Mercoledì della scorsa settimana è morto per un incidente d’auto il noto costruttore romano Claudio Salini, titolare dell’omonima impresa di costruzioni e cugino cadetto dei Salini titolari della Salini-Impregili, grande impresa da sempre legata alla corrente andreottiana della Dc romana.
Il giovane imprenditore aveva appena acquistato una Porsche che stava collaudando sulla via Cristoforo Colombo a Roma. Dopo solo 3 kilometri è andato a schiantarsi contro un albero: andava a forte velocità e una cunetta lo ha fatto letteralmente volare contro l’albero che lo ha ucciso.
Sembra che l’uomo guidasse abitualmente a velocità molto alte e la Cristoforo Colombo è una strada killer tristemente nota per la sua pericolosità. Dunque la cosa è spiegabilissima.
Fino ad un certo punto, perché i carabinieri (anche su richiesta dei legali della famiglia) hanno aperto un fascicolo chiedendo di periziare i resti dell’auto per controllare se non ci siano state manomissioni ai freni, allo sterzo o altra parte del motore. Inoltre hanno effettuato accertamenti per scoprire se, nelle ore precedenti, l’industriale ha ricevuto telefonate e da chi. Sembra, infatti che il 16 pv, avrebbe dovuto presentarsi in tribunale per deporre contro tre casertani che aveva denunciato per tentata estorsione e sospettati di affiliazione camorristica. Sembra che Salini avesse tolto ad uno di loro un lavoro che aveva già concesso (sembra di capire in subappalto) per il polo museale di Bergamo e per il nuovo centro affari di Arezzo. Al che l’azienda casertana avrebbe richiesto un indennizzo di 1 milione ed 800 mila euro ed al rifiuto di Salini sarebbero seguite delle minacce.
In effetti, ripetiamo, alta velocità + Cristoforo Colombo sono una accoppiata micidiale, però è anche vero che l’ Italia è paese di strani incidenti d’auto, come quello che costò la vita al generale Ciglieri nel 1969 (anche in quella occasione, come nel rapimento Moro, scomparve una borsa), come quello di Adriano Romualdi (1973), come quello di Eugenio Dugoni, sindaco di Mantova (1964), quello di Giovanni Aricò (1970) che stava indagando sulla strage di Freccia del Sud, quello di Giorgio Tedoldi, capo della base aeronautica di Grosseto, morto due mesi dopo la tragedia di Ustica su cui aveva da raccontare, come quello del Pm napoletano Federico Bisceglia, per restare ai nostri giorni (febbraio 2015) e tanti altri che non stiamo a ricordare. Insomma, in Italia le strade sono pericolose, tanto che a volte questi incidenti succedono anche ad italiani all’estero come Gianni Nardi in Spagna (1976).
Certo resta da capire come mai Salini aveva concesso e poi revocato quei lavori a Bergamo ed Arezzo. Arezzo, Arezzo… cosa mi ricorda Arezzo?
Ah si: la Banca dell’Etruria, di cui, peraltro, Salini era membro del Consiglio di Amministrazione. A proposito –e cambiando argomento- avete notato che non se ne parla più da mesi? In Italia ci sono inchieste che sprofondano nel nulla.
Aldo Giannuli
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