mercoledì 16 dicembre 2015

LA GRANDE TRUFFA BANCA ETRURIA

LA GRANDE TRUFFA BANCA ETRURIA

CHE SBADATI I GENITORI DI RENZI: SI SONO SCORDATI DI DICHIARARE LA LORO NUOVA SOCIETÀ, E IL NUOVO SOCIO IN AFFARI. E CHI SARÀ MAI? NON SARÀ MICA L’EX PRESIDENTE DI BANCA ETRURIA, LORENZO ROSI. PERCHÉ IL MONDO È MOLTO PICCOLO, MA QUESTA È DAVVERO UNA COINCIDENZA BISLACCA


Bechis scopre che Tiziano e Laura Renzi hanno dichiarato di non avere novità patrimoniali nel 2015, eppure sono diventati socio e amministratrice di una società in cui c’è anche Nikila Invest, ovvero quella che si è comprata (a un ottimo prezzo) il teatro comunale di Firenze, e per cui lavora anche Lorenzo Rosi, patron (cacciato da Bankitalia) di Etruria…


In sostanza, il vicedirettore di Libero dice che il padre del capo del governo, Tiziano e la madre Laura Bovoli, hanno giurato il falso «sul proprio onore», nelle dichiarazioni patrimoniali d'obbligo come genitori del premier, pubblicate sul sito di palazzo Chigi del 2014 (relative al 2013) e confermate senza variazioni nell'agosto 2015, in cui si cita solo la ditta a nome di Tiziano Renzi e la società Eventi Sei, di cui è presidente con l'8 per cento la signora Laura (azioniste le figlie).


Perché hanno nascosto la scottante verità, di essere in affari con Lorenzo Rosi, presidente di Banca Etruria prima del commissariamento, oggi nell'indagine della Procura di Arezzo. Hanno nascosto l'uno, Tiziano Renzi, di avere il 40 per cento della società Party srl di Rignano sull'Arno e l'altra, Laura Bovoli, di esserne amministratore delegato unico.


Società fondata nel novembre 2014, dunque prima della seconda dichiarazione patrimoniale dei Renzi, di cui uno dei due soci era la Nikila Invest, società immobiliare che compra grandi complessi e li trasforma in resort di lusso per immetterli sul mercato internazionale. Consocio dell'avventura è appunto Rosi, che ha creato con altri soci, «misteriosi» secondo Bechis, una terza società legata a questi affari, la Egnazia Shopping. Con essa ha fatto un bell'affare con il Comune di Firenze, di cui è sindaco il renziano Dario Nardella, successore dello stesso premier, sottolinea il giornalista.


Ha, infatti, comprato il teatro comunale di Firenze dalla Cassa depositi e prestiti, a quasi metà del valore iniziale (25 milioni invece dei 44 stimati nel 2009), per trasformarlo in resort di lusso e vuole esportare il modello di successo (più visitatori degli Uffizi) del grande centro outlet di Firenze, The Mall, in Liguria, in Puglia, poi altrove.Tutte «coincidenze», chiede Bechis, quelle che legano questi grandi affari gestiti dalle scatole cinesi di società una dentro l'altra, con le vicende oggi ben note della Banca dell'Etruria?






Istituto di credito, ricordiamolo, di cui Rosi era presidente e il padre del ministro delle Riforme Maria Elena Boschi, Pierluigi, è vicepresidente, quando il decreto di un anno fa sulla trasformazione in società per azioni delle banche popolari fa impennare i titoli della banca dell'Etruria del 60-80% (la stessa Maria Elena ne aveva 1.500). Poi è intervenuta Bankitalia con il commissariamento, Rosi e Boschi hanno dovuto lasciare il loro posto e l'istituto è finito con altri tre nel mirino dei pm. Proprio allora Rosi, si getta nella nuova avventura e investe il suo denaro creando la Ignazia Shopping, che lo lega a papà Renzi.


Il padre del premier fa tutt'oggi affari con uno dei personaggi più potenti di Banca Etruria, e la figlia di un altro dirigente è ministro. Il governo deve rispondere urgentemente e la magistratura indagare.



Come è possibile che a gennaio il governo riformi la governance dell' Etruria, lasciando intendere che l' istituto ha un futuro radioso davanti a sè, e a febbraio questa sia commissariata? Chi rimborserà gli azionisti che hanno creduto nella banca e hanno comprato i titoli tenendo conto del primo decreto del governo?



Matteo Renzi nega di aver favorito la banche. In particolare respinge l' accusa di aver dato un aiutino alla Popolare dell' Etruria, ossia all' istituto di cui era vice presidente e consigliere di amministrazione il padre del ministro Maria Elena Boschi. Il presidente del Consiglio scansa, definendoli retroscena, anche le polemiche circa un coinvolgimento in affari tra esponenti della sua famiglia e alcuni ex dirigenti della banca finita nel mirino dopo il suicidio di Luigi D' Angelo. Anzi, ha aggiunto: «Mi fa schifo chi strumentalizza la morte delle persone». Bravo.


