Amnesty International, guidata fino a poco tempo fa da Suzanne Nossel, lobby ebraica e braccio destro della stragista Hillary Clinton quando era segretario di Stato, organizzava golpe in Honduras e andava in orgasmo sul linciaggio di Gheddafi, ha diffuso un rapporto-bomba in effetti bomba-petardo, in cui accusa la Russia di aver ucciso con bombe e missili 600 civili, di cui i soliti immancabili 150 bambini. E di aver impiegato bombe a grappolo. Un sito semiclandestino, “Pressenza”, house organ del Partito Umanista (vedi anche alla voce “Olivier Turquet”), dei cui tentativi di infiltrarsi nei movimenti pacifisti e di opposizione radicale siamo tutti consapevoli da anni, lo rilancia sotto il titolo “Vergognoso silenzio della Russia suille vittime civili degli attacchi in Siria”. Si tratta di vocina in falsetto che tenta di trascinare boccaloni della sinistra e dei movimenti nonviolenti nel coro dei tenori della russofobia che si esprimono sui grandi media. Il ministro della difesa russo ha già esaurientemente controbattuto alla calunnia dell’agenzia imperialista per i diritti umani, fornendo tutte le prove della menzogna. Menzogna, del resto, fondata su basi grottesche: anonime tetimonianze telefonate dalla Siria! Disintegrano le balle di Amnesty le immagini setallitari regolarmente fornite alla stampa dai comandi russi; la presenza di giornalisti internazionali alla base russa di Hmeymim, che non hanno mai visto caricare una bomba a grappolo; il dato che su alcune zone dalle quali sarebbero arrivate le denunce non si è mai verificato un bombardamento; l’altro dato delle perdite inflitte all’Isis dall’intervento russo (dopo un anno di bombardamenti a vuoto occidentali), documentate alla stampa in briefing quotidiani, che rispondono all’affermazione di Amnesty secondo cui i russi trascurerebbero di colpire l’Isis perché preferiscono ammazzare donne e bambini. Amnesty supera il ridicolo quando, incurante dei rovesci Isis in Siria e Iraq, facilitati dalle incursioni russe, afferma che solo 391 delle 4.198 operazioni dell’aviazione russa avrebbero colpito obiettivi Isis. Ma più convincenti sono le coincidenze. Ogni volta che, a dispetto degli occultamenti mediatici, traspare qualcuno degli infiniti crimini di guerra occidentali, si scatenano, con accuse ai russi, Amnesty e compari. La storia delle bombe a grappolo russe esce immediatametne dopochè l’impiego di tali armi probite da parte della coalizione a guida saudita è stato documentato in Yemen e dopochè un po’ di mondo si è indignato per la distruzione Usa della centrale elettrica che riforniva l’intera provincia di Aleppo (crimine contro l’umanità). Un’altra ondata si era scatenata dopo che la gente era rimasta agghiacciata di fronte alla distruzione Usa a Kunduz dell’ospedale di Medici Senza Frontiere (oltre 40 morti). Depistaggio su “vittime civili dei russi” anche dopo che s’era saputo che aerei Usa avevano disintegrato 50 soldati iracheni in avanzata verso Fallujah e un numero analogo di militari siriani all’offensiva contro Raqqa. Per neutralizzare l’effetto che fanno queste “imprecisioni” statunitensi, Amnesty attribuisce ai suoi “testimoni telefonici” la rivelazione dei bombardamenti russi sugli ospedali di ben sei località: Sarmin, Alays, Al Hader, Khan Tuman, Al Zerba e Latamna. Peccato che di ospedali, tranne che a Sarmin, non ce n’è nessuno in queste località. Prendere per buone e imparziali le denunce di Amnesty, come della consorella in Sion, Human Rights Watch, è come accreditare l’immagine di un cristianesimo nei millenni misericordioso, o di un Goebbels, campione