Dopo aver letto qualche pagina del libro di Rachel Hills The Sex Myth: The Gap Between Our Fantasies and Reality, ho deciso di tenere il conto di tutte le immagini a sfondo sessuale, i riferimenti e le allusioni in cui mi sarei imbattuta nel corso di una giornata. All'inizio del libro, infatti, Hills sostiene che siamo bombardati di informazioni sessuali eccessive e fantasiose, e mi chiedevo fino a che punto fosse così. Ho smesso di tenere il conto tra 16esimo riferimento sessuale della serie che stavo guardando (Catastrophe) e una conversazione in cui una donna diceva che perdere la verginità dopo i 25 anni significa avere un problema.
Mi sono subito stufata di contare le donne con le tette di fuori nelle pubblicità, le battutte a sfondo sessuale in televisione, i blog femministi che mi dicevano che imparare tutti i passaggi per raggiungere orgasmi fantastici mi avrebbe resa più forte. E poi, non è a questo che servono gli scienziati—a quantificare queste cose al posto nostro? Ho fatto qualche ricerca, ma ho trovato solo misurazioni dell'attività sessuale, studi su quanto spesso pensiamo al sesso, facciamo sesso, raggiungiamo l'orgasmo; sulla media del numero delle persone con cui la gente fa sesso e se quel numero ha qualcosa a che vedere con i soldi che quella persona guadagna; sul collegamento tra la frequenza dei nostri rapporti sessuali e la felicità. Tutti tentativi di determinare, scientificamente, cosa è nella media e cosa è normale, così puoi vedere dove ti posizioni in quella scala e capire se sei pervertito, patetico, o se sei tutto sommato nella norma.
Nel libro The Sex Myth Hills fa proprio questo: analizza la vera vita sessuale delle persone rispetto alla vita sessuale che le persone pensano di dover avere. Come spiega nell'introduzione, durante l'adolescenza e fino a poco dopo i 20 anni—il periodo in cui cominciava a vivere la verginità come un peso—ha notato una grande differenza tra quello che le persone dicevano sul sesso e le loro esperienze concrete. Continuava a chiedersi perché non avesse ancora fatto sesso, preoccupata di avere qualcosa che non andava. Forse era frigida. E forse tutti gli altri se la stavano spassando mentre lei era l'unica rimasta indietro. Ha continuato a porsi questa domanda finché non ha perso la verginità, e The Sex Myth è un tentativo di mettere in campo un po' di numeri e riflessioni sul tema. Per parlare con decine di donne e uomini e raccogliere le loro storie è stata in Australia, Europa e America.
La conclusione a cui arriva Hills è che, molto semplicemente, le nostre aspettative sul sesso non sono realistiche. Sia rispetto all'attività sessuale che noi stessi dovremmo avere che rispetto a quella degli altri, e rispetto all'importanza che il sesso dovrebbe avere nelle nostre vite. Siamo ossessionati dal sesso. E se prima non era mai raffigurato, oggi non possiamo stare dieci minuti senza che qualcosa o qualcuno riporti la nostra attenzione al sesso.
Questo passaggio dalla repressione all'onnipresenza, del resto, segue uno schema: quando qualcosa ti viene vietato, specialmente qualcosa legato ai desideri biologici, lo spazio che non può prendere nella tua vita si trasferisce nella tua immaginazione, dove può crescere e svilupparsi liberamente. Se non puoi avere una cosa, questa acquisisce ulteriore valore. Nell'esporre questo semplice ragionamento, Hills sottolinea inoltre quanto sia importante analizzare il passato per capire il presente—proprio perché l'onnipresenza è insoddisfacente tanto quanto la repressione. Dopotutto, il controllo della sessualità rispondeva a necessità non sempre prive di senso: non si trattava solo della paura cristiana del corpo, della paura del piacere, e della via patrilineare. Fino a qualche tempo fa, il sesso poteva farti male in molti modi. E può ancora farti male, ma adesso è tutto più controllabile. E noi siamo impazziti come i bambini di fronte alle caramelle lontani dagli occhi di una madre severa. Non sappiamo come gestire o comprendere la nostra libertà perché il sesso ha ancora più spazio nella nostra immaginiaizione che nella nostra realtà, e questo significa che abbiamo ancora un sacco di confusione in materia.
Alla lunga, però, vivere con queste fantasie sul sesso e senza parlarne con la franchezza necessaria può avere delle conseguenze. Se credi che tutti gli altri abbiano perso la verginità a 13 anni e che sia stata un'esperienza stupenda, allora la tua esperienza, che magari è stata così brutta che hai deciso di non fare sesso per i tre anni successivi, potrebbe farti pensare di avere un problema. Come per Henry, il ragazzo di 23 anni di cui si parla in The Sex Myth: la sua verginità non gli provocava solo frustrazione, in quanto desiderio che non riusciva a sfogare, ma anche un senso di disagio. La sua verginità è diventata la sua identità. O Cara, una ragazza la cui mancanza di interesse nei confronti del sesso le faceva pensare di essere asessuale. La storia di Cara è quella che illustra meglio il significato esagerato che attribuiamo al sesso: quando il suo desiderio non è in linea con le sue aspettative, non solo va a cercare una ragione ma anche un'identità che spieghi questa differenza e la aiuti a decidere come vivere la sua vita. Ma dare alla sessualità il potere di definire la propria identità significa non averne il controllo.
Tutti cerchiamo di capire il significato del sesso, senza mai pensare per un momento che forse non ne ha poi molto. E la cosa peggiore è che lasciando che la sessualità ci definisca apriamo le porte ai giudizi. Ci permette di pensare che chiunque fa più sesso di noi (o più sesso di quello che idealmente vorremmo fare) è una troia, chiunque ne faccia di meno è una suora, e chiunque lo faccia diversamente sia deviato. A tutti piace pensare di aver ragione—ma la vera liberazione sessuale non avrà le sembianze di un'orgia senza fine in cui tutte le inibizioni sono abbandonate e tutti i freni messi da parte. E non sarà neanche la lista definitiva e perfetta di etichette e identità che categorizzano tutti i nostri impulsi e le nostre caratteristiche. Sarà la parte della nostra vita che non possiede più potere di altre. Non è una liberazione che qualsiasi individuo può creare da solo. È una liberazione che riguarda l'immaginazione di una società.
VICE Italia:
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