essere di dominio pubblico è che egli non fa altro che continuare le prassi dei suoi predecessori? La campagna contro il Presidente è talmente forte che, dati certi precedenti nella storia politica americana, c’è da pensare che cresca a valanga e possa mettere in discussione la sua stessa legittimità a continuare a ricoprire la carica.
Allora la domanda che si impone è: chi e perché ha interesse a colpire il Presidente, forse a volerne le dimissioni?
La più dura opposizione venne al suo progetto di riforma del sistema sanitario. Quella riforma è passata durante la sua prima presidenza, ed è passata con emendamenti che l’hanno ridimensionata. Ora c’è la levata di scudi della lobby dei produttori di armi individuali, quelle che entrano in quasi ogni casa e che fin troppo spesso finiscono fra le mani di allucinati che sparano nel mucchio. Può un progetto di limitazione della vendita di armi ai cittadini provocare una tale campagna destabilizzante? Non sembra molto probabile. Viene il dubbio che si voglia colpire un Presidente troppo titubante nella politica internazionale.
Obama non è un pacifista. Lo dimostra l’uso spregiudicato di quel terribile e vile strumento di morte che sono i droni. Tuttavia l’intensificazione di questo sistema d’arma, già usato al tempo di Bush junior, sostituisce l’uso massiccio di truppe di terra e la politica dell’occupazione di territori. Obama volle che gli USA restassero defilati durante la crisi libica, anche se l’apporto tecnologico americano fu decisivo ai fini dell’efficienza dei bombardamenti franco-britannici.
Obama ha appoggiato le “primavere arabe”, i cui sviluppi probabilmente non sono graditi a settori importanti dell’ establishment americano e israeliano.
Su Siria e Iran tutto si può dire di Obama tranne che conduca una politica lineare e fortemente aggressiva. Sembra piuttosto la “tigre di carta” della famosa definizione di Mao. Probabilmente la cosa irrita molto la dirigenza israeliana, che si sa quanto sia influente negli USA.
Concludendo, l’ipotesi è inquietante: montare un grande scandalo per travolgere un Presidente troppo poco guerriero. Nel 2008 Obama fu letteralmente spinto fino alla presidenza dai poteri che avevano compreso quanto fosse stata disastrosa la direzione di Bush e come fosse necessario ridare prestigio e credibilità agli USA con un Presidente mezzo nero, democratico, in odore di pacifismo.
Ora, con l’approfondirsi di una crisi che potrebbe richiedere come unico sbocco possibile una nuova grande guerra, prima che la superiorità militare americana sia intaccata, qualcuno molto potente può avere pensato che la rielezione del debole Obama sia stata un errore.
A questa ipotesi si potrebbe obiettare che il tema su cui Obama è attaccato, è caro non ai settori guerrafondai della società americana, ma ai liberal, nel significato che questo termine ha nel mondo anglosassone. Infatti in prima fila fra gli accusatori del Presidente c’è il New York Times, tradizionale portavoce dell’America democratica e liberal. Però quel giornale è anche da sempre il più schierato con Israele, il riferimento di quel mondo ebraico che è tanta parte della metropoli americana. E sappiamo quanto lo stato maggiore di Israele sia irritato con la cautela obamiana verso Siria e Iran, nonché molto perplesso sulla scelta di appoggiare le “primavere arabe”.
Insomma, i contorni del disegno appaiono ancora incerti e sfumati, ma una cosa è evidente: si tratta di una campagna virulenta, destinata a crescere, con una posta in palio molto elevata. Sollevare tanto clamore per uno spionaggio largamente noto, non può essere casuale.
Luciano Fuschini
Fonte: www.ilribelle.com
Link: http://www.ilribelle.com/la-voce-del-ribelle/2013/6/10/obama-nel-mirino.html
ilribelle.com
Nulla accade per caso, né nel micro delle nostre vite individuali né nel macro della grande politica. L’attacco fortissimo che Obama deve subire, proprio alla vigilia e durante il suo incontro col capo della Repubblica popolare cinese, ha senza dubbio una regìa e una finalità.
Se c’è una cosa di cui qualunque persona che abbia la percezione corretta della realtà in cui vive deve essere consapevole da tempo, è che le nuove tecnologie permettono ai poteri di intercettare e spiare miliardi di persone sul pianeta Terra. Lo sappiamo bene. Sappiamo da anni che Echelon era (o è?) un sistema che permette di intercettare le telefonate da tutto il mondo. Sappiamo da anni che nella Rete restano tracce che consentono di individuare tutti gli utenti. Sappiamo da anni che i social network hanno anche lo scopo di schedare chi ne fa uso.
