Fra gli starnazzamenti del pollaio mediatico per la vittoria al primo turno delle Le Pen, è spuntato qualche dato e grafico molto istruttivo. Che dicono: nell’euro, il popolo francese muore. Figurarsi l’italiano. Punto primo:
Il francese è più produttivo del tedesco.
Produttività comparata
A riconoscerlo è nientemeno che Heiner Flassbeck, già segretario di Stato nel ministero delle Finanze tedesco e poi economista dell’UNCTAD (UnitedNations Conference on Trade & Development), in un’intervista al Deutsche Wirtschaft Nachrichten.
Come mai allora la Francia è meno competitiva? “A causa dei bassi salari in Germania: un vero dumping salariale insieme con l’unione monetaria ha fatto diminuire massicciamente la competitività francese. Berlino ha fatto coincidere l’entrata nell’euro con la politica di tagli dei proprio salari, operando, con l’accordo dei disciplinatissimi sindacati, una svalutazione interna. Laddove, è vero, la “sinistra” francese ha mantenuto le 35 ore (lo sciagurato ‘lavorare meno per lavorare tutti’), e l’Italia è rimasta sotto il tallone dei sindacati, che hanno protetto soprattutto i parassiti pubblici, a cui hanno fatto avere aumenti di stipendi del 15% superiori ai privati.
Berlino: svalutazione furbetta
A riconoscerlo è nientemeno che Heiner Flassbeck, già segretario di Stato nel ministero delle Finanze tedesco e poi economista dell’UNCTAD (UnitedNations Conference on Trade & Development), in un’intervista al Deutsche Wirtschaft Nachrichten.
Come mai allora la Francia è meno competitiva? “A causa dei bassi salari in Germania: un vero dumping salariale insieme con l’unione monetaria ha fatto diminuire massicciamente la competitività francese. Berlino ha fatto coincidere l’entrata nell’euro con la politica di tagli dei proprio salari, operando, con l’accordo dei disciplinatissimi sindacati, una svalutazione interna. Laddove, è vero, la “sinistra” francese ha mantenuto le 35 ore (lo sciagurato ‘lavorare meno per lavorare tutti’), e l’Italia è rimasta sotto il tallone dei sindacati, che hanno protetto soprattutto i parassiti pubblici, a cui hanno fatto avere aumenti di stipendi del 15% superiori ai privati.
Berlino: svalutazione furbetta
tasso di cambio reale
Però le politiche sociali sbagliate non spiegano tutto, spiega sul Telegraph Evans-Pritchard, “La Francia aveva un surplus dei conti correnti del 2,5% del Pil al momento dell’adesione all’euro; oggi sta dissanguando la sua economia goccia dopo goccia, con un deficit di 1,5%. E una crescita che sarà dello 1,2 secondo la Banca di Francia (la ‘crescita’ italiana, la sapete). E’ come se Francia e noi dovessimo competere con una oneta sopravvalutata del 20 per cento, o la Germania ci facesse concorrenza con una moneta svalutata di altrettanto.
Ma, come ha notato l’economista Jacques Sapir (uno dei più seri nel chiedere una uscita dall’euro, e per nulla un Lepenista) “l’industria francese si sta svuotando, con uno sgocciolio di aziende chiuse che gettano sul lastrico 150-200 lavoratori per volta, ciò che sfugge ai media. Una tragedia per cui le aree industriali ora sono diventate aree di miseria rurale, sono gli operai che votano più massicciamente Marine.
Però le politiche sociali sbagliate non spiegano tutto, spiega sul Telegraph Evans-Pritchard, “La Francia aveva un surplus dei conti correnti del 2,5% del Pil al momento dell’adesione all’euro; oggi sta dissanguando la sua economia goccia dopo goccia, con un deficit di 1,5%. E una crescita che sarà dello 1,2 secondo la Banca di Francia (la ‘crescita’ italiana, la sapete). E’ come se Francia e noi dovessimo competere con una oneta sopravvalutata del 20 per cento, o la Germania ci facesse concorrenza con una moneta svalutata di altrettanto.
