Rockefeller si fa l’Arca di Noè. Cosa ci nasconde?
Nella gelida isola di Spitsbergen, desolato arcipelago delle
Svalbard (mare di Barents, un migliaio di chilometri dal Polo) è in via di
febbrile completamento la
superbanca delle sementi, destinata a contenere i semi di tre
milioni di varietà di piante di tutto il mondo.
Una «banca» scavata nel granito, chiusa da due portelloni a
prova di bomba con sensori rivelatori di movimento, speciali bocche di
aerazione, muraglie di cemento armato spesse un metro.
La
fortificazione sorge presso il minuscolo agglomerato di
Longyearbyen, dove ogni estraneo che arrivi è subito notato; del resto, l’isola
è quasi deserta.
Essa servirà, fa sapere il governo norvegese titolare
dell’arcipelago, a «conservare per il futuro la biodiversità agricola».
Per la
pubblicità, è «l’arca dell’Apocalisse» prossima ventura.
Il fatto è che il finanziatore principale di questa arca
delle sementi è la
Fondazione Rockefeller , insieme a Monsanto e Syngenta (i due
colossi del geneticamente modificato), la Pioneer Hi-Bred
che studia OGM per la multinazionale chimica DuPont; gruppo interessante a cui
s’è recentemente unito Bill Gates, l’uomo più ricco della storia universale,
attraverso la sua fondazione caritativa Bill & Melinda Gates Foundation.
Questa dà al progetto 30 milioni di dollari l’anno.
Ce ne informa l’ottimo William Engdahl (1) che ragiona:
quella gente non butta soldi in pure utopie umanitarie.
Che futuro si aspettano per creare una banca di sementi del
genere?
Di banche di sementi ne esistono almeno un migliaio in giro
per le università del mondo: che futuro avranno?
La
Rockefeller Foundation , ci ricorda Engdahl, è la stessa che
negli anni ’70 finanziò con 100 milioni di dollari di allora la prima idea di
«rivoluzione agricola genetica».
Fu un grande lavoro che cominciò con la creazione
dell’Agricolture Development Council (emanazione della Rockefeller Foundation),
e poi dell’International Rice Research Institute (IRRI) nelle Filippine (cui
partecipò la
Fondazione Ford ).
Nel 1991 questo centro di studi sul riso si coniugò con il
messicano (ma sempre dei Rockefeller) International Maize and Wheat Improvement
Center, poi con un centro analogo per l’agricoltura tropicale (IITA, sede in
Nigeria, dollari Rockefeller).
Questi infine formarono il CGIAR, Consultative Group on
International Agricolture Research.
In varie riunioni internazionali di esperti e politici
tenuti nel centro conferenze della Rockefeller Foundation a Bellagio, il CGIAR
fece in modo di attrarre nel suo gioco la FAO (l’ente ONU per cibo e agricoltura), la Banca Mondiale
(allora capeggiata da Robert McNamara) e lo UN Development Program.
La CGIAR
invitò, ospitò e istruì generazioni di scienziati agricoli, specie del Terzo
Mondo, sulle meraviglie del moderno agribusiness e sulla nascente industria dei
semi geneticamente modificati.
Questi portarono il verbo nei loro Paesi, costituendo una
rete di influenza straordinaria per la penetrazione dell’agribusiness Monsanto.
«Con un oculato effetto-leva dei fondi inizialmente
investiti», scrive Engdahl, «negli anni ’70 la Rockefeller Foundation
si mise nella posizione di plasmare la politica agricola mondiale. E l’ha
plasmata».
Tutto nel nome della scientificità umanitaria («la fame nel mondo») e di una nuova
agricoltura adatta al mercato libero globale.
I lavori per lo scavo
nel granito della Doomsday Seed Vault
La genetica è una vecchia fissa dei Rockefeller: fino dagli
anni ’30, quando si chiamava «eugenetica», ed era studiata molto nei laboratori
tedeschi come ricerca sulla purezza razziale.
La
Rockefeller Foundation finanziò generosamente quegli
scienziati, molti dei quali dopo la caduta di Hitler furono portati in USA dove
continuarono a studiare e sperimentare.
La mappatura del gene, la sequenza del genoma umano,
l’ingegneria genetica da cui Pannella e i suoi coristi si aspettano mirabolanti
cure per i mali dell’uomo – insieme agli OGM brevettati da Monsanto, Syngenta
ed altri giganti – sono i risultati di
quelle ricerche ed esperimenti.
Nel 1946, del resto, Nelson Rockefeller lanciò la parola
d’ordine propagandistica «Rivoluzione Verde» dal Messico, un viaggio nel quale
lo accompagnava Henry Wallace, che era stato ministro dell’Agricoltura sotto
Roosevelt, e si preparava a fondare la già citata Pioneer Hi-Bred Seed Company.
Norman Borlaug, l’agro-scienziato acclamato padre della
Rivoluzione Verde con un Nobel per la pace, lavorava per i Rockefeller.
