venerdì 14 giugno 2013

SE CON I NOSTRI SOLDI DOBBIAMO REGGERE UN FARDELLO IMPOSSIBILE

di GIANLUCA MARCHI
Permettetemi di partire da un piccolo episodio privato per arrivare a una considerazione più generale. Qualche giorno fa, in piena luce, sono stato investito mentre in bicicletta percorrevo una via del centro di Milano. Viaggiavo sulla mia destra quando improvvisamente sono stato tamponato alle spalle da una vettura – il conducente ha detto di non avermi visto – e sono finito lungo e tirato per terra. 


 











 

A parte i danni al velocipede, il sottoscritto non ha riportato granché, salvo qualche sbucciatura di poco conto. Ci siamo accordati con l’investitore su una piccola cifra per la riparazione della bicicletta e poi arrivederci con tante scuse.
La sera, però, mi sono ritrovato col polso sinistro dolorante e quasi immobilizzato, così ho chiamato una mia amica vigilessa per capire se e cosa avrei potuto fare per denunciare il sinistro qualora si fosse palesata una frattura. Risposta: ti porto a un pronto soccorso dove vi sia anche il posto di polizia, così una volta accertato l’eventuale danno fisico, provvediamo a denunciarlo sulla base del referto.

 
E qui comincia l’odissea. Prima tappa il pronto soccorso del Fatebenefratelli, l’ospedale più vicino a casa mia. Espongo il problema e un infermiere molto cortese mi avvisa che la notte (o forse in particolare quella notte) non è in servizio l’ortopedico, per cui lastre e referti non possono essere eseguiti se non a partire dal mattino successivo. Con la mia amica decidiamo di spostarci  al Policlinico, ma lo stesso infermiere, udita la nostra intenzione, ci avverte che al Poli proprio non c’è il servizio notturno di ortopedia e che l’unica possibilità esistente in città è il Gaetano Pini.
Ci indirizziamo quindi verso l’ospedale in zona Porta Romana dove arriviamo verso le 22.30. Entrare in quel pronto soccorso e vedermi spalancare le porte di un bolgia dantesca è stata la stessa cosa. Due o tre ambulanze in coda nell’attesa di poter scaricare gli infortunati barellati, sessanta o settanta persone che affollavano ogni angolo disponibile, compresi quelli in piedi. Un buon ottanta per cento dei pazienti in attesa di essere assistiti era chiaramente extracomunitario. “Non ti sorprendere” mi sussurra l’amica vigilessa che ha passato anni sulle volanti, qui è tutti i giorni così. Io non penso di essere razzista, ma lì per lì mi son chiesto: “Di tutti i presenti in questa bolgia, quanti pagheranno effettivamente le tasse per contribuire a sostenere la sanità pubblica”? Poi, magari anche un po’ vergognandomi di tale pensiero, ho deciso di tornarmene a casa alla faccia del polso dolorante (che poi non s’è rivelato fratturato…).
Ora mi chiedo e lo chiedo ai signori che governano la Regione Lombardia: e questa sarebbe la tanto celebrata eccellenza della sanità lombarda, dove una città dalle pretese europee come Milano ha un solo presidio ortopedico funzionante la sera e la notte come pronto soccorso? Non voglio escludere, come non escludo, che la sanità lombarda abbia molte eccellenze e funzioni meglio che altrove. Ma ospedali e strutture della nostra regione sono costretti a tagliare sulle spese e sulle prestazioni a causa del fatto che in altre regioni italiane spendono e spandono a più non posso nonostante offrano una sanità da schifo. Perché io cittadino lombardo, che in media lo scorso anno ho versato a Roma e allo Stato circa 6 mila euro a fondo perduto, non mi devo trattenere qua i miei soldi e decidere di dotarmi della migliore sanità del mondo, anche di notte!, di abbassare le tasse alle imprese e magari, se proprio sono buono, di devolvere mille euro all’anno (circa 10 miliardi per tutta la regione) al resto del Paese come fondo di solidarietà possibilmente non eterno?
Non mi si venga però a raccontare ancora la favola che questi squilibri si potrebbero mettere a posto con i costi standard previsti dal cosiddetto federalismo fiscale. Teoricamente è vero che applicando i costi standard si risparmierebbe, ma li vedete voi certi andazzi consolidati rinsavire d’acchito? No, e poi anche se fosse non si dica che questo è federalismo, perché si raccontano puttanate: se la Regione Calabria vuole continuare a pagare una siringa qualche decina di volte più che al Nord e a versare per ogni pasto ospedaliero dieci volte quanto spende la Regione Veneto, lo faccia, nessuno glielo vieta, ma si pagasse questi sprechi coi soldi suoi e non con i miei, anzi con i nostri.
E aggiungo un’ultima considerazione: non è andando a Roma a chiedere, anzi a pietire, se il governo, di grazia, pensa di poter concedere alla Lombardia, al Veneto e al Piemonte di trattenersi il 75% delle loro tasse che si risolverà la situazione. Il governo romano se ne fotte di tale “gentile richiesta” per due evidenti motivi: 1) non può concedere nulla a nessuno, nemmeno un uno per mille, perché non ha più il becco di un quattrino, come dimostra la vicenda dell’Imu e dell’Iva; 2) della Lega se ne impippa perché a Roma il Carroccio conta come una beata fava. Con i governatori delle tre suddette Regioni la Lega aveva e ha una sola possibilità: ingaggiare un vero braccio di ferro con lo Stato, non andare ad elemosinare. Ma è difficile che lo faccia, anche perché il suo socio di maggioranza, cioè il Pdl, si è già affrettato a dire che dopo l’esito del voto amministrativo la “questione del Nord non è più prioritaria”. Quindi, meglio stare schisci per non mettere a rischio le cadreghe.

http://www.lindipendenza.com/se-con-i-nostri-soldi-dobbiamo-reggere-un-fardello-impossibile/

1 commento:

  1. Per questo sarebbe buono e giusto non pagare le tasse!! E dividerci, la divisione tra razze e mentalità e' l' unica soluzione!! Ogno persona deve chiarire che intenzioni ha!!

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