di Alfredo Serrano Mancilla - ActualidadRT
Malgrado tutti i tentativi di sabotaggio, l’Agenda economica bolivariana (Aeb) in Venezuela si è riappropriata dell’agenda economica del paese. Dopo la sconfitta alle legislative nel dicembre 2015, la Rivoluzione bolivariana sembra aver ritrovato il proprio cammino.
L’Aeb è stata un’utile protezione contro parte delle rovine che il neoliberismo reca con sé. Si è scelta un’altra strada per proteggere la popolazione in questi tempi avversi. Non è e non sarà facile. La caduta del prezzo del petrolio e lo strangolamento finanziario internazionale contro il Venezuela, la guerra economica e gli squilibri economici interni disegnano uno scenario complesso nel quale non esistono soluzioni magiche.
Ma l’Aeb cerca di trovare risposte immediate quanto a soluzioni strutturali. In queste duplice obiettivo, l’economia produttiva è una condizione necessaria. Ed ecco irrompere con forza l’agricoltura urbana come nuova pratica produttiva, sociale, culturale ed economica. In pochissimo tempo è diventata un settore protagonista, dopo l’annuncio della costituzione del relativo ministero da parte del presidente Maduro all’inizio di quest’anno.
Non è un’idea nuova. Lo stesso presidente Hugo Chávez aveva parlato di questa necessità già prima del golpe del 2002. L’importanza di riscoprire la vocazione agricola delle aree urbane è stata richiamata di continuo: un appello ad approfittare della verticalità delle città. L’agricoltura urbana risponde a questa sfida del XXI secolo, tanto più se cade in un periodo di emergenza economica.
La grande potenzialità di questo nuovo asse deriva dalla compresenza di numerose caratteristiche positive: 1) fa appello all’etica produttiva, collegando lo sforzo individuale dei soggetti più diversi nel contesto di un progetto collettivo nazionale; 2) si conferma come un bastione materiale imprescindibile della nuova epica produttiva; 3) porta un’impronta significativamente nuova nella politica economica; 4) fa sognare, costruendo aspettative positive per il futuro; 5) fa di ogni persona un attore produttivo nuovo (Agricoltura urbana, Agricoltura umana) e di conseguenza democratizza l’attività economica; 6) mette in sintonia con il territorio e offre al progetto bolivariano uno strumento per la costruzione di una forza politica e produttiva su scala locale;
7) collega più direttamente produttori e consumatori riducendo la dipendenza dagli intermediari; 8) delinea la morfologia delle nuove città produttive, necessaria per questa nuova tappa.
Per tutte queste ragioni, l’Agricoltura urbana non nasce per essere marginale. Al contrario: è arrivata a posizionarsi come un fattore economico centrale e un potente strumento politico per il futuro. Essa chiama a ridirezionare le restanti politiche economiche (finanze, tasse, investimenti, commercio) a proprio favore. E’ così che l’Agricoltura urbana può essere pensata in grande, per evitare che molti ne vedano una moda e di piccolo calibro.
Sono trascorsi i primi cento giorni dal varo del Piano per l’agricoltura urbana, con risultati soddisfacenti. Il primo è che si è riusciti a far diventare questa nuova tappa parte del sentire comune. E poi, i primi frutti reali si sono già visti. Si possono già mangiare i nuovi prodotti che nelle stesse città si raccolgono. Il progetto si istituzionalizza via via. E’ ormai in grado di creare meccanismi efficaci per l’autoproduzione di semi e fertilizzanti. Si tratta di un passo importante per la sovranità produttiva.
Non solo: con l’agricoltura urbana si progetta il riordino dello spazio pubblico a favore di quest’attività, di questo progetto produttivo collettivo. Il prossimo passo deve essere dotarsi di strumenti finanziari autonomi (far parte del portfolio dei crediti produttivi del sistema bancario pubblico e privato) per andare avanti con passo deciso affinché questa nuova economia sia irreversibile. L’Agricoltura urbana pone la sfida di stringere alleanze con il resto delle politiche economiche e tecnologiche, con l’obiettivo di una sostenibilità di lungo periodo.
L’Agricoltura urbana si presenta nel paese come una risposta efficace all’emergenza economica. Non vuole essere semplicemente una toppa. Non vuole essere un animale di passaggio. E’ qui per rimanere, rafforzandosi, in un nuovo metabolismo economico e sociale. Solo così, se puede.
