Il filosofo francese presenta in anteprima mondiale il libro «Pensare l’Islam»
Michel Onfray, giovedì si apre il Carnevale di Colonia, con la giornata della donna che sarà l’occasione per ricordare le aggressioni sessuali di massa del 31 dicembre. Qual è stata la sua reazione a quei fatti?
«Trovo inaudito che la nostra élite giornalistica e mondana, intellettuale e parigina, così pronta a dare del sessista a chiunque rifiuti di scrivere professeure oauteure al femminile (in francese professore e autore non si declinavano, ndr), non abbia niente da dire sulla violenza a centinaia di donne a opera di orde di emigrati o immigrati, come non si dice più, perché il politicamente corretto impone migranti. Questa stessa élite - così pronta a trovare dell’antisemitismo ovunque, me compreso quando scrivo un libro contro Freud che vuole lavorare con i nazisti per salvare la psicanalisi sotto il III Reich - non ha niente a che ridire neppure sulle dichiarazioni antisemite quando vengono da musulmani integralisti. La Francia ha rinunciato all’intelligenza e alla ragione, alla lucidità e allo spirito critico. Michel Houellebecq ha ragione: viviamo già sotto il regime della sottomissione».
In Pensare l’Islam, lei dedica qualche pagina al ruolo della donna nel Corano trattata come inferiore rispetto all’uomo. I problemi di Colonia trovano le loro radici nel Corano, secondo lei?
«Questi problemi dipendono soprattutto dalla libido di giovani uomini senza partner sessuali e in una situazione sociologica priva di punti di riferimento. Questa regressione fa immaginare quel che furono probabilmente i ratti delle donne nelle orde primitive. Il Corano afferma l’ineguaglianza tra uomini e donne, una sura dice così: “Le vostre donne sono per voi un campo di lavoro: andate nel vostro campo come vorrete” (II.223), ma la violenza collettiva non è comunque esplicitamente raccomandata».
Qual è la sua impressione sulla comunicazione delle autorità tedesche sui fatti avvenuti a Colonia e nelle altre città?
«Per cancellare il reale è sufficiente non dirlo. È la legge dei media: ciò che non viene mostrato non esiste. Ma la moltiplicazione delle reti libere fa sì che la dominazione dei media di Stato si trovi soppressa dai media liberi che riportano quel che è avvenuto veramente».
Elisabeth Badinter ha detto a proposito di Colonia che «non bisogna avere paura di farsi trattare da islamofobi», se è per dire la verità. Che cosa ne pensa?
«Ha completamente ragione. E sono sufficientemente insultato per sottoscrivere senza riserve».
Sulla questione del terrorismo islamista, lei indica come responsabili «decenni di bombardamenti occidentali» da un lato, ma dall’altro spiega che un atteggiamento bellicoso e totalitario dell’Islam è ben presente nel Corano. Non c’è una contraddizione? Di chi è la colpa maggiore?
«I due aspetti non si escludono: a partire dalla prima guerra del Golfo l’Occidente ha ucciso quattro milioni di musulmani (secondo un rapporto pubblicato da Physicians for Social Responsability, ndr) e il Corano invita alla guerra contro gli infedeli. Questa miscela esplosiva produce la situazione nella quale ci troviamo. Ricordo che all’epoca in cui gli Stati Uniti lavoravano con Bin Laden contro i sovietici in Afghanistan il terrorismo islamico non era di attualità sul Pianeta».
Ma perché prende la prima guerra del Golfo nel 1991 come punto di partenza? Se la «guerra di civiltà» esiste, come lei sostiene nel suo libro, non risale allora a più indietro nel tempo?
«Sì, certamente, esiste dall’Ègira (l’inizio dell’era musulmana, ndr) e lo mostro in un libro molto voluminoso al quale sto lavorando e che si chiameràDecadenza. Le Crociate, la caduta di Costantinopoli, la battaglia di Lepanto, la collaborazione del Gran Mufti di Gerusalemme con i nazisti, la fatwa contro Salman Rushdie, fanno parte di questa storia tormentata che dura ancora. Questa cattiva conoscenza delle relazioni tra le due civiltà diffusa tra i nostri governanti, sommata alla loro imprudenza, alla loro incapacità, spiega lo stato attuale delle cose. L’Islam politico è una bomba con la quale l’Occidente gioca da sempre».
Secondo la sua analisi, nel Corano si trovano passi che giustificano ugualmente un Islam di pace e uno di guerra. È ragionevole sperare in una vittoria dell’Islam di pace? E che cosa potrebbe fare l’Occidente per favorirla?