Ma, come ha notato l’economista Jacques Sapir (uno dei più seri nel chiedere una uscita dall’euro, e per nulla un Lepenista) “l’industria francese si sta svuotando, con uno sgocciolio di aziende chiuse che gettano sul lastrico 150-200 lavoratori per volta, ciò che sfugge ai media. Una tragedia per cui le aree industriali ora sono diventate aree di miseria rurale, sono gli operai che votano più massicciamente Marine.
gli operai (ouvriers) votano a destra
Ma allora basta che la Francia divenga “virtuosa” come la Germania e tagli i suoi salari, come gli impongono (e impone a noi) Berlino, Bruxelles e la BCE? Il punto è che adesso, in un ambiente di deflazione sempre più gelida, non può nemmeno farlo.
“Se la Francia abbassa i salari adesso, non otterrà che un aumento della disoccupazione”, dice Flassbeck. Se Parigi perseguisse la svalutazione interna (delle paghe) in un clima d’inflazione zero, il suo rapporto debito-Pil, già al 93,7 per cento, salirebbe alle stelle, perpetuando in ogni caso (o aggravando) il declino. “E’ difficilissimo immaginare come un paese possa migliorare la sua competitività dentro la camicia di forza dell’euro”, ragiona Brigitte Granville, economista alla Queen Mary University di Londra.
Flassbeck: “Questo è un fallimento della UE. Ma è la Germania, che detta alla UE politiche economiche radicalmente sbagliate: tagliare ancora i salari, risparmiare di più…Così abbiamo la stagnazione dal 2001, ed ora la deflazione. E’ la Germania invece che non fa la propria parte. Se aumentasse i suoi salari anche di poco, l’effetto sarebbe una relativa svalutazione per gli altri paesi dell’euro. Se non cambia niente, l’euro muore in un tempo relativamente breve”.
In pratica Berlino, imponendo la sua “interpretazione” della crisi (“Fate coi noi formiche, voi immorali cicale”) ha una enorme responsabilità nella condizione di deflazione che si è instaurata e che, adesso, non si riesce a disinnescare – ciò che comincia a far paura anche ai tedeschi, finalmente.
Deflazione instaurata, anche stampare non serve
“Accrescere il quantitative easing come fa’ la BCE non riesce a far salire l’inflazione”, dice l’economista Olivier Delamarche, gestore del fondo Platinum Gestion: “Anzi è fonte di deflazione perché il poco che entra nell’economia reale crea delle bolle (lo si è visto col gas di scisti) ossia provoca delle sovraccapacità che sono profondamente deflazionarie. Si sa che il QE non serve che a reflazionare gli ‘attivi’ di borsa e non il rilancio di attività reali”. Ma forse – conclude sarcastico – “non possono farne a meno: “Fanno del QE perché non hanno il QI” (Quoziente intellettivo).
http://www.businessbourse.com/2015/12/08/olivier-delamarche-bce-monter-les-qe-ca-ne-relance-pas-linflation/
L’incredibile persecuzione della Grecia
la battuta è buona. Un esempio vistoso del QI neanderthaliano (anzi, della bassezza umana e morale) di Berlino e della sua eurocrazia è il fatto che la Grecia è stata minacciata di essere espulsa dallo spazio-Schengen perché “Non fa’ bene” con gli immigrati e i profughi di cui la inonda la Turchia. Basta dire questo: che un paese già dissanguato dalle punizioni di Berlino e Bruxelles, da cui si esige che “faccia ancora uno sforzo” per pagare i suoi creditori , ha ricevuto dalla cosiddetta Europa, per alloggiare e sfamare le decine di migliaia di profughi (chiamati dalla Merkel, e che adesso la Merkel non vuole più in Germania) , 30 milioni di euro. Per confronto, si ricordi che la Merkel s’è precipitata ad Ankara ad offrire a Erdogan 3 miliardi (che paghiamo noi) perché si tenga i rifugiati. E la Germania ha stanziato, per l’accoglienza sul suo territorio di questi “siriani”, 10 miliardi di euro. Alla Grecia 30 milioni. Perché si coccoli i 730 mila rifugiati che si attende nell’anno. A proprie spese, naturalmente.
