domenica 7 febbraio 2016

L’UNIONE EUROPEA IN CRISI NON E’ PIU’ IL MOSTRO ANARCO-IMPERIALE DI CUI AVEVAMO TIMORE



Il ‘progetto europeo’ ha perso le sue caratteristiche di forza propulsiva già molto tempo fa e sta precipitando in una crisi esistenziale. E’ morta l’illusione che l'UE possa funzionare come un’Unione Politica centralizzata.

Dal ‘Trattato di Maastricht’ del 1992 fino all’estatica chiusura della ‘Convenzione di Philadelphia’ europea del Giugno 2003 [https://it.wikipedia.org/wiki/Convenzione_di_Filadelfia], gli eventi si son mossi alla velocità della luce e sempre in direzione di un’Unione più stretta. Si trattasse o meno di un super-stato, la sostanza è sempre stata in contrasto con il principio dello ‘Stato Nazionale’ sovrano e autonomo.



Nessuno può dire che le élites europee siano mancate di brio. Prese dalla ‘febbre dei trattati’, saltarono dalla creazione dell'euro e della politica estera all’’Unione per la Difesa’, implementata ad Amsterdam nel 1997.

A Bruxelles furono create cellule militari e d’intelligence guidate da 9 Generali e 57 Colonnelli, con lo scopo di formare un esercito europeo composto da 100.000 soldati, 400 aerei e 100 navi, per proiettare il potere dell’UE in tutto il mondo.

Lanciarono un sistema satellitare europeo [Galileo] perché l’Europa, per usare le parole del leader francese Jacques Chirac, non dovesse più essere ‘vassalla’ di Washington. Crearono una proto-FBI [Europol] e un ‘Dipartimento di Giustizia’ dell'UE, replicando una ad una le strutture del Governo Federale degli Stati Uniti. Dotarono l’Unione Europea, in altre parole, degli apparati di uno Stato conclamato.

Quando l’Irlanda votò ‘no’ al ‘Trattato di Nizza’ – rendendolo legalmente nullo – gli irlandesi furono letteralmente schiacciati. Niente avrebbe fermato il colosso europeo.

Ma la cosa più importante fu quando la ‘Convenzione Europea’ [https://it.wikipedia.org/wiki/Convenzione_europea] si riunì per elaborare il ‘Trattato per porre fine a tutti i Trattati’, ovvero la ‘Costituzione Europea’. Fu lanciata presumibilmente per avvicinare l'Europa ai suoi cittadini, dopo che i rivoltosi anti-UE misero in fiamme Goteborg e si cominciarono a sentire i primi tamburi della rivolta populista.

Il forum fu immediatamente ‘dirottato’ dagli addetti ai lavori dell'Unione Europea e utilizzato per lo scopo opposto, un dramma cui dovetti assistere in prima persona come corrispondente da Bruxelles. Il testo affermava nero su bianco che ‘la Costituzione Europea deve avere il primato sulle Leggi degli Stati membri’.

Invece di ridurre il ‘Diritto Comunitario’ [conseguentemente alle rivolte populiste], quel documento portava per la prima volta tutta la normativa dell’UE sotto la giurisdizione della ‘Corte Europea’ [ECJ], creando de facto una ‘Corte Suprema’.

La ‘Carta dei Diritti Fondamentali’ – che per un Ministro britannico aveva l’autorità legale di un ‘beano’ [prodotto naturale per la prevenzione del gonfiore dello stomaco] – era giuridicamente vincolante e con essa l’articolo 52, che consente di sospendere tutti i diritti nell‘interesse generale’ dell’Unione …. e che sia dannata la ‘Magna Carta’ [https://it.wikipedia.org/wiki/Magna_Carta].

La ‘Carta dei Diritti Fondamentali’ fu concepita per dare all'UE ‘personalità giuridica’, per consentirle di concordare Trattati a proprio nome e prevedeva finanche un Presidente eletto. Si trattava di passare da un club di ‘Nazioni Sovrane’ ad uno ‘Stato Unitario’, ovvero ad un ‘mostro anarco-imperiale’, secondo le parole di un ex funzionario della ‘Commissione’, Bernard Connolly.

Quando le prime bozze cominciarono a circolare inviai un messaggio a Charles Moore, a quei tempi Direttore del Telegraph, sul fatto che, a mio avviso, la Gran Bretagna stesse affrontando un’emergenza nazionale.

Col senno del poi posso dire che il mio allarme non fu eccessivo. E’ ormai evidente che l'UE ‘ha fatto il passo più lungo della gamba’ e che l’’Inno alla Gioia’, suonato alla chiusura di tale vertiginosa ‘Convenzione Europea’, segnava il momento in cui il progetto europeo, inteso come forza propulsiva nella storia, veniva dato alle fiamme, dando inizio alla crisi esistenziale che possiamo vedere davanti a noi.

Le proposte della ‘Carta’ furono respinte dagli elettori francesi e olandesi. Il ‘Trattato di Lisbona’, all’interno del quale i leaders europei fecero slittare, con un push dell’esecutivo, la maggior parte di quel testo, fu anch’esso un passo troppo lungo. Ed ora è tornato a perseguitarli. Il rifiuto di accettare l’appassionato verdetto del popolo ha cristallizzato il sospetto, a lungo restato latente, che il ‘Progetto Europeo’ fosse sfuggito al controllo democratico.

