sabato 19 dicembre 2015

CRISI SISTEMICA GLOBALE: IL GRANDE RITORNO DELL’EUROPA NERA



Molto tempo fa, nel 1998, il nostro compianto Direttore, Frank Biancheri, scrisse un articolo intitolato: «2009, quando i nipoti di Hitler, Pétain, Mussolini … prenderanno il controllo dell’Unione» [8]. È esattamente quello che aveva anticipato per l’Unione Europea se questa non fosse riuscita a democratizzarsi. È del tutto palese di come l’UE non ci stia riuscendo … il processo ha quindi avuto inizio.



Riaffermiamo che nel 2015 il drammatico afflusso d’immigrati, seguito dagli attacchi dei terroristi, ha rappresentato un colpo fin troppo duro perché l’UE, già indebolita dalla crisi euro-russa e da quella dell’euro, possa resistere.

Fino allo scorso mese di Settembre le tendenze progressiste e reazionarie, tutto sommato, si compensavano. Ma ora non è più così.

Il sentimento ormai predominante in Europa è la paura: paura della Cina, della Russia, della concorrenza dei paesi emergenti, del non riuscire ad adattarsi, dei musulmani, dell’immigrazione, del riscaldamento globale, delle tasse, della deregolamentazione, di Internet, dei giovani che non hanno rispetto per niente, degli anziani che gravano sulla spesa pubblica, dell’alimentazione che ci sta uccidendo, dell’acqua inquinata, dei farmaci tossici, del cancro che incombe su di noi …

Non c’è alcun dubbio che questa paura abbia cause reali, ed è proprio questo il problema. Le drammatiche sfide portate dal mondo moderno si stanno accumulando, i cittadini assistono spaventati alle mosse non solo inefficaci ma anche controproducenti dei loro governi.

Non appena i cittadini cominciano a prendere coscienza di quello che dovrebbe essere fatto, al posto di quello che i governi stanno invece facendo, comincia a diffondersi il panico. Nel continente, di conseguenza, stanno ovunque diffondendosi delle alternative politiche che derivano dall’imperativo assoluto, molto sentito dagli europei, di dover cambiare:

. affermazione dei Partiti della sinistra radicale in Grecia, Spagna, Portogallo e Slovenia … ritorno della sinistra tradizionale in Italia e Regno Unito. La ricomparsa di una sinistra ancorata al volere delle popolazioni terrorizza le élites finanziarie e militari, appollaiate sui media ed sui partiti al potere;

. rafforzamento dei Partiti della destra radicale in Francia (FN), Austria (FPÖ), Paesi Bassi (Geert Wilders) e Germania (AfD), che si avvantaggiano del panico generato dall’immigrazione e dal terrorismo. Anche questi Partiti sono ancorati alla volontà delle popolazioni, ma il loro concetto di ordine li rende propensi ad un’alleanza con la casta attualmente al potere e, quindi, non avranno difficoltà a condividerne le idee (il Regno Unito di Cameron e di Theresa May – «alleati» contro l’UKIP ma aggrappati in realtà ai loro privilegi di ‘casta regnante [9] – ne costituisce un esempio lampante);

. rafforzamento dei movimenti radicali legati alle comunità locali – xenofobi, razzisti e omofobi (Pegida in Germania e movimenti analoghi in Polonia, Danimarca etc.) – che provocano manifestazioni e contro-manifestazioni, che degenerano sempre in comportamenti violenti …

Ed allora, cominciamo ad assistere a delle minacce vere e proprie nel caso questi partiti dovessero conseguire una vittoria elettorale: un generale dell’esercito britannico promette un ammutinamento se Corbyn andasse al potere in Inghilterra [10], la City mette in guardia contro l’elezione di Ed Miliband [11], Blair annuncia la fine del Partito Laburista se Corbyn dovesse prenderne il controllo [12], il «padrone dei padroni» francese annuncia che il successo del FN sarà un disastro per l’economia francese [13], il Primo Ministro francese parla di «guerra civile» nel caso di una vittoria del FN[14], il Presidente portoghese supplica l’’Unione di Sinistra’ di non rimettere in discussione le politiche pro-NATO e pro-euro condotte finora dal paese [15] … dopo aver resistito alla tentazione d’impedire a questa ‘Unione di Sinistra’ di prendere il controllo del Parlamento, come imponeva il risultato delle elezioni.