Traduzione di Marinella Correggia per l'AntiDiplomatico
Malgrado tutti i tentativi di sabotaggio, l’Agenda economica bolivariana (Aeb) in Venezuela si è riappropriata dell’agenda economica del paese. Dopo la sconfitta alle legislative nel dicembre 2015, la Rivoluzione bolivariana sembra aver ritrovato il proprio cammino.
L’Aeb è stata un’utile protezione contro parte delle rovine che il neoliberismo reca con sé. Si è scelta un’altra strada per proteggere la popolazione in questi tempi avversi. Non è e non sarà facile. La caduta del prezzo del petrolio e lo strangolamento finanziario internazionale contro il Venezuela, la guerra economica e gli squilibri economici interni disegnano uno scenario complesso nel quale non esistono soluzioni magiche.
Ma l’Aeb cerca di trovare risposte immediate quanto a soluzioni strutturali. In queste duplice obiettivo, l’economia produttiva è una condizione necessaria. Ed ecco irrompere con forza l’agricoltura urbana come nuova pratica produttiva, sociale, culturale ed economica. In pochissimo tempo è diventata un settore protagonista, dopo l’annuncio della costituzione del relativo ministero da parte del presidente Maduro all’inizio di quest’anno.
Non è un’idea nuova. Lo stesso presidente Hugo Chávez aveva parlato di questa necessità già prima del golpe del 2002. L’importanza di riscoprire la vocazione agricola delle aree urbane è stata richiamata di continuo: un appello ad approfittare della verticalità delle città. L’agricoltura urbana risponde a questa sfida del XXI secolo, tanto più se cade in un periodo di emergenza economica.
La grande potenzialità di questo nuovo asse deriva dalla compresenza di numerose caratteristiche positive: 1) fa appello all’etica produttiva, collegando lo sforzo individuale dei soggetti più diversi nel contesto di un progetto collettivo nazionale; 2) si conferma come un bastione materiale imprescindibile della nuova epica produttiva; 3) porta un’impronta significativamente nuova nella politica economica; 4) fa sognare, costruendo aspettative positive per il futuro; 5) fa di ogni persona un attore produttivo nuovo (Agricoltura urbana, Agricoltura umana) e di conseguenza democratizza l’attività economica; 6) mette in sintonia con il territorio e offre al progetto bolivariano uno strumento per la costruzione di una forza politica e produttiva su scala locale;
7) collega più direttamente produttori e consumatori riducendo la dipendenza dagli intermediari; 8) delinea la morfologia delle nuove città produttive, necessaria per questa nuova tappa.
Per tutte queste ragioni, l’Agricoltura urbana non nasce per essere marginale. Al contrario: è arrivata a posizionarsi come un fattore economico centrale e un potente strumento politico per il futuro. Essa chiama a ridirezionare le restanti politiche economiche (finanze, tasse, investimenti, commercio) a proprio favore. E’ così che l’Agricoltura urbana può essere pensata in grande, per evitare che molti ne vedano una moda e di piccolo calibro.
Sono trascorsi i primi cento giorni dal varo del Piano per l’agricoltura urbana, con risultati soddisfacenti. Il primo è che si è riusciti a far diventare questa nuova tappa parte del sentire comune. E poi, i primi frutti reali si sono già visti. Si possono già mangiare i nuovi prodotti che nelle stesse città si raccolgono. Il progetto si istituzionalizza via via. E’ ormai in grado di creare meccanismi efficaci per l’autoproduzione di semi e fertilizzanti. Si tratta di un passo importante per la sovranità produttiva.
Non solo: con l’agricoltura urbana si progetta il riordino dello spazio pubblico a favore di quest’attività, di questo progetto produttivo collettivo. Il prossimo passo deve essere dotarsi di strumenti finanziari autonomi (far parte del portfolio dei crediti produttivi del sistema bancario pubblico e privato) per andare avanti con passo deciso affinché questa nuova economia sia irreversibile. L’Agricoltura urbana pone la sfida di stringere alleanze con il resto delle politiche economiche e tecnologiche, con l’obiettivo di una sostenibilità di lungo periodo.
L’Agricoltura urbana si presenta nel paese come una risposta efficace all’emergenza economica. Non vuole essere semplicemente una toppa. Non vuole essere un animale di passaggio. E’ qui per rimanere, rafforzandosi, in un nuovo metabolismo economico e sociale. Solo così, se puede.
Traduzione di Marinella Correggia per l'AntiDiplomatico
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