Il tempo profano è in sé concluso, finito e destinato ad estinguersi, così come conclusa, finita e peritura è la vita profana; il tempo iniziatico è in-finito, cioè si proietta e si confonde (cum-fundere, liquefare, sciogliere insieme alchemicamente) nell’essenza eterna dell’Essere.
“Che cos’è quindi il tempo ? Se nessuno me lo chiede, lo so; se dovessi spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so più”. Con queste parole di Sant’Agostino (1) esprime la difficoltà che ciascuno di noi incontra nel definire il “tempo”.
Cos’è il tempo? Da quando sulla Terra è comparsa la prima forma di vita intelligente, sono iniziati gli interrogativi sulla natura del tempo, su come lo si possa definire, su quali leggi ne regolino il fluire.
Dagli albori dell’umanità esso è al centro di studi e di riflessioni sia sul piano scientifico sia su quello filosofico.
Tralasciando le definizioni di tipo scientifico, vorrei richiamare alcuni concetti di natura filosofica per poi tentare una lettura del concetto di tempo secondo il pensiero massonico.
Nella mitologia greca Crono ( Κρόνος ) (Saturno per i Romani) è il dio e tiranno del tempo, figlio di Urano (Cielo) e di Gea (Terra).
Crono aveva ucciso il padre e divorava i suoi figli temendo di essere spodestato da uno di loro, era insomma un dio feroce, proprio come il Tempo che divora ogni cosa.
Un figlio fu salvato dalla madre Rhea che diede in pasto a Crono una pietra avvolta in fasce. Quel figlio era Zeus, che sconfisse il padre e gli fece rigurgitare i fratelli divorati, i quali erano gli Dei che popolarono l’Olimpo, . Ma qui si dipana un’altra storia…
Tradizionalmente, nella storia della filosofia si considerano due concezioni del tempo diametralmente opposte, quella della circolarità deltempo (metaforizzata nella cosiddetta “ruota della vita”) tipica delle filosofie orientali e quella lineare, caratteristica dell’Occidente. In realtà, tali concetti sono molto sfumati e spesso coesistenti nelle varie epoche, dipendendo dalle manifestazioni del pensiero dei singoli filosofi.
Nell’età greca classica era comunque predominante una concezione di tempo ciclico, contrassegnato dal ripetersi di grandi cicli (quello che Nietzsche chiamerà “gli eterni ritorni”) (2) mentre con la diffusione delle grandi religioni monoteiste, l’Ebraismo prima e il Cristianesimo poi, inizia a svilupparsi in Occidente l’idea di un Tempo inteso come manifestazione storica della Divinità che ha un Principio, coincidente con la Rivelazione, una Epifania, corrispondente nel Cristianesimo all’incarnazione di un Dio-Uomo nella figura storica di Gesù Cristo, ed una Parusia che nella teologia cristiana indica la seconda venuta di Cristo sulla Terra. Esiste comunque una sostanziale differenza tra le due Religioni monoteistiche. Nell’Ebraismo la dine dei tempi coincide con il ritorno all’Unità di Dio; nel Cristianesimo coincide con lo stabilizzarsi del Paradiso e dell’Inferno.
Il mito del tempo ciclico, ovvero dei tempi cosmici, rappresenta la tipica interpretazione del tempo data da tutte le società antiche che, com’è noto, organizzavano tutte le loro attività base stagionale e seguendo la ciclicità insita in tutto ciò che è umano.
In particolare, vi è da osservare come l’affascinante mito dell’eterno ritorno e, di conseguenza, dell’eterno ricominciare fu primariamente intuito dall’uomo primitivo attraverso la constatazione empirica della periodicità lunare. L’uomo primitivo assisteva ai ritmi lunari, scanditi da ben precise fasi: la luna nuova (creazione), seguita da una crescita (luna piena) segue il decrescere infine e la morte (le tre notti senza luna).
Da tali osservazioni l’uomo preistorico ricavò la concezione della periodicità della Vita e della Morte che contraddistingue la Natura.
René Guenon (3) e Mircea Eliade (4) hanno trattato molto bene ed approfonditamente tali tematiche.
Il simbolismo lunare di nascita-morte–rinascita è manifesto in un gran numero di miti e rituali.
“La recitazione periodica dei miti spezza i muri eretti dalle illusioni dell’esistenza profana. Il mito riattualizza di continuo il Gran Tempo e così facendo proietta l’udienza su un piano sovrumano e sovrastorico e tra l’altro , consente a tale udienza di accostarsi ad una realtà impossibile da raggiungere sul piano dell’esistenza profana individuale”(Mircea Eliade ).
Nella prospettiva massonica esiste il tempo profano, collegato ai ritmi del mondo storicizzato e la cui evoluzione è connessa alla progressione unidirezionale (cioè verso il cosiddetto “futuro”) dell’esperienza terrena, ed il tempo iniziatico, cioè la dimensione a mezzo della quale è offerta al massone la possibilità di compiere il suo individuale percorso verso la Gnosi, levigando la pietra grezza fino a farla diventare una perfetta pietra cubica, per giungere alla fine alla riunificazione del Sè individuale nel Tutto.
