È dallo scorso autunno che Kic 8462852 fa parlare di sé. La stella, chiamata anche Tabby Star (dal nome della prima di Tabetha Boyajian, prima scienziata ad analizzarne le anomalie) mostra infatti delle oscillazioni di luminosità estremamente atipiche, che qualcuno aveva pensato di spiegare con la presenza di una sfera di Dyson: una gigantesca struttura costruita dagli alieni per raccoglierne l’energia. Ovviamente esistono anche spiegazioni più plausibili, e a novembre uno studio della Iowa State University e dell’università di Cambridgesembrava aver scoperto una volta per tutte il colpevole: uno sciamedi comete che si starebbe disintegrando nell’orbita della stella. Quante esattamente? A dircelo è oggi una ricerca dell’astronomo Bradley Schaefer dellaLouisiana State University, secondo cui servirebbero 648mila comete gigantesche, transitate davanti alla Tabby Star con un’orbita precisissima nell’arco dell’ultimo secolo. Eventualità che il ricercatore giudica ben poco plausibile.
Nel suo studio, Schaefer ha scoperto che esistono una lunga serie di vecchie osservazioni di Kic 8462852 effettuate dal’Harvard College Observatory tra il 1890 e il 1989. Utilizzando i dati raccolti, l’astronomo è riuscito a misurare le variazioni di luminosità della stella lungo tutto il secolo scorso, scoprendo così che le stranezze non sono un fenomeno recente. Negli ultimi 100 anni, la luminosità della Tabby Star ha subito ripetute oscillazioni, diminuendo in generale circa del 20%.
Come spiega su Slate l’astronomo Phil Plait, si tratta di un comportamento inspiegabile per una stella di classe F come Kic 8462852, un astro un po’ più caldo e massivo del nostro Sole, i cui cambiamenti di luminosità avvengono di norma su una scala di milioni di anni. Per questo motivo, Schaefer ha potuto calcolare quante comete servirebbero per produrre il fenomeno che osserviamo da Terra, arrivando alla conclusione che richiederebbe il passaggio di 648mila corpi celesti con un diametro di almeno 200 chilometri, paragonabile quindi a quello diPlutone (la cometa più ampia del Sistema solare, la cometa diHale-Bopp, ha un diametro di soli 60 chilometri), e una massa totale superiore a quella dell’intera fascia di Kuiper.
Per questo motivo, Schaefer ritiene che l’ipotesi della famiglia di comete può essere scartata senza troppi scrupoli. I giochi dunque sono di nuovo aperti, ma quale è la spiegazione più probabile ora?Per quanto può suonare assurdo, una mega struttura alienarenderebbe conto perfettamente delle stranezze rilevate. Come spiega Plait, se una civiltà molto più avanzata della nostra avesse costruito una sfera di Dyson nel corso dell’ultimo secolo, avrebbe probabilmente provocato una diminuzione della luminosità della stella riconducibile a quella osservata. Facciamo però un passo indietro: cos’è unasfera di Dyson?
L’idea, resa celebre dal fisico inglese Freeman Dyson, è che una civiltà estremamente avanzata avrebbe incredibilinecessitàenergetiche, e che il modo migliore per risolverle sarebbe quello di raccogliere direttamente l’energia del proprio sole, circondandolo con pannelli solari spaziali (o qualcosa di simile). Facendo due calcoli, Plait ha stabilito che per diminuire del 20% la luminosità di Kic 8462852 servirebbero all’incirca 750 miliardi di chilometri quadrati di pannelli solari, una superficie 1500 volte superiore a quella della Terra. Un progetto un tantino assurdo insomma, anche per un civiltà spaziale super tecnologica.
“Realizzare una struttura meccanica di tale superficie non avrebbe senso per qualunque tipo di civiltà”, ha spiegato a WiredCristiano Cosmovici, bioastronomo dell’Inaf di Roma. “È di certo un’idea affascinante, come le colonie spaziali pensate dalla Nasa negli anni ’70. Ma si tratta solamente di questo: belle idee, che non hanno un senso pratico”.
Per ora dunque cosa provochi le fluttuazioni di luminosità di Kic 8462852 resta un mistero. D’altronde potrebbe trattarsi semplicemente di un nuovo fenomeno fisico ancora sconosciuto, come accadde, in una situazione simile già nel 1967, quando l’allora giovane astronoma Jocelyn Bell osservo delle strane pulsazioni in una lontana stella e, una volta scartata l’ipotesi di comunicazioni aliene, si scoprì l’esistenza di un nuovo tipo di corpi celesti: le stelle pulsar.
Tornando invece alle sfere di Dyson, se queste non sono un indizio plausibile della presenza di forme di vita aliena, non vuole dire però che non ne esistano. “Gli indizi che cerchiamo oggi sono di altro tipo – continua Cosmovici – da un lato, ci sono ricerche come quelle del Seti, che puntano ad individuare segnali radio che potrebbero essere prodotti da altre civiltà tecnologicamente avanzate; dall’altro indagini quelle che portiamo avanti anche noi all’Istituto Nazionale di Astrofisica cercando invece di individuare gli esopianeti potenzialmente abitabili, ed eventuali tracce delle molecole che caratterizzano la vita come la conosciamo sulla Terra”.
La materia organica in tutto l’Universo, spiega l’esperto, è composta da quattro atomi: carbonio, idrogeno, ossigeno e azoto. Per questo motivo, è possibile indagare la presenza di forme di vita anche su pianeti lontane anni luce dal nostro, analizzando le tracce chimiche presenti grazie alla radiospettrometria, che permette di individuare le onde elettromagneticheemesse da ogni diverso tipo di molecola.
“Negli ultimi anni sono stati scoperti circa 2mila nuovi esopianeti. Di questo, un decimo circa ha una posizione e una dimensione che lo rendono potenzialmente abitabile”, aggiunge Cosmovici. “Su questi pianeti si concentrano le nostre ricerche. Per ora stiamo individuando quelli su cui è presente acqua, il primo requisito per lo sviluppo della vita. All’Inaf ad esempio ne abbiamo indivuati cinque, su 35 analizzati. Trovati i pianeti più promettenti, sarà la volta di cercare la presenza di sostanze chimiche che caratterizzano la nascita e l’evoluzione delle forme viventi, basandoci sull’evoluzione prebiotica sul nostro pianeta, dove i primi batteri si sono evoluti circa 3,6 miliardi di anni fa. Questo genere di ricerche entrerà a regime quando saranno disponibili potentissimi telescopi spaziali orbitanti”.
Di Simone Valesini
immagine anteprima: Danielle Futselaar / SETI International
Fonte:http://www.wired.it/scienza/spazio/2016/01/26/comete-strutture-alieni/
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