«Si può fare la pace solo volendola e solo con i nostri nemici. Il pacifismo si basa sul cervello e l’intelligenza, la ragione e il dialogo, la cultura e la civiltà; la guerra, invece, punta sugli istinti e le passioni, la vendetta e l’odio, la barbarie e la disumanità. La Francia è stata la patria dei diritti dell’uomo, ma non lo è più, la Francia è stata la patria della pace perpetua con l’abate di San Pietro (al quale si ispira Kant), ma non lo è più, la Francia è stata la patria del pacifismo con Jean Jaurès, ma non lo è più. Questa stessa Francia potrebbe prendere una grande iniziativa diplomatica e promuovere una conferenza mondiale per la pace. Ma non ci credo. François Hollande non ha alcun carisma internazionale e la sua solo prospettiva è l’essere rieletto. E succede che il testosterone del comandante in capo sia purtroppo un argomento elettorale».
Lei scrive che l’Islam in questo momento non ha interesse a essere pacifico, perché è in condizioni di vincere e di dominare. Davvero considera la civiltà occidentale così priva di forze, e quella musulmana così dilagante in Europa?
«Si, la nostra civiltà giudaico-cristiana è sfinita, morta. Dopo duemila anni di esistenza, si compiace nel nichilismo e nella distruzione, nella pulsione di morte e nell’odio di sé, non crea più niente e vive solo di risentimento e rancore. L’Islam manifesta quel che Nietzsche chiama “una grande salute”: dispone di giovani soldati pronti a morire per esso. Quale occidentale è pronto a morire per i valori della nostra civiltà: il supermercato e l’e-commerce, il consumismo triviale e il narcisismo egotista, l’edonismo volgare e il monopattino per adulti?».
Lei suggerisce di negoziare con lo Stato islamico, che però proclama di lavorare per l’Apocalisse e la battaglia finale tra musulmani e «miscredenti» a Dabiq. Non le pare che gli jihadisti agiscano secondo una logica diversa rispetto alla nostra razionalità?
«La Francia non trova indegno negoziare con dei Paesi che sostengono questo terrorismo quando si tratta di fare del commercio e di vendere degli aerei da combattimento: Arabia saudita, Qatar, Turchia… Gli jihadisti sono dei soldati che ubbidiscono al loro califfo che è un capo di guerra e un capo di Stato. La diplomazia allora funziona solo con degli Stati amici, moralmente impeccabili e sconosciuti ad Amnesty International. Invece bisogna cenare in compagnia del diavolo con un lungo cucchiaio (per tenerlo a distanza, secondo il proverbio, ndr)».
Si definisce sempre di sinistra, ma sul terrorismo e numerosi altri temi le sue opinioni sono opposte alla linea politica della sinistra di governo. Sarebbe pronto a presentarsi alle elezioni del 2017?
«La sinistra liberista che è al potere in Francia dal 1983 è molto liberista e per niente di sinistra ormai. Dal canto mio, io sono rimasto di sinistra e anti-liberista. Questa sinistra che sopprime le 35 ore, manda dei sindacalisti in prigione, legittima l’affitto degli uteri delle donne povere per le donne ricche, fa della scuola il luogo dove solo i figli dei borghesi se la cavano, dà i pieni poteri al denaro nella sanità e nella cultura, nei trasporti e nei media, nella polizia e nella difesa, questa sinistra dicevo non è di sinistra. Adesso si mette persino a mettere in pratica le idee del Front National sullo stato di emergenza e la revoca della nazionalità, e i principi della destra sulla guerra imperialista! Quanto a presentarmi alle presidenziali, è impossibile: sono un uomo solo e senza partito, senza soldi e senza rete di alleanze. Ma, peggio, sono un uomo di etica e di convinzioni, cosa che è in contrasto con l’esercizio di una campagna presidenziale dove la menzogna e la demagogia dettano legge».
Perché ha deciso di pubblicare «Pensare l’Islam» in Francia solo in un secondo momento? E dopo l’uscita del libro oggi in Italia, pensa di tornare ad apparire nei media francesi?
«La data di pubblicazione originaria coincideva con la data di commemorazione degli attentati di gennaio 2015 a «Charlie Hebdo» e al supermercato ebraico, e in Francia ormai c’è posto solo per il compassionevole, che è agli antipodi del filosofico. Deporre peluche ai piedi della statua in place de la République è la sola manifestazione di intelligenza autorizzata dal potere di Stato sostenuto dal potere mediatico. Riprenderò la parola, sì, certamente, a marzo con la pubblicazione di Pensare l’Islam e del libro politico Lo specchietto per le allodole. E poi sto creando il mio media indipendente per risparmiarmi la stupidità mediatica francese».
STEFANO MONTEFIORI
Fonte: www.corriere.it/
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