venerdì 22 aprile 2016

PFAS VENETO, L’ASSESSORE ALLA SANITÀ: “PIÙ DI 60MILA PERSONE CONTAMINATE DALLE SOSTANZE CANCEROGENE NELLE ACQUE”

Pfas Veneto, l’assessore alla Sanità: “Più di 60mila persone contaminate dalle sostanze cancerogene nelle acque”


L'emergenza è rimasta a lungo sotto traccia, ma ora Iss, Oms e il direttore generale della Salute regionale escono allo scoperto. E tutti i cittadini esposti al rischio (310mila circa in totale) saranno sottoposti ad analisi. Gli effetti delle sostanze contestate: "Colesterolo alto, ipertensione, alterazione dei livelli del glucosio, effetti sui reni, patologie della tiroide e, nei soggetti iper esposti, tumore del testicolo e del rene”






L’ammissione, clamorosa, arriva direttamente dal direttore generale della sanità veneta Domenico Mantoan: “Io sono tra i super esposti – dichiara il dirigente regionale parlando dell’emergenza Pfas, le sostanze cancerogene nelle acque delVeneto – perché ho bevuto per trent’anni l’acqua di casa mia aBrendola, nel vicentino. Ora ho fino a 250 nanogrammi per grammo di Pfas nel sangue”. La Regione Veneto cambia passo sull’emergenza sanitaria e ambientale per le sostanze perfluoroalchiliche, di cui fino a poco fa discuteva riservatamente nelle riunioni tecniche definendola “fuori controllo”, e decide di uscire allo scoperto rendendo nota tutta la gravità del problema, insieme agli esperti dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’Oms. “Più di 60mila persone residenti nelle zone a maggior impatto sono contaminate – spiega l’assessore regionale alla Sanità,Lucio Coletto – Altre 250 mila sono interessate dal problema”.
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Insieme a Loredana Musumeci dell’Istituto Superiore di Sanità, aMarco Marcuzzidell’Oms e al dirigente della sanità venetaMantoan, l’assessoreColetto ha presentato i primi risultati del biomonitoraggio che laRegione ha realizzato con l’Iss sulla popolazione esposta ai Pfas, “possibili cancerogeni” per lo Iarc. Il risultato è che sangue dei veneti – e dei vicentini in particolare – scorrono quantità rilevanti di Pfas, un gruppo di composti prodotti per decenni dalla fabbrica chimica Miteni di Trìssino, nel vicentino, usati per l’impermeabilizzazione dipentole e tessuti, che hanno contaminato le falde acquifere delle province di Vicenza, Verona e Padova. La zona più colpita, dove si trovano i cittadini “esposti” (14 ng/g) e “super esposti” (70 ng/g), è quella compresa tra i comuni di Montecchio Maggiore, Lonigo,Brendola, Creazzo, Altavilla, Sovizzo, Sarego, in provincia diVicenza. Mentre la zona di controllo, a impatto minore, interessa i comuni di Mozzecane, Dueville, Carmignano, Fontaniva,Loreggia, Resana e Treviso. Nell’agosto del 2013 è stata effettuata la messa in sicurezza degli acquedotti, tramite l’applicazione di filtri a carboni attivi che costano 2 milioni di euro all’anno. Ma fino ad allora l’acqua ha intossicato la popolazione.

Un’emergenza rimasta a lungo sotto traccia, tanto che leindagini sull’origine della contaminazione, iniziate nel 2013 in seguito a un esposto dell’Arpa, sono rimaste ferme per tre anni inProcura a Vicenza. Secondo gli inquirenti, per contestare ilreato di avvelenamento delle acque sarebbero stati necessari i risultati di uno studio epidemiologico. Ora la Regione, sotto il coordinamento dell’Iss, fa sapere di volerne avviare uno “della durata di 10 anni” partendo dalle 60mila persone più esposte della provincia di Vicenza. Le analisi, promette l’assessore Coletto, saranno effettuate a carico della sanità regionale e verranno estese a tutti i 250mila cittadini dei comuni del Veronese e delPadovano coinvolti. Chi risulterà positivo agli esami verrà seguito con un protocollo di follow-up semestrale a partire da gennaio 2017.

I composti Pfas, ha spiegato la dottoressa Musumeci dell’Iss, sono “idrosolubili e vengono assorbiti rapidamente per via orale. Una volta nell’organismo, si legano alle proteine del plasma e delfegato, e vengono eliminate dai reni solo molto lentamente”. Secondo gli studi epidemiologici, effettuati sulla popolazione della Mid-Ohio Valley, negli Usa, e su quella tedesca, i Pfaspossono causare “colesterolo alto, ipertensione, alterazione dei livelli del glucosio, effetti sui reni, patologie della tiroide e, nei soggetti iper esposti, tumore del testicolo e del rene”.
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Lo studio avviato inVeneto potrà essere determinante per modificare laclassificazione di cancerogenicità dei Pfasfatta dello Iarc, che per ora si basa su una letteratura limitata. Mentre l’Unione Europea sta elaborando, sulla base del caso veneto, una direttiva che imponga minuziosi controlli sui Pfas nell’acqua. “La magistratura è sempre stata informata fin dall’inizio – spiega a ilfattoquotidiano.it l’assessore alla Sanità della Regione Veneto, Lucio Coletto – e per quanto riguarda i danni sanitari e ambientali, nei primi mesi del 2014 ho scritto all’avvocatura regionale chiedendo di valutare la possibilità di rivalersi nei confronti della ditta che ha inquinato”. Una decisione che dovrà essere presa dalla giunta regionale, ma che per l’assessore è ormai “una scelta obbligata”. Così come la richiesta al governo, che verrà discussa nella prossima riunione di giunta, dell’istituzione di un nuovo sito inquinato di interesse nazionale.



http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04/21/pfas-veneto-lassessore-alla-sanita-piu-di-60mila-persone-contaminate-dalle-sostanze-cancerogene-nelle-acque/2659874/

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