domenica 6 dicembre 2015

IL "NO" DANESE ALL'EUROPA


Mercoledì 3 dicembre nel più totale silenzio della stampa francese si è svolto un referendum in Danimarca per una maggiore integrazione nell’Unione Europea. Il voto è stato senza appello: il “no” ha vinto con il 53% dei votanti[1]. Va sottolineato anche il dato della partecipazione: ha votato circa il 72% degli elettori, dato che fa di questo referendum il più importante nella storia delle votazioni tenutesi in Danimarca in merito all’Unione Europea. Va rilevato il silenzio relativo della stampa francese: un misto di disprezzo per quello che succede in un “piccolo” paese e di imbarazzo per un risultato che, per usare un eufemismo, disturba gli atteggiamenti europeisti di così tanti opinionisti.



Il referendum voleva decidere se i danesi accettavano di rinunciare ad alcune deroghe alle regole dell’Unione Europea, deroghe ottenute in seguito a precedenti consultazioni referendarie. Nel linguaggio tecnico masticato dalla burocrazia di Bruxelles si tratta della clausola di “opting out”. Il partito liberale attualmente al governo in Danimarca, così come l’opposizione socialdemocratica, avevano fatto campagna per il “si”. Sono dunque stati sconfessati. Il fronte del “no” era sostenuto da un’alleanza fra la sinistra radicale e il partito populista sovranista, il DPP[2]. Come all’epoca del referendum francese del 2005 sul progetto di costituzione europea, è stata quest’alleanza a vincere. Ciò nonostante, tanto il partito di governo quanto l’opposizione europeista non hanno esitato ad usare la carta della paura per influenzare gli elettori, fino al punto di sostenere che la vittoria del “no” avrebbe rimesso in discussione la cooperazione di polizia con gli altri paesi UE. Si trattava di un argomento particolarmente stupido, perché è noto che l’UE, e il suo braccio armato Europol, collaborano con paesi come la Svizzera e la Norvegia che non fanno parte dell’Unione! Come in Francia, la carta della paura non ha funzionato.

Il significato di questo referendum è chiaro. È una nuova vittoria per il fronte sovranista ed euroscettico in Europa. Questa vittoria testimonia il logoramento dell’idea europea nell’opinione pubblica e il fallimento del progetto di integrazione forzata sostenuto dagli europeisti, siano essi a Bruxelles o a Parigi. Il progetto di un futuro referendum sull’Euro, che potrebbe tenersi in Finlandia nel 2016 o nel 2017, è un’ulteriore segnale chiaro che i popoli dei paesi UE rifiutano quest’idea di integrazione forzata e di pseudo-federalismo sostenuto dai partigiani dell’Euro. I governi farebbero bene a tenerne conto. Questo referendum, il primo voto in un paese UE dopo la crisi dei rifugiati, ha fatto esplodere le contraddizioni dell’unificazione europea e segna quasi sicuramente la fine di un’epoca. L’integrazione europea non fa più sognare. Fa paura. La gente realizza che i meccanismi di integrazione, fra i quali ovviamente spicca l’Euro, non hanno mai prodotto i benefici sperati e anzi hanno peggiorato la situazione.

Si tratta inoltre di una vittoria che avrà senza dubbio un’influenza sul prossimo referendum che si terrà nel 2016 in Gran Bretagna a proposito di una possibile uscita di questo paese dall’Unione Europea. Anche sotto questo aspetto, il referendum danese preannuncia una svolta rilevante nella storia dell’unificazione europea. Ed è probabilmente questo che imbarazza così tanti opinionisti francesi che, fatta eccezione per la lettura di un comunicato dell’AFP [Agence France-Presse, agenzia di stampa francese, N.d.T.], rimangono per ora chiusi in una consegna del silenzio che la dice lunga su quello che gli sta passando per la testa…



Jacques Sapir

Fonte: http://russeurope.hypotheses.org/

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