Davvero avete bisogno che ve lo dica? Dovrei stamparlo su una maglietta? Tatuarmelo in fronte? Gridarlo servirebbe a qualcosa? NOT IN MY NAME! Ecco fatto. È cambiato qualcosa?
Se sì, perché c'è chi continua a guardarmi storto per strada? Perché mi viene chiesto “cosa ne penso delle stragi di Parigi”? Penso esattamente quello che pensate tutti voi, perché tra me e voi non c'è alcuna differenza. I terroristi vogliono farci credere che c'è, ma non è così. Non ci cascate. Non gliela date vinta.
L'Islam e il terrorismo sono due cose separate. Il giorno che questa affermazione sarà ovvia per tutti, forse, sarà cambiato qualcosa. Il fatto che io debba ribadire una simile banalità non è giusto.
Mentre coprivo la diretta su quello che stava succedendo a Parigi, all'improvviso sono stata sopraffatta dal terrore. In parte era dovuto a ciò che stava accadendo, ed era lo stesso terrore che stavate provando anche voi. Quel terrore all'ombra del quale vive l'Europa da quando la guerra si è spostata all'interno dei suoi confini. Da quando si è accorta che i terroristi sono già qui, tra noi.
In parte, però, era anche il terrore delle conseguenze che tutto questo inevitabilmente avrà, e già sta avendo, sulla società in cui viviamo e su quelli come me: i giovani musulmani europei.
Dico musulmani “europei” perché è una cosa che esiste. Noi siamo reali, esistiamo. Sono musulmana e sono italiana, è possibile. Non vengo da chissà dove. Vengo da Roma, e il mio credo non ha nulla a che vedere con la mia nazionalità.
La notte del 13 novembre quasi non ho dormito per l'ansia. Come spiegherò che non è colpa mia? Che questo non è l'Islam? Che non credo nelle stesse cose in cui credono questi terroristi? Che gli assassini non hanno religione?
Un musulmano non può condannare gli eventi e basta. Non può semplicemente cambiare la foto profilo con una in cui compare la bandiera francese. Non può twittare #PrayingForParis, no. Deve scrivere#NotInMyName. Deve giustificarsi. Deve spiegare la differenza tra musulmano e fanatico 100 volte al giorno.
Il mio cellulare non ha smesso di vibrare da quella sera. C'è chi mi ha mandato un messaggio, chi ha telefonato e anche chi si è presentato sotto casa. Perché? Per dirmi che mi vuole bene. Per dirmi che sa che io con quei pazzi fanatici che hanno massacrato quasi 130 persone a Parigi la sera del 13 novembre non c'entro niente. Vero, ma è ovvio che c'è un errore nel sistema se hanno tutti sentito il bisogno di dirmelo.
Nel mio mondo ideale questa cosa sarà così scontata che nessuno mai dovrà ribadirla. Io non sarò costretta a dover espiare i peccati altrui, ma soltanto i miei. Anche perché gli “altri” di cui parliamo, i fanatici, sono solo l'1 per cento circa degli 1,6 miliardi di musulmani nel mondo.
L'Isis ha sete di nuove reclute, ha bisogno di attirare a sé altri disadattati, altri individui confusi ed emarginati. Vuole aumentare quella minuscola percentuale, ma noi possiamo fermarli.
La strage di Parigi è quello di cui avevano bisogno l'estrema destra, gli xenofobi, gli islamofobi e le Oriana Fallaci di turno. Si possono aggrappare a questa tragedia, strumentalizzarla e mancarle di rispetto usandola per predicare le loro idee piene di odio, per promuovere l'idea di un NOI e un VOI che non esistono. Queste persone non sono tanto diverse dai terroristi che hanno compiuto gli attacchi a Parigi, anzi, in parte è anche loro la colpa di ciò che è avvenuto.
Un account Twitter dell'Isis ha infatti condiviso la prima pagina dell'edizione di Libero del giorno dopo l'attentato di Parigi, con il titolo “Bastardi Islamici”, per reclutare altri combattenti e promuovere sentimenti "anti-occidente".
“Musulmani occidentali, guardate cosa pensano di voi. Guardate come vi trattano. Non meritate questo, venite da noi...”
E così, proprio dalla nostra terra, è partita l'ennesima propaganda del sedicente Stato islamico, composto in gran parte proprio da combattenti europei. Noi stessi, con un titolo del genere, abbiamo gettato le basi per chissà quanti altri massacri.
Il vero schiaffo in faccia all'Isis sarebbe mostrare solidarietà. Restare uniti. Dirgli che sappiamo che l'Islam non è quello che loro sostengono. Che musulmani, ebrei, cristiani, buddisti, siamo tutti uniti contro di loro, che sono l'unico vero nemico dell'occidente e del mondo.
Sentiamo sempre il bisogno di dare la colpa a qualcuno o qualcosa per poter sfogare la nostra rabbia e certo non aiuta che questi fanatici si autodichiarano musulmani, ma basterebbe leggere l'ABC dell'Islam per capire che di musulmano hanno ben poco.
Non lasciate che la paura e la rabbia vi rendano ciechi. Sfoghiamo la nostra frustrazione in altri modi, indirizziamola alle persone giuste, ai terroristi, agli assassini, ai fomentatori dell'odio, agli islamofobi, ai fanatici, agli estremisti religiosi o politici che siano, ai razzisti.