Il presidente a rotazione della UE che minaccia la Grecia è un lussemburghese, Jean Asselborn. Secondo lui la Grecia “rifiuta” di fare pattugliamenti navali congiunti con la flotta turca per proteggere la frontiera di Schengen che corre sull’Egeo. La demenzialità della pretesa può sfuggire, se non si pensa che la Turchia non è un paese della UE né della zona Schengen, ed è assurdo e umiliante che ad Atene si chieda di cooperare con un simile paese, che oltretutto ha mire storiche su alcune isole dell’Egeo: evidentemente, nella testa del lussemburghese, c’è una certa confusione: per lui è la NATO che si identifica con la UE.
L’altra accusa: Atene rifiuterebbe “l’aiuto” di Frontex che manderebbe 400 agenti per filtrare le entrate alla frontiera con a Macedonia (intesa come l’ex repubblica jugoslava, non la regione greca con lo stesso nome): ma tale frontiera non è interna a Schengen. Il compito dovrebbe se mai gravare sulla Macedonia o sugli stati dell’area Schengen che riceveranno poi i rifugiati. Il problema è che questi paesi – diciamone uno a caso: la Germania – hanno sostanzialmente chiuso le loro frontiere, come ha fatto l’Ungheria che per questo viene tanto accusata. Sicché i profughi si ammassano in Croazia, Serbia, Macedonia, e …Grecia. Sotto sotto, tutta la questione punta a far sì che i profughi restino in Grecia, tutti 700 mila, mentre i tedeschi (Frontex) con comodo selezionano quelli fra loro che si prenderanno – lasciando quelli scartati ai greci.I migranti hanno distrutto per rabbia le tende
Anzi, già sta avvenendo. Risse “apocalittiche” si sono prodotte ad inizio dicembre ad Idomeni, nel Nord della Grecia, alla frontiera con la repubblica di Macedonia tra due categorie di profughi: quelli che hanno avuto il permesso dalla UE di partire per andare in Germania, e i rifugiati “economici, che devono restare lì, in Grecia. Quando la Macedonia ha aperto le frontiere ai primi – su ordine UE, i secondi hanno cercato di impedire loro il passaggio: pestaggi, scontri, feriti, granate assordanti lanciate dalla polizia macedone, un marocchino di 22 anni morto per aver toccato un cavo di un treno che la folla aveva bloccato: una folla di circa 7 mila persone, accampate al freddo in condizioni igieniche spaventose. Ora, alla maggioranza di questi, rifiutata dalla Germania e gli altri paesi del Nord, Bruxelles non ha altra soluzione da offrire che “restare in Grecia”; sotto tende di fortuna. A carico del popolo ellenico che scoppia di benessere, e di qualche rara ONG sopraffatta dal compito impari.
Ma allora basta che la Francia divenga “virtuosa” come la Germania e tagli i suoi salari, come gli impongono (e impone a noi) Berlino, Bruxelles e la BCE? Il punto è che adesso, in un ambiente di deflazione sempre più gelida, non può nemmeno farlo.
“Se la Francia abbassa i salari adesso, non otterrà che un aumento della disoccupazione”, dice Flassbeck. Se Parigi perseguisse la svalutazione interna (delle paghe) in un clima d’inflazione zero, il suo rapporto debito-Pil, già al 93,7 per cento, salirebbe alle stelle, perpetuando in ogni caso (o aggravando) il declino. “E’ difficilissimo immaginare come un paese possa migliorare la sua competitività dentro la camicia di forza dell’euro”, ragiona Brigitte Granville, economista alla Queen Mary University di Londra.