di deontologia della comunicazione. Di questa ditta della manipolazaione ai fini di dominio imperiale ricordiamo gli sforzi per screditare le rivelazioni di Wikileaks e di Edward Snowden; l’affermazione che l’Iran procedeva con un programma di bombe nucleari; le ripetute “rivelazioni” sugli orrori dela Corea del Nord, con il crollo del suo sistema sanitario (colpito dalle sanzioni Usa); la critica alle aggressioni militari Usa limitatamente alla loro conformità con le leggi di guerra e mai per la violazione del diritto internazionale: l’invocazione di un embargo delle armi al solo governo siriano e non ai terroristi; la denuncia di alcune violazioni dei diritti umani in Sudafrica, ma mai della stessa apartheid; la cecità, la sordità e il mutismo sui nazisti al potere in Ucraina e sui loro mallevadori Usa. Eccetera, eccetera, eccetera. Gli ostinati annidati nel “manifesto” e in “Pressenza” che insistono a citare Amnesty quando, una volta su 20, si concede una critica alla parte per la quale manifestamente agisce, avrebbero dovuto tacersi una volta per tutte allorchè l’organizzazione per i diritti umani fece rabbrividire il mondo diffondendo il rapporto di quella brava donna di Bengasi che, all’inizio dell’aggressione alla Libia, denunciava almeno 2000 stupri ad opera delle truppe gheddafiane. Qualcuno, dopo un po’, si prese la briga di andare a vedere. Il rapporto non si trovava più e l’autrice non aveva più gli indirizzi delle donne interrogate. Non se ne ricordava di neanche una. Intanto la guerra aveva disfatto la Libia.. Eppure c’era stato un precedente di Amnesty e HRW ancora più vincente. Per buttare giù Saddam ed eliminare dalla geografia, dalla storia e dalla vita l’Iraq, ci voleva il colpo grosso. A Kuweit occupata dalla soldataglia subumana di Baghdad, mostri in divisa strappavano neonati dalle incubatrici e li frantumavano scagliandoli a terra. Lo raccontava a Kuweit, tra le lacrime, un’infermiera di quell’ospedale. Solo che quell’ospedale era stato costruito in una sala dell’ambasciata del Kuweit a Washington e l’infermiera sconvolta era la figlia dell’ambasciatore. Scenografi, operatori e regista sotto contratto della “Hill&Knowton”, agenzia di pubbliche relazioni al servizio delle operazioni sporche della Cia. Ma, intanto, la guerra del Golfo, Tempesta nel Deserto”, poteva partire. Con il consenso di un’opinione pubblica tanto atterrita, quanto decerebrata. Vogliamo suggerire un intervento umanitario ad Amnesty? Hai visto mai. Ana Montes (vedi citazione in testa - qui: “La prigione è uno degli ultimi luoghi in cui avrei scelto di finire. Ma ci sono cose nella vita per cui vale la pena andare in prigione” -Ana Montes, cubana, prigioniera di coscienza ignota ad Amnesty International) è una patriota cubana condannata negli Usa a un quarto di secolo di prigione per aver rivelato al governo di Fidel strutture di spionaggio e sabotaggio che Washington aveva installato a Cuba. Curiosamente, Cuba non vi si è mai impegnata, come invece ha fatto con los Cincos. L’hanno definita “la più importante spia mai apparsa negli Stati Uniti”. In realtà, è solo uno di quei “prigionieri di coscienza”, tra i tanti che Amnesty sostiene… in Cina, in Russia, in Venezuela, nella Serbia di Milosevic, in Egitto, perfino a volte in Arabia Saudita (tanto si sa). Una prigioniera di coscienza che Amnesty non ha mai neppure sfiorato. L’Amnesty degli utili idioti e degli amici del giaguaro. Buon anno. Fulvio Grimaldi Fonte: http://fulviogrimaldi.blogspot.it |
domenica 27 dicembre 2015
AMNESTY
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