Restiamo uniti. Restiamo umani.
Se sì, perché c'è chi continua a guardarmi storto per strada? Perché mi viene chiesto “cosa ne penso delle stragi di Parigi”? Penso esattamente quello che pensate tutti voi, perché tra me e voi non c'è alcuna differenza. I terroristi vogliono farci credere che c'è, ma non è così. Non ci cascate. Non gliela date vinta.
L'Islam e il terrorismo sono due cose separate. Il giorno che questa affermazione sarà ovvia per tutti, forse, sarà cambiato qualcosa. Il fatto che io debba ribadire una simile banalità non è giusto.
Mentre coprivo la diretta su quello che stava succedendo a Parigi, all'improvviso sono stata sopraffatta dal terrore. In parte era dovuto a ciò che stava accadendo, ed era lo stesso terrore che stavate provando anche voi. Quel terrore all'ombra del quale vive l'Europa da quando la guerra si è spostata all'interno dei suoi confini. Da quando si è accorta che i terroristi sono già qui, tra noi.
In parte, però, era anche il terrore delle conseguenze che tutto questo inevitabilmente avrà, e già sta avendo, sulla società in cui viviamo e su quelli come me: i giovani musulmani europei.
Dico musulmani “europei” perché è una cosa che esiste. Noi siamo reali, esistiamo. Sono musulmana e sono italiana, è possibile. Non vengo da chissà dove. Vengo da Roma, e il mio credo non ha nulla a che vedere con la mia nazionalità.
La notte del 13 novembre quasi non ho dormito per l'ansia. Come spiegherò che non è colpa mia? Che questo non è l'Islam? Che non credo nelle stesse cose in cui credono questi terroristi? Che gli assassini non hanno religione?
Un musulmano non può condannare gli eventi e basta. Non può semplicemente cambiare la foto profilo con una in cui compare la bandiera francese. Non può twittare #PrayingForParis, no. Deve scrivere#NotInMyName. Deve giustificarsi. Deve spiegare la differenza tra musulmano e fanatico 100 volte al giorno.
Il mio cellulare non ha smesso di vibrare da quella sera. C'è chi mi ha mandato un messaggio, chi ha telefonato e anche chi si è presentato sotto casa. Perché? Per dirmi che mi vuole bene. Per dirmi che sa che io con quei pazzi fanatici che hanno massacrato quasi 130 persone a Parigi la sera del 13 novembre non c'entro niente. Vero, ma è ovvio che c'è un errore nel sistema se hanno tutti sentito il bisogno di dirmelo.
Nel mio mondo ideale questa cosa sarà così scontata che nessuno mai dovrà ribadirla. Io non sarò costretta a dover espiare i peccati altrui, ma soltanto i miei. Anche perché gli “altri” di cui parliamo, i fanatici, sono solo l'1 per cento circa degli 1,6 miliardi di musulmani nel mondo.
L'Isis ha sete di nuove reclute, ha bisogno di attirare a sé altri disadattati, altri individui confusi ed emarginati. Vuole aumentare quella minuscola percentuale, ma noi possiamo fermarli.
La strage di Parigi è quello di cui avevano bisogno l'estrema destra, gli xenofobi, gli islamofobi e le Oriana Fallaci di turno. Si possono aggrappare a questa tragedia, strumentalizzarla e mancarle di rispetto usandola per predicare le loro idee piene di odio, per promuovere l'idea di un NOI e un VOI che non esistono. Queste persone non sono tanto diverse dai terroristi che hanno compiuto gli attacchi a Parigi, anzi, in parte è anche loro la colpa di ciò che è avvenuto.
Un account Twitter dell'Isis ha infatti condiviso la prima pagina dell'edizione di Libero del giorno dopo l'attentato di Parigi, con il titolo “Bastardi Islamici”, per reclutare altri combattenti e promuovere sentimenti "anti-occidente".
“Musulmani occidentali, guardate cosa pensano di voi. Guardate come vi trattano. Non meritate questo, venite da noi...”
E così, proprio dalla nostra terra, è partita l'ennesima propaganda del sedicente Stato islamico, composto in gran parte proprio da combattenti europei. Noi stessi, con un titolo del genere, abbiamo gettato le basi per chissà quanti altri massacri.
Il vero schiaffo in faccia all'Isis sarebbe mostrare solidarietà. Restare uniti. Dirgli che sappiamo che l'Islam non è quello che loro sostengono. Che musulmani, ebrei, cristiani, buddisti, siamo tutti uniti contro di loro, che sono l'unico vero nemico dell'occidente e del mondo.
Sentiamo sempre il bisogno di dare la colpa a qualcuno o qualcosa per poter sfogare la nostra rabbia e certo non aiuta che questi fanatici si autodichiarano musulmani, ma basterebbe leggere l'ABC dell'Islam per capire che di musulmano hanno ben poco.
Non lasciate che la paura e la rabbia vi rendano ciechi. Sfoghiamo la nostra frustrazione in altri modi, indirizziamola alle persone giuste, ai terroristi, agli assassini, ai fomentatori dell'odio, agli islamofobi, ai fanatici, agli estremisti religiosi o politici che siano, ai razzisti.
Restiamo uniti. Restiamo umani.
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