A distanza di un giorno dalla strage, brancoliamo nel buio più totale: non sappiamo quanti uomini hanno partecipato alla mattanza, di conseguenza non sappiamo quanti siano riusciti a sottrarsi alla cattura, nelle mani ci restano solo otto cadaveri con i loro passaporti, non siamo sicuri della genuinità della rivendicazione, non sappiamo nella sua presenza di un reticolo di solidarietà in loco che può aver assistito i “terroristi in trasferta”, non sappiamo se c’erano altri obiettivi mancati…
Insomma, quello che sappiamo sono le notizie regalateci dagli assassini attraverso i cadaveri e la rivendicazione (posto che sia vera). A proposito, io questi terroristi, che vanno a fare attentati con il passaporto in tasca, non li ho mai visti prima. Sembra quasi che vogliano farci sapere che è inutile una difesa interna, perché è inefficace di fronte all’arrivo di “operativi” che piovono dai più diversi paesi per fare l’attentato. Oppure i passaporti hanno una funzione depistante, in ogni caso, un aspetto di guerra piscologica.
Quindi ci tocca ragionare sui pochi dati che trapelano con fatica e la sensazione è che i servizi francesi non ne sappiano più di quel che dicono, cioè poco più di zero.
Partiamo da una cosa: quanti sono stati gli attentatori? Abbiamo avuto sette azioni in punti diversi anche se relativamente vicini (comunque non proprio e non sempre poche decine di metri) non mi convince che ad operare siano state tre cellule che si sono spostate, un po’ per la sincronia dei vari episodi, un po’ perché una operazione di questa importanza richiede una certa sicurezza di esecuzione: c’è un elevato rischio che la cellula impiegata per una azione poi si imbatta in un’auto della polizia prima di poter passare alla seconda operazione o che magari ci siano altri imprevisti. Insomma, può anche darsi che uno o due gruppi possano aver fatto fuoco un paio di volte, ma il quadro complessivo non cambia.
Soprattutto non convince l’ipotesi di tre piccoli gruppi che fanno gli attentati minori per poi confluire al Bataclan: non ha razionalità pensare che prima si facciano gli attentati minori, giocandosi l’effetto sorpresa e poi si vada a fare quelli maggiori. Troppe azioni in troppo poco tempo e con distanze di qualche entità, oltre che troppi rischi d’essere intercettati in corsa.
Poi l’azione del teatro Bataclan ha richiesto sicuramente un folto gruppo (voci incontrollate sul web parlano di 9 persone, dato di cui non possiamo affatto essere sicuri, ma che non appare irrealistica) ed anche quella allo stadio ha richiesto più dei tre attentatoti che si sono fatti esplodere. Se la polizia francese dice che gli unici attentatori sono quelli morti lo dice solo per giustificare la sua totale inefficienza nella mancata cattura anche di un solo terrorista.
Quindi una stima media di 4-5 uomini per azione non è affatto esagerata e dunque siamo intorno alla trentina. Se poi fossero 25 o 40 non è che cambi molto: si tratta pur sempre di molto di più di un attentato di “lupi solitari”. E’ una macrocellula cui dobbiamo sommare alla più che probabile presenza di gruppi d’appoggio. Ad esempio: sino a questo momento (sono le 17 di sabato) non si parla di arrestati e tutto lascia pensare che, quantomeno nell’immediatezza dell’azione non ve ne siano stati. Quindi, qualche decina di terroristi è riuscito a fuggire; cosa piuttosto complicata, soprattutto per persone giunte da fuori, se non si abbiano complici locali, magari con potenti moto, pronti a sostenere la fuga.
Inoltre, è ragionevole che non siano andati a dormire in albergo, ma siano ospiti in covi di elementi locali. Dunque, fare una stima prudenziale di un apparato di 70-80 persone non è esagerato, anzi è probabile che sia una stima per difetto. Ed anche qui: se alla fine si trattasse complessivamente di 58 persone o di 112 il dato non cambierebbe di significato: siamo di fronte ad una formazione terroristica di tutto rispetto, che è del tutto sfuggita all’attenzione dell’intelligence francese.
E non cambia neppure il giudizio sul fatto che siamo entrati in una fase diversa della jihad: dagli attentati mirati alle azioni di commando e di guerriglia urbana. A questo proposito leggo ed ascolto commenti che fanno improbabili analogie con il terrorismo italiano degli anni settanta o con la strategia della tensione. Per quanto riguarda la prima similitudine, va detto che le proporzioni sono diverse e non solo perché le Br non hanno mai eseguito una operazione così vasta e complessa, né mai ucciso indiscriminatamente oltre cento persone e neppure fatto riscorso ad attentati suicidi, ma perché il terrorismo internazionale è ben altra cosa del terrorismo di casa nostra. Qui il gioco è molto più complesso e pesante.
L’unica analogia interessante è che anche le Br, in un caso, fecero uso di un fucile a pompa (caso Varisco). Quanto alla strategia della tensione il parallelo non mi persuade affatto: non si capirebbe la logica politica di una azione del genere che destabilizza il sistema francese, piuttosto che stabilizzarlo e manca il più elementare e flebile indizio che vada in questo senso. Anzi, il tentativo di minimizzare l’azione, parlando di pochi attentatori va in senso opposto a quel che vorrebbe una strategia della tensione. Poi, come al solito, la versione ufficiale conterrà una serie di bufale, ci saranno toppe peggiori del buco, verranno fuori avvisi ignorati, eccetera: già ce lo aspettiamo, ma questo non significa che i servizi francesi siano i responsabili dell’accaduto. E’ una ipotesi che non sta in piedi.
