Il World Socialist WebSite riferisce sulle recenti udienze che si sono svolte al Parlamento americano riguardo le modalità di condurre una guerra mondiale. La cosa più allarmante è che tanto gli esperti militari quanto i politici -siano essi democratici o repubblicani- non sembrano avere consapevolezza delle implicazioni complessive di una guerra, concentrandosi solo su come “vincerla”. Come fosse un videogioco. La stessa eventualità di una guerra su larga scala viene presa come un dato di realtà per un futuro tutt’altro che remoto.
di Patrick Martin, 05 novembre 2015
Il complesso militare e dei servizi di intelligence americani è impegnato in una sistematica preparazione alla Terza Guerra Mondiale. Per quanto riguarda il Pentagono, un conflitto militare con la Cina e/o la Russia è inevitabile, e questa prospettiva è diventata l’obiettivo di tutti i piani tattici e strategici.
Tre udienze congressuali tenutesi martedì [il 3 novembre, NdT] hanno dimostrato questa realtà. Di mattina, la Commissione del Senato sui Servizi Armati ha organizzato un’udienza sul conflitto informatico. Nel pomeriggio, una sotto-commissione della Commissione della Camera sui Servizi Armati ha discusso l’attuale volume e dispiegamento della flotta di portaerei americane, mentre un’altra sotto-commissione dello stesso organo ha discusso la modernizzazione degli armamenti atomici.
Il World Socialist WebSite (WSWS) fornirà un resoconto più dettagliato di ciò che si è detto durante queste udienze, a cui era presente un reporter del WSWS stesso. Ma si possono certamente fare delle osservazioni preliminari.
Nessuna delle udienze si è occupata delle implicazioni più ampie dei preparativi condotti dagli USA per la guerra, o di cosa implicherebbe una guerra su larga scala tra potenze nucleari in termini di sopravvivenza della razza umana, o addirittura della vita su questo pianeta. Al contrario, le udienze erano esempi di ciò che si potrebbe definire “routinizzazione” della Terza Guerra Mondiale. Una guerra tra Stati Uniti e Cina e/o Russia veniva considerata come un dato oggettivo, e le testimonianze dei presenti, così come le domande poste da senatori e deputati, fossero essi democratici o repubblicani, riguardavano solamente il miglior modo per prevalere in un conflitto.
Le udienze erano parte di un processo tuttora in corso. I testimoni riferivano dei loro scritti o dichiarazioni passate. I senatori e i deputati riferivano di precedenti testimonianze che erano state fornite. In altre parole, le preparazioni per una guerra mondiale, con l’uso di armi informatiche, portaerei, bombardieri, missili e tutto il resto del vasto armamentario, si stanno svolgendo già da lungo tempo. Non si tratta della reazione agli eventi più recenti, come quelli nel mare della Cina meridionale, in Ucraina, in Siria o altrove.
Ciascuna delle udienze si riferiva a un eventuale grosso conflitto degli USA con un’altra grande potenza (a volte non ben definita, altre volte esplicitamente identificata nella Cina o nella Russia) entro un periodo di tempo relativamente breve, vale a dire qualche anno o al più qualche decennio. Il pericolo del terrorismo, strombazzato incessantemente per mettere in allarme l’opinione pubblica, veniva sminuito e in un certo senso trascurato. A un certo punto, nell’udienza del Senato sul conflitto informatico, in risposta alla domanda diretta della democratica Jeanne Shaheen del New Hampshire, gli esperti presenti hanno dichiarato tutti che la loro preoccupazione maggiore erano gli stati-nazione, non i gruppi terroristici.
Uno dei testimoni all’udienza è stato il dottor Peter W. Singer, presentato come “Stratega e Membro Anziano” della New America, un gruppo di esperti con sede a Washington. La sua presentazione era intitolata “Lezioni sulla Terza Guerra Mondiale”. Ha iniziato la presentazione con la seguente descrizione dell’eventuale conflitto:
“Gli Stati Uniti e la Cina conducono una guerra navale, sparando di tutto, dai missili degli incrociatori ai laser. I veloci jet russi e americani guerreggiano nell’aria, seguiti da droni robot. Gli Hacker a Shanghai e nella Silicon Valley duellano sul campo di battaglia digitale. E i combattimenti nello spazio decidono chi vince tra i contendenti sulla Terra. Sono scene da romanzo o ciò che può succedere effettivamente nel mondo reale già dopodomani? La risposta è entrambe le cose.”