Anche a noi. Ma ancor più ci fa schifo chi di fronte alla morte di una persona non ha il coraggio di ammettere i propri errori. E che errori ci siano stati da parte del governo è fuori di dubbio. Lasciamo perdere i controlli e l' assenza di vigilanza che ha consentito all' Etruria di rifilare titoli tossici nei portafogli di ignari clienti come il pensionato di Civitavecchia che si è tolto la vita: di quello risponderanno i vertici della Banca d' Italia e della Consob quando avranno smesso di giocare allo scaricabarile.



Veniamo invece a quello che Palazzo Chigi ha fatto e poteva non fare. Ci sono almeno due punti che meritano una risposta chiara, il contrario cioè di quella fornita ieri dal premier dal palco della Leopolda.


Prima questione: il decreto con cui all' improvviso e in tutta fretta l' esecutivo ha varato la riforma delle più importanti banche popolari italiane, trasformandole dalla sera alla mattina in società per azioni, ossia aperte al mercato e alla contendibilità. Il provvedimento fu preso il 20 di gennaio e annunciato il 16. Tra gli istituti di credito c' era anche la Popolare dell' Etruria, ossia una banca che già era in difficoltà, aveva una situazione patrimoniale a rischio e addirittura non era in grado di ottenere finanziamenti dal sistema bancario.


Averla inclusa nel decreto di gennaio consentì però alla banca di Arezzo di beneficiare di generosi acquisti. Il titolo che prima quotava 0,39 euro nel giro di pochi giorni quasi raddoppiò, portando il valore delle azioni intorno a 0,60. La fiammata fu in assoluto la più forte fra quelle delle banche coinvolte, tanto che qualcuno arrivò a sospettare che ci fosse stata una fuga di notizie di cui aveva potuto approfittare qualche investitore privilegiato. Ma al di là di come e perché la banca di cui era vicepresidente il papà del ministro Boschi abbia visto crescere le quotazioni di oltre il 60 per cento, c' è un aspetto che lascia perplessi.


La Popolare dell' Etruria viene trasformata in spa a gennaio e molti risparmiatori, pensando che sarà l' inizio di un nuovo corso, scommettono sullo sviluppo dell' istituto toscano. Ma neanche il tempo di acquistare il titolo ed ecco che a metà febbraio la Popolare viene commissariata dalla Banca d' Italia per gravi irregolarità e con il decreto di novembre il suo capitale è azzerato.


Domanda: come è possibile che a gennaio il governo riformi la governance dell' Etruria, lasciando intendere che l' istituto ha un futuro radioso davanti a sè, e a febbraio questa sia commissariata? Chi rimborserà gli azionisti che hanno creduto nella banca e hanno comprato i titoli tenendo conto del primo decreto del governo? Forse Renzi non prova sensi di colpa nei confronti di Luigi D' Angelo, ma nei confronti di quegli azionisti che hanno comprato un mese prima di vedersi commissariata la banca che prova?


Seconda questione. Forse è vero che non c' erano molte alternative al decreto di novembre con cui si azzerava il capitale dell' Etruria e si liquidavano con zero euro le obbligazioni subordinate. Forse è vero che non c' era altro modo per salvare i correntisti e i dipendenti dato che il governo aveva rinunciato a fare la voce grossa a Bruxelles, accettando - caso più unico che raro in Europa - di non poter mettere mano al portafogli per tenere in piedi gli istituti coinvolti nel crac. Ma a prescindere da tutto ciò c' è un aspetto che resta difficile mandare giù. Passi il salva banche, con i danni che ha provocato, ma perché dobbiamo accettare anche il salva banchieri?


Come abbiamo spiegato, con il decreto l' esecutivo ha messo una pietra tombale sulla possibilità per i piccoli risparmiatori di fare causa ai vecchi amministratori dell' istituto. Il provvedimento del governo infatti mette al riparo da iniziative di responsabilità sia i commissari che i vertici della banca, frapponendo fra i danneggiati e gli eventuali responsabili il giudizio dell' autorità di vigilanza, ossia di un soggetto terzo condizionabile dalla politica, cioè da Renzi, visto che il governatore di via Nazionale deve essere confermato e nominato dal governo.


Risultato, ci troviamo nell' imbarazzante situazione in cui indirettamente un giorno il presidente del consiglio potrebbe dover dare il via libera alla causa di responsabilità nei confronti del padre di un suo ministro, oppure doverla negare. Comprendiamo che il conflitto d' interessi sia un argomento morto e sepolto da quando a Palazzo Chigi non c' è più Silvio Berlusconi. Ma la dignità non è ancora morta e sepolta e non bastano quattro frasi a effetto dette sul palco della Leopolda per tumularla.


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