Il vero pericolo è ormai chiaro, consiste nel rischio che l’establishment europeo possa bloccare le evoluzioni politiche che sono in corso e interrompere i processi democratici.

Esempi di attacchi alla nostra democrazia esistono di già: l’elezione che ha permesso la salita al potere di un gigante del ‘mondo di ieri’, Duda, è stata giudicata come un «colpo di Stato» dal leader del Parlamento Europeo Martin Schulz [16]; la tentazione di tagliare il wi-fi pubblico in Francia [17]; la chiusura dei conti bancari effettuata dalla Barclays a Cipro [18]; l’unione tra i giganti di Internet e gli Stati membri dell’UE nella lotta al terrorismo [19].

Il settore pubblico e privato si sono incontrati per limitare le libertà pubbliche, con il consenso di una popolazione sempre più terrorizzata. Lo stato d’allerta che è stato diramato lo permette ampiamente.

L’Europa, a livello comunitario, sembra resistere alla grande ondata reazionaria solo per forza d’inerzia, come suggeriscono le parole di Schulz (il Parlamento europeo ci salverà?).

In realtà, se fino a sei mesi fa l’UE proponeva ancora progetti di unione politica e fiscale, piani infrastrutturali ed una vera e propria governance dell’Eurozona ora, però, ha cominciato a cavalcare l’onda della paura per potersi ‘rafforzare’: il progetto principale, in questo momento, è quello dell’Europa-Fortezza, portato avanti con la forza delle armi e con la minaccia di esclusione per gli Stati membri che non vogliono abbandonare quello che resta della loro sovranità [20].

Nel frattempo, che cosa si può fare? Il fatto è che queste misure sono richieste dalle stesse popolazioni europee: se adesso è troppo tardi per ‘agire’, non resta che ‘reagire’. Saranno le generazioni future a giudicarci ed eventualmente a condannarci.

Per la grande deriva democratica ormai in atto, palese è la responsabilità dei dirigenti degli ultimi trent’anni. La democratizzazione dell’UE doveva essere portata avanti secondo quanto avevano indicato i dirigenti degli anni ’80.

L’ondata migratoria si sarebbe potuta evitare se l’Europa avesse resistito alle ultime follie della politica americana in Medio Oriente, che voleva sbarazzarsi dell’ennesimo dittatore, questa volta in Siria, anche a costo di generare un nuovo caos (senza dotarsi, per giunta, dei mezzi necessari per poterlo affrontare). Anche L’EI, sogno proibito d’integrazione regionale del mondo arabo, si è trasformato in un incubo. Si sarebbe potuto evitare, o perlomeno limitare.

In entrambi i casi l’anno della svolta è il 2013, ultimo anno del mandato Barroso, che ha anche visto l’inizio della crisi ucraina. Arrivati al 2015 il danno ormai è fatto, le opportunità perché l’Europa possa prenda la giusta via non ci sono più. Non ci sono più né buone soluzioni né buoni attori.

Su quest’ultimo punto il nostro team è colpito sempre di più dalle evoluzioni dei paesi partner, come la Russia o la Turchia. La Russia, in particolare, quella Russia che adesso l’Europa non ha altra scelta che seguire, seppur storcendo il naso, è ben diversa da quella che era stata snobbata nel 2013.

Putin, all’epoca, subiva come sempre il fascino dell’Europa, ostentando una certa volontà di europeizzazione: JO, i diritti umani, il potenziale ‘Nobel per la Pace’ per il ruolo da lui svolto nella crisi siriana … quel Putin giocava secondo le regole europee e voleva essere riconosciuto come un ‘pari’.

Il trattamento del quale lui e il suo paese sono stati oggetto, nel 2014, lo ha fatto pendere dalla parte della Cina, lo ha costretto ad abbandonare gli sforzi in materia di diritti umani e ha fatto nascere in sé stesso il disprezzo più totale nei confronti degli europei … e, adesso che conosciamo le sue idee, è l’Europa a dover giocare secondo le sue regole. Bel successo, davvero.