A quel punto gli europei orientali erano già arrivati, seguiti dai loro pre-moderni sistemi politici, e distrussero l’illusione che l'UE potesse essere governata come una centralizzata e compatta Unione Politica.

Un decennio più tardi l’ungherese Viktor Orban ed il polacco Jarosław Kaczyński fanno semplicemente quello che vogliono, hanno preso il controllo dei media statali e dei Tribunali, scrollandosi di dosso con nonchalance gli avvertimenti pro-forma lanciati da Bruxelles.

L’Unione Monetaria, soprattutto, si è dimostrata incurabilmente maligna. Ha diviso l’Eurozona nei campi aspramente contrapposti dei creditori e dei debitori. Nei circoli europei era stato a lungo un articolo di fede il sostenere che qualsiasi crisi dell’Eurozona sarebbe sempre stata piegata verso scopi più alti, permettendo il successivo salto in avanti, verso un’Unione fiscale e politica.

Anche questo fu un errore di valutazione. La Germania ha bloccato qualsiasi passo verso budgets condivisi o verso la mutualizzazione dei debiti. L’’Unione Bancaria’ smentisce il suo stesso nome: gli oneri poggiano ancora sulle spalle degli Stati Sovrani in difficoltà e non intacca il circolo vizioso che si è formato tra banche e governi, che si tirano l’un l'altro all’interno della crisi.

Quando Berlino parla di ‘Unione Fiscale’, questa significa una sola cosa: il potere di monitorare e punire i ‘peccatori’.

George Osborne ha sbagliato, a Davos, quando ha parlato dell’‘inesorabile logica’ dell’euro-integrazione lungo le linee di quel federalismo fiscale che Alexander Hamilton aveva implementato nel tardo 18° secolo [negli Stati Uniti]. Tutto questo ha certamente una sua logica, ma non è quello che è successo.

L’Eurozona dovrà ancora zoppicare, alle prese con una pietra tagliente posta nella sua scarpa, fino a quando il dolore si rivelerà troppo grande per qualche suo membro, probabilmente per gli italiani.

Una cosa è cambiata. Berlino ha accettato che la Banca Centrale Europea, dal Luglio del 2012, potesse operare da ‘prestatore di ultima istanza’, facendo istantaneamente terminare la crisi del ‘debito sovrano’. Ma il danno era ormai irreversibile.

Gli anni della contrazione fiscale e monetaria avevano trasformato la ‘recessione’ in una ‘depressione’ più lunga di quella del 1930. I rapporti del debito sono ora pericolosamente più alti rispetto a quel periodo, mentre l’effetto ‘isteresi’ della disoccupazione di massa ha spezzato le molle del possibile recupero.

Non fatevi ingannare dal rimbalzo ciclico di breve termine guidato dal petrolio e dall’euro a buon mercato, dalla fine dell’austerità e dal Quantitative Easing, seppur avviato con cinque anni di ritardo. Il Continente è immerso fino al collo nella deflazione del debito. Sarà praticamente indifeso quando arriverà la prossima crisi mondiale.

Un nuovo documento del Fondo Monetario Internazionale – Risks of Stagnation in the Euro Area – avverte che gli effetti ereditati dalla crisi amplificheranno qualsiasi shock negativo, “creando un circolo vizioso che terrà bloccata l’economia in un equilibrio fatto di stagnazione”.

Scritto dall’economista cinese Huidan Lin, il documento sostiene che l'Europa rischia gravemente un secondo decennio perduto, che durerà fino alla metà degli anni ’20 [del XXI secolo], con gli effetti più gravi nei paesi ad alto debito del sud.

Qualcuno pensa davvero che il sistema politico europeo possa resistere ad un tale risultato?

Le trattative di David Cameron con Bruxelles sembrano stranamente irrilevanti di fronte alla catastrofe auto-inflitta dell’Europa – e mi riferisco alla sola Unione Monetaria, senza il parallelo fallimento di Schengen!

Non c’è niente di sbagliato nel suo menù di richieste. E’ utile che lo status di ‘valuta speciale’ della moneta britannica sia stato ‘inchiodato’. Donald Tusk, Presidente del Consiglio Europeo, ha mostrato buona volontà.

Tuttavia, la decisione di ‘stare o non stare assieme’ – per come Tusk l’ha descritta – non può essere presa basandosi su queste formalità. Ciò che conta davvero è conservare la concordia in queste nostre Isole [Regno Unito], ovvero se possiamo o meno salvare la nostra democrazia sovrana una volta sottoposti al Trattato di Lisbona e ad una Corte di tipo imperiale [ECJ].

Dobbiamo decidere se è meglio gestire l’eterno mal di testa costituito dalle nostre relazioni con il Continente stando all'interno o all’esterno dell'UE – e se è questo il modo migliore per gestire una Cina in ascesa e una Russia revanscista.

Si deve decidere, in conclusione, se quest’Unione disfunzionale possa davvero salvarci tutti, o se non sarebbe meglio lasciarla morire poggiando di nuovo i piedi nel terreno più sicuro degli Stati nazionali democratici.

La paranoia sulle quattro note a piè pagina di David Cameron è andata avanti troppo a lungo. Prima potremo affrontare gli imperativi strategici che sono davanti a noi, meglio sarà per tutti.



Ambrose Evans-Pritchard

Fonte: www.telegraph.co.uk

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