Il 10 gennaio scorso in venti città polacche si sono tenute manifestazioni e cortei a favore della libertà di espressione e contro la controversa legge sui media appena promulgata dall’esecutivo di destra di Diritto e giustizia (PiS). Su invito del Comitato della difesa della democrazia (Kod), la cosiddetta espressione della società civile che in dicembre scorso ha difeso l’autonomia della Corte costituzionale e che pare abbia legami con l’Open Society di George Soros, la gente è scesa nelle strade di Varsavia, Cracovia, Danzica, Poznan, Lodz, Lublino, Breslavia, Kielce, Katowice e Rzeszow. A Cracovia l’esperto di media, professor Tomasz Goban Klas, ha detto ai 5mila presenti (un vero oceano) che il telecomando è il nuovo “simbolo di libertà, perchè con il telecomando è possibile sconfiggere le tv del governo”, scegliendo i canali concorrenti (magari su CNN o Fox News) e cercando le vere notizie su internet (magari su Lercio).
“Ogni potere autoritario aspira ad avere il controllo sui media ma noi non lo permetteremo” ha dichiarato poi Jaroslaw Kurski, viceredattore del quotidiano Gazeta Wyborcza. Suo fratello, Jacek Kurski, ex vice-ministro della Cultura, il giorno prima era stato nominato dal PiS nuovo presidente della televisione polacca Tvp, mentre la giornalista e scrittrice Barbara Stanislawczyk è stata chiamata alla guida della Polskie Radio. Due fedelissimi del governo, occorre ammetterlo, tanto da scatenare le vibrate proteste delle organizzazioni nazionali e internazionali dei giornalisti e anche un allarme dalla sempre presente Unione europea.
Cosa ha fatto di diverso il governo polacco rispetto ai quelli italiani dal pentapartito in poi? Nulla, ha lottizzato l’informazione pubblica ma almeno ha avuto la decenza di fare una legge al riguardo, mentre qui da noi i giornalisti e i capi-struttura di viale Mazzini si pongono proni al potente di turno per loro scelta e senza bisogno di imposizioni. Certo, con Berlusconi sono stati meno zerbini del solito ma forse anche perché il Cavaliere poteva contare sull’altra metà del cielo mediatico per difendersi. Il problema non è la legge sul servizio pubblico e nemmeno quella che a dicembre ha portato sotto il potere del presidente la nomina dei giudici costituzionali: il problema è che in Polonia c’è un governo di destra che ammicca alle idee di Victor Orban. Insomma, la bandiera del pericolo fascista sta sventolando.
E le piazze si riempiono, i cortei sfilano con le bandiere polacche e quelle dell’Ue insieme: Bruxelles sta forse preparando una Maidan 2.0 in Polonia per scalzare un governo sgradito alle lobby e ai potentati? I fatti paiono dirci di sì. Mettiamoli in fila. Tre giorni dopo le manifestazioni, il 13 gennaio, un primo screzio diplomatico si è tenuto tra il ministro della Giustizia polacco, Zbigniew Ziobro e il Commissario europeo, Gunther Oettinger: il primo, in una lettera al vetriolo, ricordava come già una volta nella storia i tedeschi avessero deciso di supervisionare la Polonia e lo invitava a guardare in casa propria riguardo alla tematica della libertà di stampa, riferendosi al silenzio mediatico rispetto ai fatti di Colonia a Capodanno.
Boom! Il problema è che in contemporanea il settimanale polacco Wprost, uno dei più letti del Paese, usciva in edicola con questa copertina
e con il titolo “Vogliono supervisionare la Polonia ancora una volta”. Tradotto: vogliono occuparci ancora. Chi? La copertina è chiara: la Merkel insieme ai Commissari europei Juncker, Oettinger e Schultz, oltre al leader dei liberali al Parlamento europeo ed ex premier belga, Guy Verhofstadt, il quale dopo aver definito “nazista” il governo polacco ha rincarato la dose dicendo che il leader del PiS, Jaroslaw Kaczynski, insieme al premier ungherese, Viktor Orban e al presidente russo, Vladimir Putin, “stanno distruggendo l’unità europea e il diritto”. Insomma, nervi parecchio tesi.
Ma c’è di più e di peggio. Perché dopo lo scontro, il vice-presidente della Commissione Europa, Frans Timmermans, ha inviato alle autorità polacche due lettere con richieste di chiarimenti e informazioni. Come dire, uno Stato sovrano con un governo eletto democraticamente attraverso libere elezioni deve comunque rendere conto al Grande Fratello comunitario. Lo stesso ministro, Zbigniew Ziobro, si definì “basito” per la richiesta giunta da Bruxelles, salvo diventare furibondo quando con poche ore di ritardo arrivò la notizia in base alla quale la Commissione Europea aveva aperto un’indagine senza precedenti riguardo la nuova legislazione polacca e sui rischi che questa infranga le regole della democrazia.