In nessuna delle tre udienze si è detto nulla sulle probabilità che un effettivo grosso conflitto abbia luogo, o sulla necessità di vincere la guerra. Nessuno ha messo in dubbio l’assunzione che il concetto di “vittoria”, in una guerra mondiale tra potenze nucleari, possa avere senso. La discussione era tutta su quali tecnologie e quali risorse umane fossero necessarie affinché gli Stati Uniti avessero la meglio.
Ciò valeva tanto per i senatori e gli altri rappresentanti democratici, quanto per le loro controparti repubblicane. Come di prassi le due parti sedevano ai lati opposti della commissione rispetto al presidente. Se non ci fosse stata questa specifica dislocazione, sarebbe stato impossibile individuare chi apparteneva a quale partito, giudicando solo dalle loro domande e dalle opinioni che esprimevano.
Al contrario della rappresentazione fornita dai media, secondo cui Washington sarebbe divisa nettamente tra pareri politici contrapposti, qui c’era un accordo bipartitico sulla questione più fondamentale di tutte, cioè sulla necessità della preparazione per una nuova guerra mondiale imperialista.
L’unanimità dei rappresentanti politici del mondo delle imprese suggerisce senza dubbio che non ci siano ostacoli sul sentiero che porta alla guerra. Tutte le udienze convergevano, in modi diversi, sul tema della profonda crisi in cui si trova l’imperialismo americano. Questa crisi ha due componenti fondamentali: il declino del potere economico degli Stati Uniti a confronto dei suoi maggiori rivali, e le contraddizioni interne della società americana, con un progressivo aggravamento dell’alienazione della classe lavoratrice, specialmente tra i giovani.
Nell’udienza alla sottocommissione della Camera sul dispiegamento delle portaerei, il presidente ha notato che uno dei testimoni, l’Ammiraglio della Marina, ha espresso preoccupazione per avere “una flotta di 11 portaerei in un mondo di 15 portaerei“. Washington si trova di fronte a così tante sfide, ha continuato, che ciò di cui c’è davvero bisogno è una flotta di 21 portaerei, il doppio del volume attuale, cioè una flotta che manderebbe in bancarotta anche un paese con molte più risorse degli Stati Uniti.
L’udienza al Senato sulla sicurezza informatica ha toccato brevemente il tema della sfida interna al militarismo americano. Il testimone capo, il generale in pensione Keith Alexander, ex direttore dell’Agenzia di Sicurezza Nazionale ed ex capo del CyberCommand del Pentagono, ha lamentato l’effetto delle fughe di notizie da parte di Edward Snowden, ex dipendente dell’Agenzia per la Sicurezza Nazionale, e del soldato Chelsea Manning, dichiarando poi che gli “attacchi interni” sono una delle maggiori minacce per l’esercito americano.
Il senatore americano Joe Manchin, della West Virginia, gli ha chiesto direttamente, con riferimento a Snowden: “Lo dovremmo trattare come un traditore?“. Il generale a risposto: “Dovrebbe essere trattato come un traditore, e processato come tale“. Manchin ha vigorosamente annuito, essendo in evidente accordo.
Mentre i testimoni e i senatori sceglievano di usare i nomi di Snowden e di Manning per personificare il “nemico interno”, erano chiaramente coscienti che l’opposizione interna rispetto alla guerra è qualcosa di ben più che qualche isolato individuo.
Non si tratta solo dell’ormai ben radicata repulsione che la classe lavoratrice ha dopo 14 anni di sanguinose guerre imperialiste in Afghanistan, Iraq, Somalia, Libia, Siria e Yemen, per quanto importanti siano.
Una guerra tra gli Stati Uniti e una grossa potenza come la Cina o la Russia, anche se si riuscisse ad evitare l’escalation in una guerra atomica, implicherebbe comunque una mobilitazione colossale delle risorse della società americana, risorse sia umane che economiche. Significherebbe una drammatica riduzione degli standard di vita dei cittadini americani, assieme a un enorme tributo di sangue che ricadrebbe inevitabilmente sui figli della classe lavoratrice.
Dopo la guerra del Vietnam, l’esercito americano ha iniziato a essere composto solo da forze volontarie, evitando la coscrizione, che aveva causato un’ampia opposizione e anche un’aperta diserzione negli anni ’60 e ’70. Una guerra non-nucleare con la Cina o la Russia implicherebbe la reintroduzione della leva e getterebbe i costi della guerra su ogni singola famiglia americana.
A queste condizioni, non importa quanto grande sia il dispiegamento di forze di polizia o il ricorso a misure repressive contro i sentimenti pacifisti, la stabilità della società americana sarebbe comunque messa alla prova. La classe dirigente americana è profondamente preoccupata per le conseguenze. E fa bene ad esserlo.
fonte:voci dall'estero
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