Qualcuno guarda oltre atlantico, verso la Casa Bianca e Langley. Anche questa ipotesi non mi convince, ma ne diremo meglio domani.
Aldo Giannuli
Insomma, quello che sappiamo sono le notizie regalateci dagli assassini attraverso i cadaveri e la rivendicazione (posto che sia vera). A proposito, io questi terroristi, che vanno a fare attentati con il passaporto in tasca, non li ho mai visti prima. Sembra quasi che vogliano farci sapere che è inutile una difesa interna, perché è inefficace di fronte all’arrivo di “operativi” che piovono dai più diversi paesi per fare l’attentato. Oppure i passaporti hanno una funzione depistante, in ogni caso, un aspetto di guerra piscologica.
Quindi ci tocca ragionare sui pochi dati che trapelano con fatica e la sensazione è che i servizi francesi non ne sappiano più di quel che dicono, cioè poco più di zero.
Partiamo da una cosa: quanti sono stati gli attentatori? Abbiamo avuto sette azioni in punti diversi anche se relativamente vicini (comunque non proprio e non sempre poche decine di metri) non mi convince che ad operare siano state tre cellule che si sono spostate, un po’ per la sincronia dei vari episodi, un po’ perché una operazione di questa importanza richiede una certa sicurezza di esecuzione: c’è un elevato rischio che la cellula impiegata per una azione poi si imbatta in un’auto della polizia prima di poter passare alla seconda operazione o che magari ci siano altri imprevisti. Insomma, può anche darsi che uno o due gruppi possano aver fatto fuoco un paio di volte, ma il quadro complessivo non cambia.
Soprattutto non convince l’ipotesi di tre piccoli gruppi che fanno gli attentati minori per poi confluire al Bataclan: non ha razionalità pensare che prima si facciano gli attentati minori, giocandosi l’effetto sorpresa e poi si vada a fare quelli maggiori. Troppe azioni in troppo poco tempo e con distanze di qualche entità, oltre che troppi rischi d’essere intercettati in corsa.
Poi l’azione del teatro Bataclan ha richiesto sicuramente un folto gruppo (voci incontrollate sul web parlano di 9 persone, dato di cui non possiamo affatto essere sicuri, ma che non appare irrealistica) ed anche quella allo stadio ha richiesto più dei tre attentatoti che si sono fatti esplodere. Se la polizia francese dice che gli unici attentatori sono quelli morti lo dice solo per giustificare la sua totale inefficienza nella mancata cattura anche di un solo terrorista.
Quindi una stima media di 4-5 uomini per azione non è affatto esagerata e dunque siamo intorno alla trentina. Se poi fossero 25 o 40 non è che cambi molto: si tratta pur sempre di molto di più di un attentato di “lupi solitari”. E’ una macrocellula cui dobbiamo sommare alla più che probabile presenza di gruppi d’appoggio. Ad esempio: sino a questo momento (sono le 17 di sabato) non si parla di arrestati e tutto lascia pensare che, quantomeno nell’immediatezza dell’azione non ve ne siano stati. Quindi, qualche decina di terroristi è riuscito a fuggire; cosa piuttosto complicata, soprattutto per persone giunte da fuori, se non si abbiano complici locali, magari con potenti moto, pronti a sostenere la fuga.
Inoltre, è ragionevole che non siano andati a dormire in albergo, ma siano ospiti in covi di elementi locali. Dunque, fare una stima prudenziale di un apparato di 70-80 persone non è esagerato, anzi è probabile che sia una stima per difetto. Ed anche qui: se alla fine si trattasse complessivamente di 58 persone o di 112 il dato non cambierebbe di significato: siamo di fronte ad una formazione terroristica di tutto rispetto, che è del tutto sfuggita all’attenzione dell’intelligence francese.
E non cambia neppure il giudizio sul fatto che siamo entrati in una fase diversa della jihad: dagli attentati mirati alle azioni di commando e di guerriglia urbana. A questo proposito leggo ed ascolto commenti che fanno improbabili analogie con il terrorismo italiano degli anni settanta o con la strategia della tensione. Per quanto riguarda la prima similitudine, va detto che le proporzioni sono diverse e non solo perché le Br non hanno mai eseguito una operazione così vasta e complessa, né mai ucciso indiscriminatamente oltre cento persone e neppure fatto riscorso ad attentati suicidi, ma perché il terrorismo internazionale è ben altra cosa del terrorismo di casa nostra. Qui il gioco è molto più complesso e pesante.
L’unica analogia interessante è che anche le Br, in un caso, fecero uso di un fucile a pompa (caso Varisco). Quanto alla strategia della tensione il parallelo non mi persuade affatto: non si capirebbe la logica politica di una azione del genere che destabilizza il sistema francese, piuttosto che stabilizzarlo e manca il più elementare e flebile indizio che vada in questo senso. Anzi, il tentativo di minimizzare l’azione, parlando di pochi attentatori va in senso opposto a quel che vorrebbe una strategia della tensione. Poi, come al solito, la versione ufficiale conterrà una serie di bufale, ci saranno toppe peggiori del buco, verranno fuori avvisi ignorati, eccetera: già ce lo aspettiamo, ma questo non significa che i servizi francesi siano i responsabili dell’accaduto. E’ una ipotesi che non sta in piedi.
Qualcuno guarda oltre atlantico, verso la Casa Bianca e Langley. Anche questa ipotesi non mi convince, ma ne diremo meglio domani.
Aldo Giannuli
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