Flassbeck: “Questo è un fallimento della UE. Ma è la Germania, che detta alla UE politiche economiche radicalmente sbagliate: tagliare ancora i salari, risparmiare di più…Così abbiamo la stagnazione dal 2001, ed ora la deflazione. E’ la Germania invece che non fa la propria parte. Se aumentasse i suoi salari anche di poco, l’effetto sarebbe una relativa svalutazione per gli altri paesi dell’euro. Se non cambia niente, l’euro muore in un tempo relativamente breve”.
In pratica Berlino, imponendo la sua “interpretazione” della crisi (“Fate coi noi formiche, voi immorali cicale”) ha una enorme responsabilità nella condizione di deflazione che si è instaurata e che, adesso, non si riesce a disinnescare – ciò che comincia a far paura anche ai tedeschi, finalmente.
Deflazione instaurata, anche stampare non serve
“Accrescere il quantitative easing come fa’ la BCE non riesce a far salire l’inflazione”, dice l’economista Olivier Delamarche, gestore del fondo Platinum Gestion: “Anzi è fonte di deflazione perché il poco che entra nell’economia reale crea delle bolle (lo si è visto col gas di scisti) ossia provoca delle sovraccapacità che sono profondamente deflazionarie. Si sa che il QE non serve che a reflazionare gli ‘attivi’ di borsa e non il rilancio di attività reali”. Ma forse – conclude sarcastico – “non possono farne a meno: “Fanno del QE perché non hanno il QI” (Quoziente intellettivo).
http://www.businessbourse.com/2015/12/08/olivier-delamarche-bce-monter-les-qe-ca-ne-relance-pas-linflation/
L’incredibile persecuzione della Grecia
la battuta è buona. Un esempio vistoso del QI neanderthaliano (anzi, della bassezza umana e morale) di Berlino e della sua eurocrazia è il fatto che la Grecia è stata minacciata di essere espulsa dallo spazio-Schengen perché “Non fa’ bene” con gli immigrati e i profughi di cui la inonda la Turchia. Basta dire questo: che un paese già dissanguato dalle punizioni di Berlino e Bruxelles, da cui si esige che “faccia ancora uno sforzo” per pagare i suoi creditori , ha ricevuto dalla cosiddetta Europa, per alloggiare e sfamare le decine di migliaia di profughi (chiamati dalla Merkel, e che adesso la Merkel non vuole più in Germania) , 30 milioni di euro. Per confronto, si ricordi che la Merkel s’è precipitata ad Ankara ad offrire a Erdogan 3 miliardi (che paghiamo noi) perché si tenga i rifugiati. E la Germania ha stanziato, per l’accoglienza sul suo territorio di questi “siriani”, 10 miliardi di euro. Alla Grecia 30 milioni. Perché si coccoli i 730 mila rifugiati che si attende nell’anno. A proprie spese, naturalmente.
Il presidente a rotazione della UE che minaccia la Grecia è un lussemburghese, Jean Asselborn. Secondo lui la Grecia “rifiuta” di fare pattugliamenti navali congiunti con la flotta turca per proteggere la frontiera di Schengen che corre sull’Egeo. La demenzialità della pretesa può sfuggire, se non si pensa che la Turchia non è un paese della UE né della zona Schengen, ed è assurdo e umiliante che ad Atene si chieda di cooperare con un simile paese, che oltretutto ha mire storiche su alcune isole dell’Egeo: evidentemente, nella testa del lussemburghese, c’è una certa confusione: per lui è la NATO che si identifica con la UE.