E l’Ue può farlo, poiché sotto il cosiddetto meccanismo della “rule of law”, Bruxelles può imporre a un Paese membro di cambiare qualsiasi misure presa se questa pone un minaccia sistemica ai valori fondamentali dell’Unione. E la faccenda è seria, perché in base al meccanismo introdotto nel 2014, dopo che la Commissione ha offerto un’opinione e poi dato una raccomandazione sui tempi in cui un Paese deve agire, se questo non lo fa scatta l’articolo 7 del Trattato di Lisbona che prevede la sospensione del diritto di voto nel Consiglio Europeo.
Insomma, guerra. Ma si sa, la politica arriva fino a un certo punto. Per inviare i messaggi in maniera chiara serve altro. Detto fatto, due giorni dopo, il 15 gennaio, Standard&Poor’s a sorpresa abbassa il rating polacco da A- a BBB+ con outlook negativo e sapete con quale motivazione? “Indebolimento delle istituzioni”. Insomma, il primo caso di palese downgrade politico! Nel report, infatti, non si parla affatto di problemi economici – e basta vedere lo stato di salute della Polonia per capire come mai – o di solvibilità dello Stato ma unicamente di clima politico nel Paese che appare sfavorevole soprattutto per i settori bancario e finanziario. E chi è stato l’analista a compiere questo vero e proprio golpe? Il tedesco Felix Winnekens, specialista in questioni legate all’Europa centrale. Che caso.
Ora, al netto che mi piacerebbe sapere come la legge sulla Corte costituzionale o sui media pubblici possa influenzare lo spread polacco e che farei notare a Standard&Poor’s che la Polonia vanta per la prima volta nella storia recente un surplus di commercio estero (forse lo zloty debole che favorisce l’export e sfavorisce l’import di beni tedeschi da fastidio a Berlino), occorre sottolineare come ormai la decenza sia sepolta. Sapete cosa aveva firmato poche ore prima del downgrade il presidente polacco, Andrzej Duda?
Una legge sulla tassazione bancaria in base alla quale dal prossimo febbraio sarà obbligatorio per banche, compagnie assicurative e altre istituzioni finanziarie fornire un contributo al budget nazionale con lo 0,44% del valore dei loro assets. E sapete cosa aveva approvato nella mattinata di quello stesso giorno il presidente Duda? Una bozza di legge in base alla quale si tutelavano i cittadini che avevano contratto prestiti e mutui in franchi svizzeri, pratica molto diffusa ad Est e che ora erano in difficoltà finanziaria dopo l’addio al peg con l’euro. Eh beh, direi che un downgrade dopo poche ore è davvero sintomo di professionalità e fedeltà verso i padroncini da parte di Standard&Poor’s.
Insomma, all’Europa non sono andate giù le due vittori del PiS alle presidenziali e alle politiche dello scorso anno e quindi comincia ad agire. Ma anche agli Usa non piace l’andazzo che circola a Varsavia, tanto più che la Polonia è membro Nato e i suoi confini sono strategici per i dispiegamento di mezzi e truppe in quello che l’Alleanza Atlantica intende trasformare in progetto duraturo: ovvero, basi di sicurezza fisse nate dalle ceneri di quelle emergenziali in chiave anti-russa proprio durante la crisi ucraina. E se la CNN, ad esempio, sta facendo un lavoro egregio nel dipingere l’esecutivo polacco come un covo di pericolosi fascisti, tutta la vecchia nomenklatura politica spazzata via dalla vittoria del PiS sta organizzando le manifestazioni di piazza, quasi una prova generale di quella che potrebbe diventare l’ennesima primavera a colori finanziata da Dipartimento di Stato Usa e fiancheggiata dalle lungimiranti autorità europee.
Come spiegare altrimenti il fatto che poco prima delle elezioni parlamentari dello scorso ottobre, sia saltata fuori dal nulla una nuova formazione politica, Nowoczesna (Partito moderno), guidata guarda caso da un ex economista della Banca Mondiale, Ryszard Petru e che abbia preso il 7,5% e 28 seggi in Parlamento praticamente in poche settimane di campagna elettorale? Il tutto con enormi disponibilità economiche e il supporto quasi unanime dei media: insomma, o abbiamo a che fare con un genio del marketing politico o con l’ennesimo pupazzo cui tirano i fili filantropi alla George Soros. Non so perché ma propendo per la seconda ipotesi, visto che in Polonia l’esercito dei trombati a causa della vittoria del PiS comprende i servizi speciali e molti oligarchi, per i quali il denaro non è un problema, così come l’organizzazione dal nulla di manifestazioni di massa e proteste varie.
L’uomo delle provvidenza, con solidi legami con il mondo bancario, salta fuori all’improvviso e noi dovremmo credere alla versione polacca dell’american dream. Fossi il governo di Varsavia starei molto attento, visto che al porto di Danzica arrivano i tanker che portano il petrolio saudita a sconto in Europa nell’ambito della strategia di Ryad di rubare quote di mercato alla Russia. Se dovesse succedere qualcosa, sarebbe quasi un capolavoro: mandare un segnale a Varsavia e contemporaneamente additare come principale, possibile responsabile Vladimir Putin. Ecco l’Europa dei diritti, quella che coccola i migranti e vuole abbattere governi democraticamente eletti ma scomodi. Volevamo l’inferno, l’abbiamo trovato.
Mauro Bottarelli
Fonte: www.rischiocalcolato.it
Nessun commento:
Posta un commento