Mentre il tempo profano, ormai dimentico della ciclicità presente invece nelle culture più antiche ed in quelle tradizionali, scorre segmentato ed “irreggimentato” in scansioni determinate dalle necessitò cosiddette contingenti e che si identificano con quelle “materialistiche”, il tempo massonico rappresenta lo spazio temporale di cui l’iniziato fruisce e che si dispiega attraverso peculiari ritmi individuali che, in quanto tali, si sottraggono a qualsiasi classificazione o catalogazione.
Nel tempio massonico, durante i lavori di Loggia, il tempo rimane “incantato” mentre il rituale si svolge e si espande in tutta la sua forza.
L’iniziato che si disciplina in questo percorso di conoscenza e di liberazione verso la perfezione, si abitua a non credere più unicamente alla multiforme ed ingannevole manifestazione delle forme che nascono e fioriscono nel tempo storico; chi è illuminato, infatti, diviene un liberato nella vita e, proprio in virtù di questo, supera il Tempo, nel senso che non partecipa più alla sua durata. “…il sole resta immobile, ma dopo essersi alzato allo zenit esso non si alzerà non si poserà. Si terrà solitario nel Centro…giammai tramontato, giammai sorto… “ (Upanishad) ” (5)
Il sole, cioè Il Tempo, rimane immobile per colui che sa.
Allo Zenit, vale a dire alla sommità della volta celeste, avviene la comunicazione tra le zone cosmiche, il Tempo passa dalla condizione di fluens a quella di stanno, cioè al fluire determinato dagli eventi e che questi determina alla stabilizzazione centripeta nell’Essere, al centro metafisico del Cosmo, che può essere rappresentato come una sfera, perfetta icona del divino geometrismo in cui tutto si compie e ritorna nel ciclo degli eterni ritorni.
In modo propedeutico all’apertura dei lavori di Loggia, si svolge il seguente scambio fra il M. Ven. ed i Fratelli Sorveglianti:
“A che ora gli Apprendisti Liberi Muratori hanno consuetudine di aprire i lavori ?” chiede il MaestroVenerabile al Primo Sorvegliante che risponde: “A mezzogiorno, Maestro Venerabile”
M. Ven. – “Fratello 2° Sorvegliante, che ora è?”
Secondo Sorv. – “Mezzogiorno in punto.”
In questa domanda si fissa il tempo sacro del rituale massonico che, letteralmente, va da mezzogiorno a mezzanotte, cioè dal Nadir allo Zenit del nostro Sole, e siccome il tempo profano a lavori aperti entra in sospensione, ecco che non ha più mportanza se sia mezzogiorno o mezzanotte, che sia giorno o notte, considerato che nel tempo sacro, nel Gran Tempo, il sole resta immobile e fulgente, non essendo mai sorto nè mai tramontato.
Il rituale, dunque, è lo straordinario mezzo attraverso il quale è possibile “fermare” il Tempo storico per creare una tensione che si proietti verso il Gran Tempo della Sublime Opera, cioè in altre parole, attraverso il rituale l’iniziato controlla e dirige il tempo, diventa padrone dell’essenza del Tempo che non è certamente, quella del tempo misurabile e catalogabile secondo le leggi della fisica profana.
Il tempo profano è in sé concluso, finito e destinato ad estinguersi, così come conclusa, finita e peritura è la vita profana; il tempo iniziatico è in-finito, cioè si proietta e si confonde (cum-fundere, liquefare, sciogliere insieme alchemicamente) nell’essenza eterna dell’Essere.
E’ questa la meravigliosa trasfigurazione alchemica dal tempo profano (plumbeo) al tempo iniziatico (aureo), vale a dire dal tempo “pesante” e angosciante che incombe sulla massa dei non iniziati al tempo “puro” del fratello massone, che pregusta già in questa vita le gioie dell’eternità cum-fusa nell’ESSERE.
S:. M:.
Estate 2016 e.v.
BIBLIOGRAFIA
1) Agostino di Ippona, Confessioni, BUR, Milano 2007.
2) Aristotele, Fisica, Nimesis, Sesto San Giovanni 2008
3) Guenon RenŽ, Gli stati molteplici dell’Essere, Luni, Milano 2005.
4) De Martino Marcello, Mircea Eliade esoterico, Settimo Sigillo, Roma 2008.
5) Le Upanishad, che costituiscono la parte conclusiva dei Veda induisti, sono libri in prosa e in versi, di estensione variabile, appartenenti ad epoche diverse, che hanno lo scopo di indirizzarel’aspirante alla veritˆ trascendente il piano di realtˆ del grossolano attraverso la contemplazione o la stimolazione della buddhi (ragion pura); in ciò è fondamentale l’ascolto delle verità supreme circa l’origine e il destino dell’uomo e dell’universo. Le Upanishad, databili all’VIII ed al VII secolo a. C. erano in origine diverse migliaia, ne rimangono oggi pi di 200, benché‚ per tradizione, quelle più considerate siano 108.
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