Lo scopo proclamato: vincere la fame del mondo, in India, in
Messico.
Ma davvero Rockefeller spende soldi per l’umanità
sofferente?
La chiave è nella frase che Henry Kissinger pronunciò negli
anni ’70, mentre nasceva la
CGIAR : «Chi controlla il petrolio controlla il Paese; chi
controlla il cibo, controlla la popolazione».
Il petrolio, i Rockefeller lo controllavano già con la Standard Oil , guida
del cartello petrolifero mondiale.
Oggi sappiamo che Rivoluzione Verde era il sinonimo
pubblicitario per OGM, e il suo vero esito è stato quello di sottrarre la
produzione agricola familiare ed assoggettare i contadini, specie del Terzo
Mondo, agli interessi di tre o quattro colossi dell’agribusiness
euro-americano.
In pratica, ciò avvenne attraverso la raccomandazione e
diffusione di nuovi «ibridi-miracolo» che davano raccolti «favolosi», preparati
nei laboratori dei giganti multinazionali.
I semi ibridi hanno un carattere commercialmente
interessante per il business: non si riproducono o si riproducono poco,
obbligando i contadini a comprare ogni anno nuove sementi, anziché usare (come
fatto da millenni) parte del loro raccolto per la nuova semina.
Quei semi erano stati brevettati, e costavano parecchio.
Sono praticamente un monopolio della Dekalb (Monsanto) e
della Pioneer Hi-Bred (DuPont), le stesse aziende all’avanguardia negli OGM.
La relativa autosufficienza e sostenibilità
auto-alimentantesi dell’agricoltura tradizionale era finita.
Ai semi ibridi seguirono le «necessarie» tecnologie agricole
americane ad alto impiego di capitale, gli indispensabili fertilizzanti chimici
Monsanto e DuPont e con l’arrivo degli OGM, gli assolutamente necessari
anti-parassitari e diserbanti studiati apposti per quello specifico seme OGM.
Tutto brevettato, tutto costoso.
I contadini che per secoli avevano coltivato per
l’autoconsumo e il mercato locale, poco importando e poco esportando, non
avevano tanto denaro.
Ecco pronta la soluzione: lanciarsi nell’agricoltura
«orientata ai mercati globali», produrre derrate non da consumo ma da vendita,
cash-crop, raccolti per fare cassa.
Addio autosufficienza ed autoconsumo, addio chiusura alle
importazioni superflue.
I contadini potevano vendere all’estero sì: sotto controllo
di sei intermediari globali, colossi e titani come la Cargill , la Bunge Y Born, la Louis Dreyfus …
La
Banca Mondiale di McNamara, soccorrevole, forniva ai regimi
sottosviluppati prestiti per creare canali d’irrigazione moderni e dighe; la Chase Manhattan
Bank dei Rockefeller si offriva – visto che i contadini non producevano mai
abbastanza da ripagare i debiti contratti per comprare pesticidi, OGM e sementi
ibride brevettati – di indebitare i contadini in regime privatistico.
Ma questo ai grandi imprenditori agricoli con latifondi.
I piccoli contadini, per le sementi-miracolo e i diserbanti
e i fertilizzanti scientifici, si dovettero indebitare «sul mercato», ossia con
gli usurai.
I tassi d’interesse sequestrarono il raccolto-miracolo; a molti,
divorarono anche la terra.
I contadini, accade in India specialmente, dovettero
lavorare una terra non più loro, per pagare i debiti.
La stessa rivoluzione sta prendendo piede in Africa.
Chilometri di monoculture di cotone geneticamente
modificato, sementi sterili da comprare ogni anno.
E il meglio deve ancora arrivare.
Dal 2007 la
Monsanto , insieme al governo USA, ha brevettato su scala
mondiale di sementi «Terminator», ossia che commettono suicidio dopo il
raccolto: una scoperta che chiamano, senza scrupoli, «Genetic Use Restriction
Technology», ossia volta a ridurre l’uso di sementi non brevettate.
La estensione di sementi geneticamente modificate – ossia di
cloni con identico corredo genetico – è ovviamente un pericolo incombente per
le bocche umane: una malattia distrugge tutti i cloni, ed è la carestia.
Occorre la biodeversità, di cui si sciacquano le labbra
ecologisti e verdi radicali.
E qui si comincia ad intuire perché si sta costruendo l’Arca
di Noè delle sementi alle Svalbard: quando arriva la catastrofe, le sementi
naturali dovranno essere controllate dal gruppo dell’agribusiness, e da nessun
altro.
Le banche di sementi, secondo la FAO , sono 1.400, già per la
maggior parte negli Stati Uniti.
Le più grandi sono usate e possedute da Monsanto, Syngenta,
Dow Chemical, DuPont, che ne ricavano i corredi genetici da modificare.