Sospettavamo da anni che le stesse carte di credito possono essere fonte di informazione per chi usa gli strumenti di controllo in modo sofisticatissimo. Sappiamo da anni che leggi regolarmente approvate dal Congresso degli Stati Uniti autorizzano a violare la corrispondenza dei cittadini, americani e non, col pretesto della lotta al terrorismo.
Come mai tanto scalpore proprio adesso? E perché prendersela con Obama, quando un’altra cosa che dovrebbe essere di dominio pubblico è che egli non fa altro che continuare le prassi dei suoi predecessori? La campagna contro il Presidente è talmente forte che, dati certi precedenti nella storia politica americana, c’è da pensare che cresca a valanga e possa mettere in discussione la sua stessa legittimità a continuare a ricoprire la carica.
Allora la domanda che si impone è: chi e perché ha interesse a colpire il Presidente, forse a volerne le dimissioni?
La più dura opposizione venne al suo progetto di riforma del sistema sanitario. Quella riforma è passata durante la sua prima presidenza, ed è passata con emendamenti che l’hanno ridimensionata. Ora c’è la levata di scudi della lobby dei produttori di armi individuali, quelle che entrano in quasi ogni casa e che fin troppo spesso finiscono fra le mani di allucinati che sparano nel mucchio. Può un progetto di limitazione della vendita di armi ai cittadini provocare una tale campagna destabilizzante? Non sembra molto probabile. Viene il dubbio che si voglia colpire un Presidente troppo titubante nella politica internazionale.
Obama non è un pacifista. Lo dimostra l’uso spregiudicato di quel terribile e vile strumento di morte che sono i droni. Tuttavia l’intensificazione di questo sistema d’arma, già usato al tempo di Bush junior, sostituisce l’uso massiccio di truppe di terra e la politica dell’occupazione di territori. Obama volle che gli USA restassero defilati durante la crisi libica, anche se l’apporto tecnologico americano fu decisivo ai fini dell’efficienza dei bombardamenti franco-britannici.
Obama ha appoggiato le “primavere arabe”, i cui sviluppi probabilmente non sono graditi a settori importanti dell’ establishment americano e israeliano.
Su Siria e Iran tutto si può dire di Obama tranne che conduca una politica lineare e fortemente aggressiva. Sembra piuttosto la “tigre di carta” della famosa definizione di Mao. Probabilmente la cosa irrita molto la dirigenza israeliana, che si sa quanto sia influente negli USA.
Concludendo, l’ipotesi è inquietante: montare un grande scandalo per travolgere un Presidente troppo poco guerriero. Nel 2008 Obama fu letteralmente spinto fino alla presidenza dai poteri che avevano compreso quanto fosse stata disastrosa la direzione di Bush e come fosse necessario ridare prestigio e credibilità agli USA con un Presidente mezzo nero, democratico, in odore di pacifismo.
Ora, con l’approfondirsi di una crisi che potrebbe richiedere come unico sbocco possibile una nuova grande guerra, prima che la superiorità militare americana sia intaccata, qualcuno molto potente può avere pensato che la rielezione del debole Obama sia stata un errore.
A questa ipotesi si potrebbe obiettare che il tema su cui Obama è attaccato, è caro non ai settori guerrafondai della società americana, ma ai liberal, nel significato che questo termine ha nel mondo anglosassone. Infatti in prima fila fra gli accusatori del Presidente c’è il New York Times, tradizionale portavoce dell’America democratica e liberal. Però quel giornale è anche da sempre il più schierato con Israele, il riferimento di quel mondo ebraico che è tanta parte della metropoli americana. E sappiamo quanto lo stato maggiore di Israele sia irritato con la cautela obamiana verso Siria e Iran, nonché molto perplesso sulla scelta di appoggiare le “primavere arabe”.
Insomma, i contorni del disegno appaiono ancora incerti e sfumati, ma una cosa è evidente: si tratta di una campagna virulenta, destinata a crescere, con una posta in palio molto elevata. Sollevare tanto clamore per uno spionaggio largamente noto, non può essere casuale.
Luciano Fuschini
Fonte: www.ilribelle.com
Link: http://www.ilribelle.com/la-voce-del-ribelle/2013/6/10/obama-nel-mirino.html
Nessun commento:
Posta un commento