DI FEDERICO DEZZANI
“Turkey, like every country, has the right to defend its territory and its airspace” dice il sempre evanescente Barack Obama, sottolineando che non ha dettagli aggiuntivi da fornire circa l’abbattimento del SU-24 russo. Anche il segretario della NATO, il norvegese Jens Stoltenberg, ammette candidamente che tutte le informazioni di cui dispone l’Alleanza nord atlantica sono di provenienza turca ed il portavoce americano dell’operazione Inherent Resolve, colonnello Steve Warren, sposa senza esitazioni la tesi turca “dell’incursione russa”: l’intera apparato militare occidentale, incredibilmente, sembra dipendere da Ankara.
Sorge quindi il dubbio: la Turchia ha agito sicura della protezione della NATO e magari su istigazione della medesima?
Secondo i russi, il bombardiere Su-24 al momento dell’abbattimento per mano di un F-16 turco volava in territorio siriano, ad un chilometro dal confine e la dinamica è più che plausibile considerato che già nel marzo del 2014 Ankara si era arrogata il diritto di abbattere un MiG di Damasco senza che questo sconfinasse. Il caccia turco non avrebbe inoltre proceduto con la consueta prassi di instaurare un contatto visivo e/o radio con il velivolo “intruso”, scortandolo fuori dallo spazio aereo di competenza anziché abbatterlo.
Cosa ha indotto il presidente Recep Erdogan ad avventurarsi su un terreno così insidioso? Tre sono probabilmente le ragioni:
la recente distruzione sotto le bombe russe di quasi un migliaio di camion cisterna e dei campi petroliferi nei pressi di Raqqa, ha danneggiato irrimediabilmente la capacità di Ankara di approvvigionarsi di greggio a buon mercato, traffico due volte illegale perché a sostegno dell’ISIS ed in violazione dell’embargo petrolifero;
la progressiva avanzata dell’Esercito Arabo Siriano verso nord, aumenta quotidianamente la pressione sui ribelli turcofoni armati e finanziati da Ankara:
l’abbattimento del SU-24 di oggi vanifica gli sforzi tattici di Vladimir Putin di ristabilire normali rapporti diplomatici ed economici con l’Europa sull’onda della strage di Parigi del 13/11, formalmente perpetrata dall’ISIS.
La giornata di oggi segna poi un altro salto di qualità nella guerra per procura tra russi ed angloamericani in Siria: uno degli elicotteri MI-8 impegnati nella ricerca del SU-24 abbattuto sarebbe stato infatti colpito da un missile anticarro BGM-71 TOW di fabbricazione americana, recentemente fornito ai ribelli di Al-Nusra e dell’ISIS attraverso canali sauditi. Il ministero della Difesa russa però nega il fatto affermando che l’elicottero in questione, danneggiato da armi leggere, è atterrato in territorio neutrale.
Vladimir Putin, ospite del re di Giordania (l’abbattimento del SU-24 mira anche a sabotare il lavorio diplomatico di Mosca sul dossier siriano), ha definito la mossa di Ankara “una pugnalata alla schiena”ed ha stigmatizzato il comportamento della Turchia che, anziché mettersi in contatto con Mosca dopo l’accaduto, si è rivolta immediatamente agli alleati occidentali: “Erdogan vuole dunque che la Nato si metta al servizio dello Stato islamico?” chiede ironico il presidente russo.
Le “serie ripercussioni” minacciate da Putin non si sono fatte comunque attendere: i bombardieri russi in missione saranno d’ora in avanti scortati da caccia, a largo di Laodicea stazionerà l’incrociatore Moskva equipaggiato con i letali missili terra-aria S-300 ed ogni contatto militare con Ankara è da oggi sospeso. Sostanzialmente, al primo sconfinamento od aggressione di un velivolo turco, Mosca si arroga il diritto di neutralizzare la minaccia.
Se si ripetesse la stessa dinamica di oggi, Ankara avrebbe diritto di invocare l’articolo 4 dell’Alleanza nord atlantica (le Parti si consulteranno quando, secondo il giudizio di una di esse, ritengano che l’integrità territoriale, l’indipendenza politica o la sicurezza di una di esse siano minacciate)convincendo gli alleati, o perlomeno gli angloamericani, al rispetto dell’articolo 5?
Questo recita:
“Le Parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse, in Europa o nell’America settentrionale, costituirà un attacco verso tutte, e di conseguenza convengono che se tale attacco dovesse verificarsi, ognuna di esse, nell’esercizio del diritto di legittima difesa individuale o collettiva riconosciuto dall’art.51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate, intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’impiego della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale.”
Se così fosse, la prossima aggressione turca, seguita da una risposta russa, implicherebbe l’inizio delle ostilità tra la NATO e la Russia, con un probabile, rapido, coinvolgimento di Iran e Cina.
Anche sugli altri fronti la tensione sale inesorabile:
dopo il sabotaggio dei tralicci elettrici che riforniscono la Crimea, Mosca ha oggi bloccato irifornimenti di gas all’Ucraina e valuta di fare altrettanto per il carbone;
in Nord Africa procede la destabilizzazione di Egitto e Tunisia con attentati dinamitardi targati ISIS che hanno indotto oggi le autorità tunisine a proclamare trenta giorni di stato d’emergenza.
Man mano che il sistema euro-atlantico affonda, si avvinghia alla comunità internazionale per trascinarla con sé nell’abisso.
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