Perché hanno bisogno di un’altra arca di Noè agricola alle
Svalbard, con tanto di porte corazzate e allarmi anti-intrusione, scavata nella
roccia.
Le altre banche sono in Cina, Giappone, Corea del sud,
Germania, Canada, evidentemente non tutte sotto il controllo diretto dei grandi
gruppi.
La tecnologia «Terminator» può suggerire uno scenario
complottista fantastico: una malattia prima sconosciuta che infetta le sementi
naturali conservate nelle banche fuori-controllo USA, obbligando a ricorrere al
caveau delle Svalbard, l’unico indenne.
E’ un pensiero che ci affrettiamo a scacciare: chi può osar
diffamare benefattori dell’umanità affamata come Rockefeller, Monsanto, Bil
Gates, Syngenta?
Ma Engdahl ricorda le parole del professor Francis Boyle, lo
scienziato che stilò la prima bozza delle legge americana contro il terrorismo
biologico (Biological Weapons anti-Terrorism Act), approvata dal Congresso nel
1989.
Francis Boyle sostiene che «il Pentagono sta attrezzandosi
per combattere e vincere la guerra biologica», e che Bush ha a questo scopo
emanato due direttive nel 2002, adottate «senza conoscenza del pubblico».
Per Boyle, nel biennio 2002-2004, il governo USA ha già
speso 14,5 miliardi di dollari per le ricerche sulla guerra biologica.
Il National Institute of Health (ente governativo) ha
connesso 497 borse di studio per ricerche su germi infettivi con possibilità
militari.
La bio-ingegneria è ovviamente lo strumento principale in
queste ricerche.
Jonathan King, professore al MIT, ha accusato: «I programmi
bio-terroristici crescenti rappresentano un pericolo per la nostra stessa
popolazione; questi programmi sono invariabilmente definiti ‘difensivi’, ma nel
campo dell’armamento biologico, difensivo e offensivo si identificano».
Altre possibilità sono nell’aria, e Engdahl ne ricorda
alcune.
Nel 2001, una piccola ditta di ingegneria genetica
californiana, la Epicyte
, ha annunciato di aver approntato un mais geneticamente modificato contenente
uno spermicida: i maschi che se ne nutrivano diventavano sterili.
Epicyte aveva creato questa semente miracolo con fondi del
Dipartimento dell’Agricoltura USA (USDA), il ministero che condivide con
Monsanto i brevetti del Terminator; ed a quel tempo, la ditta aveva in corso
una joint-venture con DuPont e Syngenta.
Ancor prima, anni ‘ 90, l ’Organizzazione Mondiale della Sanità
(OMS, ossia l’ONU) lanciò una vasta campagna per vaccinare contro il tetano le
donne delle Filippine, Messico e Nicaragua, fra i 15 e i 45 anni.
Perché solo le donne?
Forse che gli uomini, nei Paesi poveri, sono esenti da
tetano, e non si feriscono mai con ferri sporchi e arrugginiti?
Se lo domandò il Comite pro Vida, l’organizzazione cattolica
messicana ben conscia delle campagne anti-natalità condotte in Sudamerica dai
Rockefeller.
Fece esaminare il vaccino fornito dall’OMS gratuitamente e
generosamente alle donne di età fertile: e scoprì che esso conteneva
gonadotropina corionica umana, un ormone naturale che, attivato dal germe
attenuato del tetano contenuto nel vaccino, stimolava speciali anticorpi che
rendevano incapaci le donne di portare a termine la gravidanza.
Di fatto, un abortivo.
Risultò che questo vaccino-miracolo era il risultato di 20
anni di ricerche finanziate dalla Rockefeller Foundation, dal Population
Council (dei Rockefeller), dalla CGIAR (Rockefeller), dal National Institute of
Health (governo USA)… e anche la
Norvegia aveva contribuito con 41 milioni di dollari al
vaccino antitetanico-abortivo.
Guarda caso, lo stesso Stato che oggi partecipa all’Arca di
Noè e che la sorveglierà nelle sue Svalbard.
Ciò fa tornare in mente ad Engdahl (non a noi) quella
vecchia fissa dei Rockefeller per l’eugenetica del Reich: la linea di ricerca
preferita era ciò che si chiamava «eugenetica negativa», e perseguiva l’estinzione
sistematica delle razze indesiderate e dei loro corredi genetici.
Margaret Sanger, la femminista che fondò (coi soldi dei
Rockefeller) il Planned Parenthood International, la ONG più impegnata nel
diffondere gli anticoncezionali nel Terzo Mondo, aveva le idee chiare in
proposito, quando lanciò un programma sociale nel 1939, chiamato «The Negro
Project» (2).
Come scrisse in una lettera ad un amico fidato, il succo del
progetto era questo: «Vogliamo eliminare la popolazione negra».
Ah pardon, scusate: non si dice «negro», si dice «nero»,
«afro-americano».
E’ questo che conta davvero, per i progressisti.
Fonte: Disinformazione.it
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