L’altra accusa: Atene rifiuterebbe “l’aiuto” di Frontex che manderebbe 400 agenti per filtrare le entrate alla frontiera con a Macedonia (intesa come l’ex repubblica jugoslava, non la regione greca con lo stesso nome): ma tale frontiera non è interna a Schengen. Il compito dovrebbe se mai gravare sulla Macedonia o sugli stati dell’area Schengen che riceveranno poi i rifugiati. Il problema è che questi paesi – diciamone uno a caso: la Germania – hanno sostanzialmente chiuso le loro frontiere, come ha fatto l’Ungheria che per questo viene tanto accusata. Sicché i profughi si ammassano in Croazia, Serbia, Macedonia, e …Grecia. Sotto sotto, tutta la questione punta a far sì che i profughi restino in Grecia, tutti 700 mila, mentre i tedeschi (Frontex) con comodo selezionano quelli fra loro che si prenderanno – lasciando quelli scartati ai greci.I migranti hanno distrutto per rabbia le tende
Anzi, già sta avvenendo. Risse “apocalittiche” si sono prodotte ad inizio dicembre ad Idomeni, nel Nord della Grecia, alla frontiera con la repubblica di Macedonia tra due categorie di profughi: quelli che hanno avuto il permesso dalla UE di partire per andare in Germania, e i rifugiati “economici, che devono restare lì, in Grecia. Quando la Macedonia ha aperto le frontiere ai primi – su ordine UE, i secondi hanno cercato di impedire loro il passaggio: pestaggi, scontri, feriti, granate assordanti lanciate dalla polizia macedone, un marocchino di 22 anni morto per aver toccato un cavo di un treno che la folla aveva bloccato: una folla di circa 7 mila persone, accampate al freddo in condizioni igieniche spaventose. Ora, alla maggioranza di questi, rifiutata dalla Germania e gli altri paesi del Nord, Bruxelles non ha altra soluzione da offrire che “restare in Grecia”; sotto tende di fortuna. A carico del popolo ellenico che scoppia di benessere, e di qualche rara ONG sopraffatta dal compito impari.
A Idomeni
I charter UE per rimandarli indietro
Un cosiddetto programma europeo consisterebbe nel riempire noleggiati di profughi che non hanno diritto all’asilo e rimandarli al loro paese d’origine, con quanta spesa è facile capire. Ora, gli addetti spediti in Grecia da Bruxelles avevano messo insieme un charter pieno di pakistani, sbarcati a Kos insieme ai “siriani” e afghani. All’atterraggio in Pakistan, le autorità pakistane ne hanno consentito lo sbarco di 19, di cui hanno riconosciuto autentico il passaporto; agli altri 30 nemmeno hanno consentito di sbarcare: “non documentati”.
. L’aereo è decollato e li ha riportati – eh sì, avete indovinato – ad Atene. Dove l’Europa mira a lasciarli, mimnacciando per giunta i greci di escluderli da Schengen.
http://www.nytimes.com/2015/12/04/world/asia/pakistan-sends-30-migrants-back-to-europe.html?smid=tw-share&_r=1
Marine Le Pen ha promesso, se andrà mai all’Eliseo, che suo primo atto sarà di attuare il ritorno al franco. “Nel momento che la Francia esce dall’euro, l’euro è morto; o ci mandano i carri armati?”.
Sarebbero capaci.
I charter UE per rimandarli indietro
Un cosiddetto programma europeo consisterebbe nel riempire noleggiati di profughi che non hanno diritto all’asilo e rimandarli al loro paese d’origine, con quanta spesa è facile capire. Ora, gli addetti spediti in Grecia da Bruxelles avevano messo insieme un charter pieno di pakistani, sbarcati a Kos insieme ai “siriani” e afghani. All’atterraggio in Pakistan, le autorità pakistane ne hanno consentito lo sbarco di 19, di cui hanno riconosciuto autentico il passaporto; agli altri 30 nemmeno hanno consentito di sbarcare: “non documentati”.
. L’aereo è decollato e li ha riportati – eh sì, avete indovinato – ad Atene. Dove l’Europa mira a lasciarli, mimnacciando per giunta i greci di escluderli da Schengen.
http://www.nytimes.com/2015/12/04/world/asia/pakistan-sends-30-migrants-back-to-europe.html?smid=tw-share&_r=1
Marine Le Pen ha promesso, se andrà mai all’Eliseo, che suo primo atto sarà di attuare il ritorno al franco. “Nel momento che la Francia esce dall’euro, l’euro è morto; o ci mandano i carri armati?”.
Sarebbero capaci.
fonte:Maaurizio Blondet
Nessun commento:
Posta un commento