In un certo qual modo la Turchia di Erdogan si è evoluta nella stessa direzione. L’Erdogan ansioso di rappresentare un islamismo moderno, moderato e democratico non ha resistito alle enormi crisi attraversate dal suo paese, delle quali una parte di responsabilità ce l’hanno gli europei.

Anche in Erdogan è nato il totale disprezzo per un’Europa pusillanime e indecisa a tutto. Lo prova il fatto che non si è nemmeno degnato di recarsi al vertice UE-Turchia e non ha mandato al suo posto nemmeno il Primo Ministro Davutoglu[21].

In un solo anno, il 2014, l’Europa ha perso tutto il suo prestigio sulla scena internazionale. I suoi ex alleati (Stati Uniti, Arabia Saudita, Israele …) appaiono sempre di più come fonti dei numerosi problemi che mettono in pericolo il pianeta.

E’ costretta a congiungersi a partners (Russia, Turchia …) che per decenni ha trattato da paesi inferiori e che ora la disprezzano non facendo più alcuno sforzo di compatibilità democratica …

La crisi c’è, ci sono anche state parecchie evoluzioni … ma l’Europa non ha fatto che perdere potere. Non le resta che la paura, ed è per questo che siamo ormai molto pessimisti sul fatto che l’Europa possa evitare un’involuzione reazionaria imposta dallo stesso establishment e dai suoi complici, per evitare il caos nel continente europeo.

Tra questi complici, che ne siano o meno consapevoli, bisogna considerare Partiti come il FN che, fin dall’inizio, fa la parte dello «straccio rosso» destinato a far rieleggere a tempo indeterminato le élites a capo della Francia.

Il FN e gli islamisti hanno la stessa storia: sono serviti per mantenere al potere delle élites sempre più sconnesse, per fare da sfogo «autorizzato» al malessere dei cittadini, ma sono mai state coinvolte nella vita politica francese. C’è stato spazio solo per il FN come presunta alternativa ai grandi partiti, perché potesse essere messo a confronto con questi ultimi, rafforzandoli di conseguenza.

Esattamente come per gli islamisti nel mondo arabo, il rischio che il FN vada al potere sarà contrastato dalle élites al potere dapprima con un tentativo di bloccaggio «in nome della democrazia» (l’Algeria e il FIS degli anni ‘80), e poi con l’adozione di tutti i mezzi e le risorse umane di cui dispongono, oppure con una ‘presa di potere’ vera e propria.

In entrambi i casi, nella Francia dei prossimi anni la democrazia non è ‘in programma’. Ci sono troppi problemi e troppe responsabilità perché le élites possano permettersi questo lusso. Il deragliamento democratico francese contribuirà a rafforzare evoluzioni similari anche negli altri paesi europei.

Si potrebbe dire, naturalmente, che il ritorno dell’Europa ‘nera’ sarà di breve durata, che la svolta reazionaria europea servirà a proteggerla dalle trasformazioni globali, che gli europei la porteranno presto al fallimento, che la società «dell’era di Internet» non ci metterà molto a riorganizzarsi e a scacciare il male …

Il nostro continente, naturalmente, sopravviverà a questo nuovo episodio della ‘parte oscura’ della sua Storia. Non dimentichiamoci, però, che non tutte le guerre finiscono come la 2a Guerra Mondiale. Al contrario, ogni guerra, ogni periodo nero, porta con sé i germi di quello seguente.

A titolo di esempio, è bene sapere che, tre anni fa, il FN ha creato il proprio ufficio all’ENA – a fianco di quelli del PS e dei Repubblicani – e che una parte ormai significativa dei diplomi della ‘Scuola di Amministrazione’ francese (che fornisce le risorse umane a tutto l’apparato statale francese) è ormai simpatizzante del FN … «Simpatizzanti» che, questa volta, hanno interessi professionali a che il proprio Partito abbia successo … e che hanno anche i mezzi per contribuire [22].

Tutto questo ci fa capire che le idee del FN non stanno per sparire dall’apparato statale francese e, quindi, da uno dei centri dell’Europa …



Fonte: http://geab.eu

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